domenica 24 maggio 2020

Tre operai


 
Tre operai (1980) Regia di Francesco Maselli. Tratto da un romanzo di Carlo Bernari. Scritto da Carlo Bernari, Francesco Maselli, Enzo Siciliano. Consulenza storica di Paolo Spriano. Musiche di Giovanna Marini. Interpreti: Stefano Santospago, Nunzia Greco, Imma Piro, Nello Mascia, Paolo Falace, Elena Da Venezia, e molti altri. Durata: quattro puntate di un'ora circa ciascuna

"Tre operai", romanzo di Carlo Bernari, diventa un film in quattro puntate per la regia di Francesco Maselli, trasmesso dalla Rai nel 1980. Il romanzo è del 1934, Carlo Bernari nasce nel 1909 e racconta una storia che inizia a Napoli nel 1914, con un giovane che viene condotto dal padre a lavorare in fabbrica, una tintoria di tessuti che è anche lavanderia, dove le condizioni di lavoro sono pessime (bisolfito, ipoclorito e acido solforico sono delle brutte compagnie) e dove non esiste ancora il sindacato, che c'era già nei siderurgici e negli edili, nei ferrovieri e nei metalmeccanici. E' un ambiente dove anch'io ho iniziato a lavorare, nel comasco, e dove sono rimasto fino ai primi anni '80; le condizioni di lavoro erano molto migliori di quelle che vediamo nel film, e mi verrebbe da scrivere "ovviamente" ma poi non è così ovvio, questo miglioramento, non lo è affatto. Il miglioramento delle condizioni di vita, sul posto di lavoro, non è mai ovvio e non dipende dal passare degli anni: non nasce da solo ma è stato ottenuto con dure lotte e con rischi notevoli da parte di chi si è impegnato per farlo cambiare in meglio. Carlo Bernari e Francesco Maselli ci mostrano come è andata, e io mi segno una frase detta nella prima puntata: che magari ci vorranno cinquant'anni per ottenere dei risultati ma non per questo bisogna scoraggiarsi. Io sono arrivato cinquant'anni dopo queste lotte, e ho visto i risultati. Non tutto era perfetto neanche negli anni '80 e '90 del Novecento, ho conosciuto persone che avevano subìto danni derivati dall'uso dell'idrosolfito e so come vengono prodotti i coloranti (quasi tutti hanno intermedi cancerogeni, e anche quelli naturali richiedono trattamenti pericolosi per l'estrazione e per l'uso), ma i miglioramenti ci sono stati e bisogna ringraziare chi si è impegnato per ottenerli anche a rischio della propria incolumità personale. Bisogna ricordare queste persone, soprattutto in questo inizio di Nuovo Millennio in cui tante di quelle conquiste sono già andate perdute.

 
C'è molto spazio anche per il privato dei protagonisti, "Tre operai" è un romanzo e non un saggio storico; alcune sequenze fecero nascere problemi, perché davvero spinte per l'epoca (per esempio quello che si direbbe un ménage à trois, e per due volte) e viene da pensare che oggi passerebbe tutto inosservato, data la delicatezza con cui viene trattato il tema e visto tutto quello che passa ogni giorno in tv in ogni ora del giorno.
Il primo contatto del giovane protagonista con il sindacato è questo: a una riunione, dove sono presenti dei ferrovieri, espone i suoi problemi e uno dei presenti gli risponde "devi guardarti allo specchio e dirti che sei un coglione, perché non devi aspettare che i tuoi problemi li risolva qualcun altro" e cioè che spetta a lui e ai suoi compagni di lavoro iniziare la lotta per migliorare le loro condizioni. La stessa sera si ferma a parlare con un dirigente sindacale che gli spiegherà con più educazione e comprensione i rudimenti della presa di coscienza operaia.
Nella lavanderia il giovane, interpretato da Stefano Santospago, conosce un altro operaio con cui diventerà amico (Nello Mascia) e la giovane Anna (Nunzia Greco) con la quale nasce subito un grande affetto. Anna ha una sorella, Maria (Imma Piro) bella e spregiudicata, che si fa mantenere da un avvocato; questo è il quartetto dei protagonisti, un 3 + 1 come in Dumas, di cui seguiamo le vicende fino all'avvento del fascismo - quindi il finale non può essere in positivo (il libro di Bernari è del 1934).
Il protagonista studia, s'impegna, tenta la carriera sindacale ma ne verrà respinto con grande delusione perché gli operai sono spesso nati servi e alcuni sono anche traditori; verrà arrestato e mandato in guerra (tre anni in prima linea, 1915-1918) e al ritorno, dopo un'esperienza in Calabria, verrà coinvolto nell'occupazione delle fabbriche (lo storico Paolo Spriano è tra i consulenti di Maselli) con finale negativo perché saranno altri operai a mettere fine all'occupazione aprendo i cancelli ai carabinieri. Proprio in quei giorni, Anna muore di tbc. Nel mezzo, c'è anche la nascita dell'ILVA di Taranto, e tante altre cose.
 
