lunedì 29 giugno 2020

Incontri con uomini straordinari


Meetings with remarkable people (1979) Regia di Peter Brook. Tratto dal libro omonimo di Gurdjieff. Sceneggiatura di Peter Brook e Jeanne de Salzmann. Fotografia di Gilbert Taylor. Musiche di Interpreti: Dragan Maksimovic, Terence Stamp, Athol Fugard, Natasha Parry, Colin Blakely, Bruce Myers, Colin Blakely, Gregoire Aslan, Warren Mitchell, Tom Fleming, Bruce Purchase, Fabian Sovagovic. Durata 1h44'

"Incontri con uomini straordinari" è stato, e forse lo è ancora, un libro molto letto e molto citato; l'autore è Georges Gurdjieff (1872 circa -1949), figura ambigua e affascinante, per alcuni un maestro, per altri qualcosa di più simile a un venditore di fumo. In ogni caso, "Incontri con uomini straordinari" è un libro molto bello, ricco di notizie e di informazioni, che si può leggere anche soltanto come un libro d'avventure; la fedeltà all'originale è assicurata anche dalla partecipazione alla sceneggiatura del film da parte di Jeanne de Salzmann, principale allieva di Gurdjieff in Europa e sua esecutrice testamentaria.
Il film che ne trasse Peter Brook nel 1979 è dunque molto fedele al libro, sia pur nei limiti di una riduzione cinematografica, ed è bello da vedere ancora oggi, anche se non raggiunge la magia del "Mahabharata" che il grande regista inglese girerà dieci anni dopo. Se il "Mahabharata" nasce in teatro, e anche al cinema mantiene un'impostazione teatrale, "Incontri con uomini straordinari" è invece girato nei luoghi in cui visse Gurdjieff, o comunque molto vicino a quei luoghi, più esattamente tra l'Afghanistan (l'Afghanistan degli anni '70, prima dell'invasione sovietica e dei talebani) e gli studi inglesi di Pinewood.

Un film "about the search and the searcher" , sulla ricerca e su chi la compie, dice Peter Brook in un'intervista (reperibile su youtube), ed è proprio così, i personaggi sono alla ricerca di se stessi o di qualcosa che dia senso alla vita, e alle volte lo trovano. Un amico di Gurdjieff sceglierà di fare il meccanico sulle navi, il principe russo diventerà un monaco, l'archeologo si fermerà in un altro monastero, e Gurdjieff continuerà a cercare la sua confraternita antichissima e misteriosa. Nel film si vedono con dovizia di particolari le danze descritte da Gurdjieff nei suoi libri, con le musiche trascritte da Thomas de Hartmann che fu suo discepolo; le danze dei dervisci, soprattutto, che Gurdjieff insegnò anche in Europa durante il suo lungo soggiorno in Francia.

