venerdì 3 gennaio 2020

Il mercante di Venezia (2004)


Il mercante di Venezia (2004) Regia di Michael Radford. Tratto dal dramma di William Shakespeare. Sceneggiatura di Michael Radford. Fotografia di Benoit Delhomme. Musiche di Jocelyn Pook. Interpreti: Al Pacino (Shylock), Jeremy Irons (Antonio), Lynn Collins (Porzia), Zuleika Robinson (Jessica), Joseph Fiennes (Bassanio), Kris Marshall (Graziano), Charlie Cox (Lorenzo), Heather Goldenhersh (Nerissa), Mackenzie Crook (Launcelot Gobbo), John Sessions (Salerio), Gregor Fisher (Solanio), Ron Cook (old Gobbo), Allan Corduner (Tubal), Anton Rodgers (Doge), David Harewood (Morocco), A. Gil Martinez (Aragona), e molti altri. Durata: 127 minuti
 
"Il mercante di Venezia" di Shakespeare, nella versione per il cinema del 2004, ha il suo punto di forza nella presenza di Al Pacino, che dopo il "Riccardo III" del 1996 ("Looking for Richard") si conferma come grande interprete shakespeariano; ma tutto il film è ben recitato e ben diretto, e merita la visione. Si inizia con un breve prologo, e con didascalie che spiegano come la parola "ghetto" sia nata a Venezia (in origine era "getto", poi prevalse la pronunzia anglosassone) e la condizione storica degli Ebrei in Europa in quel periodo. Si vede, tra le altre cose, Antonio che sputa addosso a Shylock: dettagli che non sono nel testo originario, ma comunque molto fedeli a quanto racconta Shakespeare. E' una sequenza molto breve, girata in esterni a Venezia; il resto del film è molto fedele alla narrazione e ai dialoghi di Shakespeare.
 

Vale la pena riportare qui le didascalie all'inizio del film, che anche se un po' troppo sbrigative rendono l'idea di come si è arrivati alla situazione esposta nel dramma di Shakespeare:
« L'intolleranza verso gli Ebrei è un dato di fatto nel Cinquecento, anche a Venezia che era la più potente e liberale tra le città europee. Per legge, gli Ebrei furono obbligati a vivere nel vecchio fondaco murato chiamato "geto"; dopo il tramonto le porte del ghetto venivano chiuse a chiave dai cristiani. Durante il giorno, ogni uomo che lasciava il ghetto doveva indossare un cappello rosso che lo indicava come ebreo. Agli Ebrei era vietato avere una loro proprietà e non potevano esercitare professioni, così furono costretti a vivere praticando l'usura, il prestito di denaro con interesse che era contrario alle leggi cristiane. I sofisticati veneziani tolleravano questo, ma per i fanatici religiosi che odiavano gli Ebrei era tutta un'altra questione...»
(Intolerance of the Jews was a fact of 16th Century life even in Venice, the most powerful and liberal city state in Europe. By law the Jews were forced to live in the old walled foundry or 'Geto' area of the city. After sundown the gate was locked and guarded by Christians. In the daytime any man leaving the ghetto had to wear a red hat to mark him as a Jew. The Jews were forbidden to own property. So they practised usury, the lending of money at interest. This was against Christian law. The sophisticated Venetians would turn a blind eye to it but for the religious fanatics, who hated the Jews, it was another matter... )
Il dramma di Shakespeare inizia con il dialogo tra Antonio e i suoi amici, la parte iniziale girata in esterni serve per introdurre l'azione e spiegarla a chi non conosce "Il mercante di Venezia"; è ben fatta e ben interpretata ma non esiste nel dramma originario. Il resto del film è molto fedele all'opera di Shakespeare.

 
Molto ben narrate e collegate tra di loro le varie storie che si intrecciano: oltre a quella principale, del Mercante (Antonio) e di Shylock, quella dei tre scrigni di Porzia, quella di Jessica figlia di Shylock che fugge di casa col cristiano Lorenzo, e anche le storie minori dei servitori e degli amici di Antonio, fino al processo finale. Colpisce il risalto per il discorso sullo schiavismo, nel processo finale. Colpisce anche vedere la macchina per la tortura già pronta, ma non si può dire che sia una trovata registica, anzi: era il periodo delle torture agli eretici e dei roghi, delle torture e delle pubbliche esecuzioni in piazza. Una libbra di carne non era poi una cosa così mostruosa come appare oggi, le torture e le mutilazioni avvenivano anche sulla pubblica piazza e non solo nelle segrete. La sedia per le torture è dunque già lì pronta, non c'è bisogno di farla arrivare o di prepararla; gli addetti la preparano in un attimo, è pronta e a portata di mano anche la mordacchia per non far sentire le grida del condannato. Notevole anche la bilancia per pesare la carne, all'inizio del film nella scena della macelleria, che anticipa la richiesta di Shylock, e forse la ispira. Stiamo dunque assistendo alla rappresentazione di qualcosa che va molto oltre i fatti raccontati (la carne, il sangue, gli scrigni, gli schiavi) e sta ad attori e registi far capire ogni piega nascosta o palese del testo.

