Tre operai (1980) Regia di Francesco
Maselli. Tratto da un romanzo di Carlo Bernari. Scritto da Carlo
Bernari, Francesco Maselli, Enzo Siciliano. Consulenza storica di
Paolo Spriano. Musiche di Giovanna Marini. Interpreti: Stefano
Santospago, Nunzia Greco, Imma Piro, Nello Mascia, Paolo Falace,
Elena Da Venezia, e molti altri. Durata: quattro puntate di un'ora
circa ciascuna
"Tre operai", romanzo di
Carlo Bernari, diventa un film in quattro puntate per la regia di
Francesco Maselli, trasmesso dalla Rai nel 1980. Il romanzo è del
1934, Carlo Bernari nasce nel 1909 e racconta una storia che inizia a
Napoli nel 1914, con un giovane che viene condotto dal padre a
lavorare in fabbrica, una tintoria di tessuti che è anche
lavanderia, dove le condizioni di lavoro sono pessime (bisolfito,
ipoclorito e acido solforico sono delle brutte compagnie) e dove non
esiste ancora il sindacato, che c'era già nei siderurgici e negli
edili, nei ferrovieri e nei metalmeccanici. E' un ambiente dove
anch'io ho iniziato a lavorare, nel comasco, e dove sono rimasto fino
ai primi anni '80; le condizioni di lavoro erano molto migliori di
quelle che vediamo nel film, e mi verrebbe da scrivere "ovviamente"
ma poi non è così ovvio, questo miglioramento, non lo è affatto.
Il miglioramento delle condizioni di vita, sul posto di lavoro, non è
mai ovvio e non dipende dal passare degli anni: non nasce da solo ma
è stato ottenuto con dure lotte e con rischi notevoli da parte di
chi si è impegnato per farlo cambiare in meglio. Carlo Bernari e
Francesco Maselli ci mostrano come è andata, e io mi segno una frase
detta nella prima puntata: che magari ci vorranno cinquant'anni per
ottenere dei risultati ma non per questo bisogna scoraggiarsi. Io
sono arrivato cinquant'anni dopo queste lotte, e ho visto i
risultati. Non tutto era perfetto neanche negli anni '80 e '90 del
Novecento, ho conosciuto persone che avevano subìto danni derivati
dall'uso dell'idrosolfito e so come vengono prodotti i coloranti
(quasi tutti hanno intermedi cancerogeni, e anche quelli naturali
richiedono trattamenti pericolosi per l'estrazione e per l'uso), ma i
miglioramenti ci sono stati e bisogna ringraziare chi si è impegnato
per ottenerli anche a rischio della propria incolumità personale.
Bisogna ricordare queste persone, soprattutto in questo inizio di
Nuovo Millennio in cui tante di quelle conquiste sono già andate
perdute.
C'è molto spazio anche per il privato
dei protagonisti, "Tre operai" è un romanzo e non un
saggio storico; alcune sequenze fecero nascere problemi, perché
davvero spinte per l'epoca (per esempio quello che si direbbe un
ménage à trois, e per due volte) e viene da pensare che oggi
passerebbe tutto inosservato, data la delicatezza con cui viene
trattato il tema e visto tutto quello che passa ogni giorno in tv in
ogni ora del giorno.
Il primo contatto del giovane
protagonista con il sindacato è questo: a una riunione, dove sono
presenti dei ferrovieri, espone i suoi problemi e uno dei presenti
gli risponde "devi guardarti allo specchio e dirti che sei un
coglione, perché non devi aspettare che i tuoi problemi li risolva
qualcun altro" e cioè che spetta a lui e ai suoi compagni di
lavoro iniziare la lotta per migliorare le loro condizioni. La stessa
sera si ferma a parlare con un dirigente sindacale che gli spiegherà
con più educazione e comprensione i rudimenti della presa di
coscienza operaia.
Nella lavanderia il giovane,
interpretato da Stefano Santospago, conosce un altro operaio con cui
diventerà amico (Nello Mascia) e la giovane Anna (Nunzia Greco) con
la quale nasce subito un grande affetto. Anna ha una sorella, Maria
(Imma Piro) bella e spregiudicata, che si fa mantenere da un
avvocato; questo è il quartetto dei protagonisti, un 3 + 1 come in
Dumas, di cui seguiamo le vicende fino all'avvento del fascismo -
quindi il finale non può essere in positivo (il libro di Bernari è
del 1934).
