Meetings with remarkable people (1979)
Regia di Peter Brook. Tratto dal libro omonimo di Gurdjieff.
Sceneggiatura di Peter Brook e Jeanne de Salzmann. Fotografia di
Gilbert Taylor. Musiche di Interpreti: Dragan Maksimovic, Terence
Stamp, Athol Fugard, Natasha Parry, Colin Blakely, Bruce Myers, Colin
Blakely, Gregoire Aslan, Warren Mitchell, Tom Fleming, Bruce
Purchase, Fabian Sovagovic. Durata 1h44'
"Incontri con uomini straordinari"
è stato, e forse lo è ancora, un libro molto letto e molto citato;
l'autore è Georges Gurdjieff (1872 circa -1949), figura ambigua e
affascinante, per alcuni un maestro, per altri qualcosa di più
simile a un venditore di fumo. In ogni caso, "Incontri con
uomini straordinari" è un libro molto bello, ricco di notizie e
di informazioni, che si può leggere anche soltanto come un libro
d'avventure; la fedeltà all'originale è assicurata anche dalla
partecipazione alla sceneggiatura del film da parte di Jeanne de
Salzmann, principale allieva di Gurdjieff in Europa e sua esecutrice
testamentaria.
Il film che ne trasse Peter Brook nel
1979 è dunque molto fedele al libro, sia pur nei limiti di una
riduzione cinematografica, ed è bello da vedere ancora oggi,
anche se non raggiunge la magia del "Mahabharata" che il
grande regista inglese girerà dieci anni dopo. Se il "Mahabharata"
nasce in teatro, e anche al cinema mantiene un'impostazione teatrale,
"Incontri con uomini straordinari" è invece girato nei
luoghi in cui visse Gurdjieff, o comunque molto vicino a quei luoghi,
più esattamente tra l'Afghanistan (l'Afghanistan degli anni '70,
prima dell'invasione sovietica e dei talebani) e gli studi inglesi di
Pinewood.
Un film "about the search and the
searcher" , sulla ricerca e su chi la compie, dice Peter Brook
in un'intervista (reperibile su youtube), ed è proprio così, i
personaggi sono alla ricerca di se stessi o di qualcosa che dia senso
alla vita, e alle volte lo trovano. Un amico di Gurdjieff sceglierà
di fare il meccanico sulle navi, il principe russo diventerà un
monaco, l'archeologo si fermerà in un altro monastero, e Gurdjieff
continuerà a cercare la sua confraternita antichissima e misteriosa.
Nel film si vedono con dovizia di particolari le danze descritte da
Gurdjieff nei suoi libri, con le musiche trascritte da Thomas de
Hartmann che fu suo discepolo; le danze dei dervisci, soprattutto,
che Gurdjieff insegnò anche in Europa durante il suo lungo soggiorno
in Francia.
Gli attori: il giovane Gurdjieff (che
si vede anche da bambino e da ragazzo) è interpretato da Dragan
Maksimovic, un attore jugoslavo molto attivo in patria e anche in
film di tutta Europa. Terence Stamp è il principe russo che diventa
un monaco e una guida spirituale; Athol Fugard è il giovane
professore di archeologia che porta Gurdjieff nel deserto del Gobi;
Natasha Parry e Bruce Myers sono tra gli amici del giovane Gurdjieff.
Nel cast anche Colin Blakely (un tamil) e Gregoire Aslan (principe
armeno), e molti altri ottimi attori.
Sul mio piano personale, ammesso che
possa interessare a qualcuno, sono lontanissimo da queste cose.
Ricordo di aver lasciato perdere Gurdjieff poco dopo aver letto il
libro, nonostante l'indubbio fascino del suo racconto. "Incontri
con uomini straordinari" è un libro che piace, è divertente
come un libro di avventure, ma l'impressione di aver davanti un
contaballe o un abile affabulatore è spesso grande. A questo
proposito si può sottolineare la sequenza che riguarda di Yazidi,
definiti "adoratori del diavolo": ma è solo un'etichetta
loro affibbiata dai musulmani, che li ritengono eretici. Se ne è
parlato di recente perché anche l'odierna Isis li perseguita. Metto qui un link per chi fosse interessato ad approfondire: detto molto in
breve, gli Yazidi sono di etnia curda e la loro religione è molto
più antica dell'islam. Inoltre, Gurdjieff non è cristiano, e si
vede; gli manca spesso la pietas, che hanno anche i buddhisti,
l'amore verso il prossimo. La sua è più una ricerca personale che
una vera interazione con il prossimo, e mi scuso per la sintesi molto
rozza ma non ho intenzione di dilungarmi troppo e comunque oggi
ognuno può cercare notizie molto più facilmente di quando capitò a
me negli anni '80.