 
Michael Radford è bravo e va lodato soprattutto perché oggi troppi registi, in teatro o al cinema, usano gli Autori (anche nell'opera lirica) per i propri gargarismi personali, puro narcisismo, e perdono di vista (con supponenza o peggio) il loro compito civile e morale. Come sarà con "La capanna dello zio Tom" negli Usa a metà Ottocento, anche William Shakespeare nel '600 non poteva andare fino in fondo nel suo discorso, il pubblico si sarebbe ribellato se a Shylock fosse stata concessa qualche attenuante. Il finale è dunque obbligato e Shylock perde tutto quello che aveva, compresa la figlia; ma, come farà anche Dickens due secoli dopo, anche Shakespeare dice quello che c'è da dire, e cioè gli Ebrei sono persone come noi, lo schiavismo è una vergogna, la tortura è un abominio. "Il mercante di Venezia" non è un testo di denuncia come lo intendiamo oggi, ma ci si avvicina molto. Molti anni fa ero rimasto colpito venendo a sapere che la storia di Shylock era comunemente rappresentata nello Stato di Israele; ripensadoci oggi penso che sia un'ottima scelta, al contrario di quello che capita oggi con gli afroamericani che vogliono vietare nelle biblioteche scolastiche autori come Mark Twain solo perché i suoi libri contengono parole comunemente in uso al tempo in cui viveva. Il passato non si può e non si deve cancellare, quando si tratta di testi e di Autori importanti, così come non si può modificare la Storia, né in bene né in male.
Nel finale, Jessica ha al dito l'anello di sua madre; non lo ha venduto, non lo ha scambiato per avere una scimmia come avevano raccontato a suo padre, ma lo ha tenuto tutto il tempo. Un'inquadratura è anche per Shylock, per il suo dolore di padre, e queste sono finezze che vanno rimarcate. Jessica guarda i pescatori che tirano frecce nell'acqua, e sembra di essere in un film di Kim Ki-duk.
 

Gli attori e le attrici sono tutti bravi anche se non eccezionali, a parte la performance di Al Pacino che avrebbe ben meritato l'Oscar (ma l'Oscar è un premio commerciale, mai dimenticarlo). Il rimpianto per l'interpretazione di Shylock riguarda Orson Welles: lo aveva in progetto e ne ha girato alcune scene, rimaste allo stato di frammento. Per contrasto con l'interpretazione di Al Pacino, e per la grandezza assoluta dell'interpretazione, è da vedere la registrazione Rai con Gianrico Tedeschi del 1979, disponibile anche su youtube oltre che su Raiplay (regia di De Bosio).
Le musiche sono di Jocelyn Pook, che collaborò con Stanley Kubrick per il suo ultimo film. Molti brani sono direttamente ispirati a musiche cinquecentesche, anche per la strumentazione: liuti, tiorbe, arpe, salterio. "Paseábase El Rey Moro", la musica suonata nella scena del bordello, è un arrangiamento da Luys De Narváes (prima metà del '500, "Oud and vocals by Clara Sanabras"); altre musiche sono di diretta ispirazione ebraica (i canti in sinagoga) suonati con il qanun che è una specie di cetra. Su testo di John Milton è "With Wand'ring Steps"; "How Sweet the Moonlight" è su testo di William Shakespeare. "Bridal Ballad", che scorre sui titoli di coda, è sicuramente il brano più bello della colonna sonora, anche per la voce notevole di Hayley Westenra. Il testo, a sorpresa, è di Edgar Allan Poe.
Il film è stato girato, oltre che a Venezia e nel Veneto, in Lussemburgo; purtroppo non ho trovato indicazioni più precise sui luoghi, per esterni ed interni. E' un film da vedere in versione originale, innanzitutto per la bravura di Al Pacino ma anche per le caratterizzazioni dei personaggi, i differenti accenti dei pretendenti di Porzia, il sonoro in generale.


Bridal Ballad, di Edgar Allan Poe, è la storia di una giovane donna che ha sposato un uomo che non ama, e che cerca di convincersi di essere felice; il nome dell'innamorato morto in guerra è D'Elormie. Non so perché sia stato scelto questo testo per "Il mercante di Venezia", ma alla fine del film questa musica rimane nella memoria - anche per la bella interpretazione della cantante Hayley Westenra.
The ring is on my hand,
And the wreath is on my brow;
Satin and jewels grand
Are all at my command,
And I am happy now.
And my lord he loves me well;
But, when first he breathed his vow,
I felt my bosom swell -
For the words rang as a knell,
And the voice seemed his who fell
In the battle down the dell,
And who is happy now.
But he spoke to re-assure me,
And he kissed my pallid brow,
While a reverie came o'er me,
And to the church-yard bore me,
And I sighed to him before me,
Thinking him dead D'Elormie,
"Oh, I am happy now!"
And thus the words were spoken,
And this the plighted vow,
And, though my faith be broken,
And, though my heart be broken,
Here is a ring, as token
That I am happy now!
(Edgar Allan Poe, Bridal ballad) (musica di Jocelyn Pook)


 
 
 
 















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