Il protagonista studia, s'impegna,
tenta la carriera sindacale ma ne verrà respinto con grande
delusione perché gli operai sono spesso nati servi e alcuni sono
anche traditori; verrà arrestato e mandato in guerra (tre anni in
prima linea, 1915-1918) e al ritorno, dopo un'esperienza in Calabria,
verrà coinvolto nell'occupazione delle fabbriche (lo storico Paolo
Spriano è tra i consulenti di Maselli) con finale negativo perché
saranno altri operai a mettere fine all'occupazione aprendo i
cancelli ai carabinieri. Proprio in quei giorni, Anna muore di tbc.
Nel mezzo, c'è anche la nascita dell'ILVA di Taranto, e tante altre
cose.
"Tre operai" è stato quasi
dimenticato, anche cercando in rete si trova poco; ed è un peccato
perché Bernari è un autore importante e perché Maselli fa
un'ottima regia, molto originale e con tocchi da maestro. "Tre
operai" è importante anche perchè ci mostra cosa c'è dietro
il mondo della moda, dei vestiti e delle scarpe e borsette che
portiamo: le industrie tessili e le concerie sono ai primissimi posti
per l'inquinamento delle acque, ma è un dato di fatto che tendiamo a
rimuovere. Si è soliti pensare al mondo della moda come a qualcosa
di elegante e ovattato, ma dietro c'è questa realtà; in campo
tessile e tintoriale qualcosa si è fatto, con i depuratori
soprattutto, ma le concerie sono ancora altamente e pesantemente
inquinanti. In Italia le concerie sono concentrate in Campania e
nel Veneto, nella zona di Arzignano; molte fabbriche hanno chiuso e
sono state delocalizzate negli ultimi decenni, proprio per non dover
sopportare i costi della depurazione. E' di questi giorni la notizia
che il fiume Sarno, in Campania, era tornato ad avere le acque
limpide durante il "lockdown" della primavera 2020; era il
fiume più inquinato d'Europa, era tornato pulito ma sono bastati
pochi giorni di produzione industriale per farlo tornare morto e
avvelenato. "Tre operai" ha il merito di farci riflettere
su questa realtà: da dove vengono gli oggetti che usiamo, come
vengono prodotti, quale è il loro impatto sull'ambiente?
Gli attori sono molto bravi e molto ben
condotti dal regista Francesco Maselli. In primo luogo, i tre operai
protagonisti: Stefano Santospago è Teodoro, Nello Mascia è Marco,
Nunzia Greco è Anna. E poi la sorella di Anna, interpretata da Imma
Piro, e molti altri attori tra i quali spiccano Paolo Falace ed Elena
Da Venezia, padre e madre di Teodoro.
A Paolo Falace, come padre del
protagonista, spettano alcuni dei punti chiave del romanzo e del
film: l'inizio, con la presentazione del figlio ai padroni della
tintoria dove lui è capoturno, e la scena al minuto 40 della prima
puntata, quando spiega al figlio la sua vita e perché è importante
che rimanga anche lui a lavorare in mezzo ai veleni. E' una scena
toccante, un monologo che andrebbe portato nelle scuole, interpretato
in maniera esemplare da Falace.
Le musiche sono di Giovanna Marini,
molto adatte e molto originali, dietro c'è la formazione classica
della Marini, soprattutto Johann Sebastian Bach. Mi segno ancora
l'impianto teatrale, molto bello da vedere nelle scenografie e da
ascoltare nella recitazione. Il film è scritto da Maselli insieme
allo stesso Bernari e ad Enzo Siciliano, con Paolo Spriano come
consulente.