 
"Tre operai" è stato quasi dimenticato, anche cercando in rete si trova poco; ed è un peccato perché Bernari è un autore importante e perché Maselli fa un'ottima regia, molto originale e con tocchi da maestro. "Tre operai" è importante anche perchè ci mostra cosa c'è dietro il mondo della moda, dei vestiti e delle scarpe e borsette che portiamo: le industrie tessili e le concerie sono ai primissimi posti per l'inquinamento delle acque, ma è un dato di fatto che tendiamo a rimuovere. Si è soliti pensare al mondo della moda come a qualcosa di elegante e ovattato, ma dietro c'è questa realtà; in campo tessile e tintoriale qualcosa si è fatto, con i depuratori soprattutto, ma le concerie sono ancora altamente e pesantemente inquinanti. In Italia le concerie sono concentrate in Campania e nel  Veneto, nella zona di Arzignano; molte fabbriche hanno chiuso e sono state delocalizzate negli ultimi decenni, proprio per non dover sopportare i costi della depurazione. E' di questi giorni la notizia che il fiume Sarno, in Campania, era tornato ad avere le acque limpide durante il "lockdown" della primavera 2020; era il fiume più inquinato d'Europa, era tornato pulito ma sono bastati pochi giorni di produzione industriale per farlo tornare morto e avvelenato. "Tre operai" ha il merito di farci riflettere su questa realtà: da dove vengono gli oggetti che usiamo, come vengono prodotti, quale è il loro impatto sull'ambiente?

 
Gli attori sono molto bravi e molto ben condotti dal regista Francesco Maselli. In primo luogo, i tre operai protagonisti: Stefano Santospago è Teodoro, Nello Mascia è Marco, Nunzia Greco è Anna. E poi la sorella di Anna, interpretata da Imma Piro, e molti altri attori tra i quali spiccano Paolo Falace ed Elena Da Venezia, padre e madre di Teodoro.
A Paolo Falace, come padre del protagonista, spettano alcuni dei punti chiave del romanzo e del film: l'inizio, con la presentazione del figlio ai padroni della tintoria dove lui è capoturno, e la scena al minuto 40 della prima puntata, quando spiega al figlio la sua vita e perché è importante che rimanga anche lui a lavorare in mezzo ai veleni. E' una scena toccante, un monologo che andrebbe portato nelle scuole, interpretato in maniera esemplare da Falace.
Le musiche sono di Giovanna Marini, molto adatte e molto originali, dietro c'è la formazione classica della Marini, soprattutto Johann Sebastian Bach. Mi segno ancora l'impianto teatrale, molto bello da vedere nelle scenografie e da ascoltare nella recitazione. Il film è scritto da Maselli insieme allo stesso Bernari e ad Enzo Siciliano, con Paolo Spriano come consulente.