Avrei ritrovato Gurdjieff molto tempo
più tardi, sulla fine degli anni '90, per un incontro con un mio
coetaneo romagnolo che si diceva suo seguace, quando già non ci
pensavo più. "L'uomo automatico", il liberarsi dagli
automatismi che ci condizionano dopo averli appresi da bambini, è
alla base dei suoi insegnamenti; è qualcosa di molto interessante,
ma non se viene usato per sentirsi più sveglio e più furbo degli
altri. Ma anche il mio coetaneo romagnolo non era mai andato a fare i
turni in fabbrica, non conosceva la realtà di chi lavora, fuggiva
dal vero e dalle malattie, dalla guerra, dalla sofferenza; era andato
in India e sfruttava quell'esperienza per vivere alle spalle degli
altri, come probabilmente fece Gurdjieff, con corsi molto costosi e
"seminari" dove alla fine non è che si imparasse molto. Lo
stesso Gurdjieff, verso la fine di "Incontri con uomini
straordinari", a domanda precisa risponde che il denaro non è
un problema, non è una cosa importante... Mi sono chiesto che cosa
volesse dire, e alla fine la risposta più semplice è che il denaro
si trova, il fesso o la riccona che ti finanzia prima o poi lo
trovi. Mi scuso ancora per le mie sintesi molto estreme, ma
l'impressione che si cercasse più che altro di plagiare delle
persone mi è rimasta, e non è detto che sia colpa di Gurdjieff.
Come maestro, comunque, preferisco Elemire Zolla (che maestro non
volle mai essere): Zolla si definiva "felicemente sincretista",
diceva che i mistici si somigliano tutti, e che durante la nostra
ricerca si può vivere nel mondo anche senza dare a vedere di
conoscere qualcosa in più degli altri, e magari in samadhi.
(...) Si può vivere a fianco d'un
uomo in samadhi senza notarlo: sbriga le sue faccende e lo si crede
coinvolto, si proiettano su di lui i comuni sentimenti e non si
ricevono smentite.
Una condizione puramente interiore è
priva di connotati. Le metafore con le quali se ne parla designano
fatti esterni e perciò falsificano, a cominciare dall'alternativa
geometrica di dentro/fuori, esterno/interno. (...) La psiche in
samàdhi è unificata in se stessa e nel contempo è unita al mondo
o, meglio, nelle parole di Leopardi, annegata nell'infinità
dell'essere. Entra negli eventi e ne esce a mano a mano che affiorano
e dileguano perché essi le appaiono espressioni finite dell'essere
infinito che è la sua stessa essenza, ciò che è e io sono
diventano per lei sinonimi. Chi avverte estaticamente l'unità di se
stesso e dell'essere, considera illusoria la molteplicità degli
eventi, perciò, quando si presentano, non fa scattare la Biade
automatica bene/male, amico/nemico. Si lascia attraversare, come un
mare, uno specchio.
Il rovescio di samàdhi è ciò che
i vecchi psichiatri chiamavano nevrastenia, l'indugio accigliato e
penoso sulle cose, che ogni sensazione centellina e cincischia, su
ogni immagine vagabonda indugia: non c'è circolazione, nitore
mentale, e la psiche si smarrisce in un'incessante fantasticheria.
(...) Gli ufficiali di marina si
allenavano a entrare in samàdhi quando erano messi di vedetta ad
avvistare sommergibili; dovevano poggiare lo sguardo sull'estremo
orizzonte senza mettere a fuoco nessun tratto di mare; così i monaci
un tempo apprendevano a tenere lo sguardo sulla linea d'orizzonte
della vita, a non tornare sugli eventi trascorsi, a schivare il
compiacimento e l'indugio su se stessi, sorvolando il fiume della
realtà e scartando i sogni di veglia. (...)
Elemire Zolla, da "Archetipi",
capitolo primo, pag.8-12 edizione Marsilio.
(le immagini vengono dal sito www.imdb.com )
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