Altri miei appunti presi durante la
visione:
1) il protagonista si chiama Barrin di
cognome, pronunciato Bàrrin alla napoletana; è un cognome di
origini francesi e più avanti glielo rinfacceranno. E' un dettaglio
autobiografico, perché anche Bernari è uno pseudonimo, il cognome
all'anagrafe è Bernard, di origini francesi. 2) Carlo Bernari visse
fra il 1909 e il 1992, il romanzo viene terminato nel 1934. 3) i
dialoghi sono molto interessanti, anche la storia è ben raccontata:
due battute all'inizio sono molto significative, "nessuno vuole
più stare al suo posto", perché i figli degli operai adesso
vogliono studiare, e "ce ne è voluta per fargli lasciare la
scuola" 4) il giovane quando viene assunto si presenta in
giacca, cravatta e gilet, ma sarà un lavoro duro; in queste sequenze
iniziali dovrebbe avere quindici anni, ma questo bisogna
immaginarselo e comunque non disturba. 5) è una tintoria di tessuti,
anche se poi si parla di lavanderia e del sindacato dei lavandai;
nelle tintorie i tessuti vengono lavati prima di ogni altra
lavorazione, perché escono dalle tessiture impregnati di appretti,
cioè di colle applicate per evitare che il filato si logori durante
la tessitura. 6) a un certo punto arriva un bastimento inglese, ed è
probabile che si tratti di cotone. Il cotone, per tutto l'Ottocento,
significava tratta degli schiavi; e a inizio Novecento non è che le
cose fossero migliorate di molto, nonostante l'abolizione dello
schiavismo. 7) "non si resiste più di nove ore su questa
vasca" dicono a Teodoro nel suo primo giorno di lavoro. Nove
ore: le giornate lavorative che ho conosciuto io erano di otto ore,
ma sono state necessarie lotte dure e molti sacrifici per arrivare a
questo risultato, sempre messo in discussione. Quella vasca contiene
acido solforico, concentrato: è il vetriolo dei film horror. 8)
le sostanze pericolose menzionate nel
film, oltre all'acido solforico, sono ipoclorito, bisolfito, e il
colorante blu di metilene. L'ipoclorito di sodio è la candeggina; il
bisolfito è un forte riducente che serve per decolorare eventuali
sbagli di tintura, mentre l'idrosolfito di sodio è usato nel metodo
per tingere i jeans, i colori indanthren: ha un odore molto pungente,
fortemente irritante, e va usato ad alte temperature. Molti intermedi
per coloranti, quasi tutti, sono cancerogeni: non lo sono i coloranti
finiti, ma gli intermedi sì, e da qualcuno vengono quindi
maneggiati. 9) il vapore, indispensabile in fabbrica: qui siamo nel
1914, vediamo la caldaia con il fuoco acceso, probabilmente
alimentata a carbone. 10) nelle sequenze dedicate al mondo del lavoro
si vede la scuola di Roberto Rossellini, i grandi film documentari
girati da Rossellini negli anni '60 e '70. 11) si può notare anche
l'elaborazione elettronica del colore, tipica dei film di questo
periodo, simile a quella del "Che fare" di Gianni Serra:
erano i primi anni del computer applicato al cinema e alla tv. 12)
si faceva cenno alla bravura tecnica di Francesco Maselli: sono da
ricordare la camminata per Napoli di Teodoro nella prima puntata,
quella analoga di Anna nella terza, e nell'ultima puntata la casa
rotonda vicino al mare e la cinepresa che la percorre in una lunga
sequenza, nelle scene che precedono la morte di Anna.
In conclusione, anch'io mi sono chiesto
spesso, come il protagonista di "Tre operai", se abbia
davvero senso imparare, conoscere, impegnarsi. La risposta che mi
verrebbe, oggi, è no: che non serve, di lasciar perdere i libri e di
non informarsi, perché troverai sempre qualcuno che è nato servo e
che non vuole cambiamenti, nemmeno in meglio, e magari è qualcuno
che è vicinissimo a te. Ho pensato spesso, e non solo durante la
visione del film, a quella certa destra che prende posizione contro
queste lotte operaie, che giustifica l'ascesa del fascismo con
l'occupazione delle fabbriche, che reputa il sindacato come colpevole
di ogni cosa, e che in definitiva non vuole che gli operai e i
contadini possano studiare, e che non si respirino veleni, e che
nelle acciaierie non capitino incidenti come alla Thyssen di Torino
(già nel Nuovo Millennio, questa), che a Taranto o a Casale
Monferrato non si debba morire di amianto o di polveri e fumi
d'acciaieria - ma questo è un discorso ampio, ed è da discussioni
su questi temi che nasce il mio pessimismo. Una presa di coscienza è
nuovamente necessaria, ma io ormai sono troppo vecchio per
ricominciare, e di delusioni ne ho avute molte. Buona fortuna, ma
dovrete darvi da fare se volete riottenere ciò che avete perso.
"Tre operai" è visibile, almeno in teoria, su Raiplay. Dico "in teoria" perché Raiplay si blocca di continuo (io abito nella zona di Milano, quindi ben servito dal wifi). A me è andata così: bene con la prima puntata, con la seconda ho dovuto ricominciare da zero per cinque volte (su un'ora...), con la terza puntata ho dovuto rinunciare per due giorni di fila, la terza sera infine è andata.
Così va su Raiplay, ma nessuno tiene conto delle segnalazioni e delle lamentele, anche on line è difficile trovare risposte al disservizio. Pagato con il canone, oltretutto.
2 commenti:
Trovo sempre proposte e riflessioni interessanti nel tuo blog. Questa mi incuriosisce particolarmente. Grazie Giuliano
c'è dentro anche un po' della mia vita, a Como la scuola di chimica si occupa proprio delle cose che si vedono nella prima puntata, per via dell'industria della seta. Delle acciaierie invece ho solo sentito raccontare...
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