Gli attori: il giovane Gurdjieff (che si vede anche da bambino e da ragazzo) è interpretato da Dragan Maksimovic, un attore jugoslavo molto attivo in patria e anche in film di tutta Europa. Terence Stamp è il principe russo che diventa un monaco e una guida spirituale; Athol Fugard è il giovane professore di archeologia che porta Gurdjieff nel deserto del Gobi; Natasha Parry e Bruce Myers sono tra gli amici del giovane Gurdjieff. Nel cast anche Colin Blakely (un tamil) e Gregoire Aslan (principe armeno), e molti altri ottimi attori.
Sul mio piano personale, ammesso che possa interessare a qualcuno, sono lontanissimo da queste cose. Ricordo di aver lasciato perdere Gurdjieff poco dopo aver letto il libro, nonostante l'indubbio fascino del suo racconto. "Incontri con uomini straordinari" è un libro che piace, è divertente come un libro di avventure, ma l'impressione di aver davanti un contaballe o un abile affabulatore è spesso grande. A questo proposito si può sottolineare la sequenza che riguarda di Yazidi, definiti "adoratori del diavolo": ma è solo un'etichetta loro affibbiata dai musulmani, che li ritengono eretici. Se ne è parlato di recente perché anche l'odierna Isis li perseguita. Metto qui un link per chi fosse interessato ad approfondire: detto molto in breve, gli Yazidi sono di etnia curda e la loro religione è molto più antica dell'islam. Inoltre, Gurdjieff non è cristiano, e si vede; gli manca spesso la pietas, che hanno anche i buddhisti, l'amore verso il prossimo. La sua è più una ricerca personale che una vera interazione con il prossimo, e mi scuso per la sintesi molto rozza ma non ho intenzione di dilungarmi troppo e comunque oggi ognuno può cercare notizie molto più facilmente di quando capitò a me negli anni '80.
Avrei ritrovato Gurdjieff molto tempo più tardi, sulla fine degli anni '90, per un incontro con un mio coetaneo romagnolo che si diceva suo seguace, quando già non ci pensavo più. "L'uomo automatico", il liberarsi dagli automatismi che ci condizionano dopo averli appresi da bambini, è alla base dei suoi insegnamenti; è qualcosa di molto interessante, ma non se viene usato per sentirsi più sveglio e più furbo degli altri. Ma anche il mio coetaneo romagnolo non era mai andato a fare i turni in fabbrica, non conosceva la realtà di chi lavora, fuggiva dal vero e dalle malattie, dalla guerra, dalla sofferenza; era andato in India e sfruttava quell'esperienza per vivere alle spalle degli altri, come probabilmente fece Gurdjieff, con corsi molto costosi e "seminari" dove alla fine non è che si imparasse molto. Lo stesso Gurdjieff, verso la fine di "Incontri con uomini straordinari", a domanda precisa risponde che il denaro non è un problema, non è una cosa importante... Mi sono chiesto che cosa volesse dire, e alla fine la risposta più semplice è che il denaro si trova, il fesso o la riccona che ti finanzia prima o poi lo trovi. Mi scuso ancora per le mie sintesi molto estreme, ma l'impressione che si cercasse più che altro di plagiare delle persone mi è rimasta, e non è detto che sia colpa di Gurdjieff. Come maestro, comunque, preferisco Elemire Zolla (che maestro non volle mai essere): Zolla si definiva "felicemente sincretista", diceva che i mistici si somigliano tutti, e che durante la nostra ricerca si può vivere nel mondo anche senza dare a vedere di conoscere qualcosa in più degli altri, e magari in samadhi.
(...) Si può vivere a fianco d'un uomo in samadhi senza notarlo: sbriga le sue faccende e lo si crede coinvolto, si proiettano su di lui i comuni sentimenti e non si ricevono smentite.
Una condizione puramente interiore è priva di connotati. Le metafore con le quali se ne parla designano fatti esterni e perciò falsificano, a cominciare dall'alternativa geometrica di dentro/fuori, esterno/interno. (...) La psiche in samàdhi è unificata in se stessa e nel contempo è unita al mondo o, meglio, nelle parole di Leopardi, annegata nell'infinità dell'essere. Entra negli eventi e ne esce a mano a mano che affiorano e dileguano perché essi le appaiono espressioni finite dell'essere infinito che è la sua stessa essenza, ciò che è e io sono diventano per lei sinonimi. Chi avverte estaticamente l'unità di se stesso e dell'essere, considera illusoria la molteplicità degli eventi, perciò, quando si presentano, non fa scattare la Biade automatica bene/male, amico/nemico. Si lascia attraversare, come un mare, uno specchio.
Il rovescio di samàdhi è ciò che i vecchi psichiatri chiamavano nevrastenia, l'indugio accigliato e penoso sulle cose, che ogni sensazione centellina e cincischia, su ogni immagine vagabonda indugia: non c'è circolazione, nitore mentale, e la psiche si smarrisce in un'incessante fantasticheria.
(...) Gli ufficiali di marina si allenavano a entrare in samàdhi quando erano messi di vedetta ad avvistare sommergibili; dovevano poggiare lo sguardo sull'estremo orizzonte senza mettere a fuoco nessun tratto di mare; così i monaci un tempo apprendevano a tenere lo sguardo sulla linea d'orizzonte della vita, a non tornare sugli eventi trascorsi, a schivare il compiacimento e l'indugio su se stessi, sorvolando il fiume della realtà e scartando i sogni di veglia. (...)
Elemire Zolla, da "Archetipi", capitolo primo, pag.8-12 edizione Marsilio.




(le immagini vengono dal sito www.imdb.com )

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