 
Altri miei appunti presi durante la visione:
1) il protagonista si chiama Barrin di cognome, pronunciato Bàrrin alla napoletana; è un cognome di origini francesi e più avanti glielo rinfacceranno. E' un dettaglio autobiografico, perché anche Bernari è uno pseudonimo, il cognome all'anagrafe è Bernard, di origini francesi. 2) Carlo Bernari visse fra il 1909 e il 1992, il romanzo viene terminato nel 1934. 3) i dialoghi sono molto interessanti, anche la storia è ben raccontata: due battute all'inizio sono molto significative, "nessuno vuole più stare al suo posto", perché i figli degli operai adesso vogliono studiare, e "ce ne è voluta per fargli lasciare la scuola" 4) il giovane quando viene assunto si presenta in giacca, cravatta e gilet, ma sarà un lavoro duro; in queste sequenze iniziali dovrebbe avere quindici anni, ma questo bisogna immaginarselo e comunque non disturba. 5) è una tintoria di tessuti, anche se poi si parla di lavanderia e del sindacato dei lavandai; nelle tintorie i tessuti vengono lavati prima di ogni altra lavorazione, perché escono dalle tessiture impregnati di appretti, cioè di colle applicate per evitare che il filato si logori durante la tessitura. 6) a un certo punto arriva un bastimento inglese, ed è probabile che si tratti di cotone. Il cotone, per tutto l'Ottocento, significava tratta degli schiavi; e a inizio Novecento non è che le cose fossero migliorate di molto, nonostante l'abolizione dello schiavismo. 7) "non si resiste più di nove ore su questa vasca" dicono a Teodoro nel suo primo giorno di lavoro. Nove ore: le giornate lavorative che ho conosciuto io erano di otto ore, ma sono state necessarie lotte dure e molti sacrifici per arrivare a questo risultato, sempre messo in discussione. Quella vasca contiene acido solforico, concentrato: è il vetriolo dei film horror. 8)  le sostanze pericolose menzionate nel film, oltre all'acido solforico, sono ipoclorito, bisolfito, e il colorante blu di metilene. L'ipoclorito di sodio è la candeggina; il bisolfito è un forte riducente che serve per decolorare eventuali sbagli di tintura, mentre l'idrosolfito di sodio è usato nel metodo per tingere i jeans, i colori indanthren: ha un odore molto pungente, fortemente irritante, e va usato ad alte temperature. Molti intermedi per coloranti, quasi tutti, sono cancerogeni: non lo sono i coloranti finiti, ma gli intermedi sì, e da qualcuno vengono quindi maneggiati. 9) il vapore, indispensabile in fabbrica: qui siamo nel 1914, vediamo la caldaia con il fuoco acceso, probabilmente alimentata a carbone. 10) nelle sequenze dedicate al mondo del lavoro si vede la scuola di Roberto Rossellini, i grandi film documentari girati da Rossellini negli anni '60 e '70. 11) si può notare anche l'elaborazione elettronica del colore, tipica dei film di questo periodo, simile a quella del "Che fare" di Gianni Serra: erano i primi anni del computer applicato al cinema e alla tv. 12) si faceva cenno alla bravura tecnica di Francesco Maselli: sono da ricordare la camminata per Napoli di Teodoro nella prima puntata, quella analoga di Anna nella terza, e nell'ultima puntata la casa rotonda vicino al mare e la cinepresa che la percorre in una lunga sequenza, nelle scene che precedono la morte di Anna.
 
In conclusione, anch'io mi sono chiesto spesso, come il protagonista di "Tre operai", se abbia davvero senso imparare, conoscere, impegnarsi. La risposta che mi verrebbe, oggi, è no: che non serve, di lasciar perdere i libri e di non informarsi, perché troverai sempre qualcuno che è nato servo e che non vuole cambiamenti, nemmeno in meglio, e magari è qualcuno che è vicinissimo a te. Ho pensato spesso, e non solo durante la visione del film, a quella certa destra che prende posizione contro queste lotte operaie, che giustifica l'ascesa del fascismo con l'occupazione delle fabbriche, che reputa il sindacato come colpevole di ogni cosa, e che in definitiva non vuole che gli operai e i contadini possano studiare, e che non si respirino veleni, e che nelle acciaierie non capitino incidenti come alla Thyssen di Torino (già nel Nuovo Millennio, questa), che a Taranto o a Casale Monferrato non si debba morire di amianto o di polveri e fumi d'acciaieria - ma questo è un discorso ampio, ed è da discussioni su questi temi che nasce il mio pessimismo. Una presa di coscienza è nuovamente necessaria, ma io ormai sono troppo vecchio per ricominciare, e di delusioni ne ho avute molte. Buona fortuna, ma dovrete darvi da fare se volete riottenere ciò che avete perso.
 

 
 
"Tre operai" è visibile, almeno in teoria, su Raiplay. Dico "in teoria" perché Raiplay si blocca di continuo (io abito nella zona di Milano, quindi ben servito dal wifi). A me è andata così: bene con la prima puntata, con la seconda ho dovuto ricominciare da zero per cinque volte (su un'ora...), con la terza puntata ho dovuto rinunciare per due giorni di fila, la terza sera infine è andata.
Così va su Raiplay, ma nessuno tiene conto delle segnalazioni e delle lamentele, anche on line è difficile trovare risposte al disservizio. Pagato con il canone, oltretutto.
 

2 commenti:

marchandedecailloux ha detto...

Trovo sempre proposte e riflessioni interessanti nel tuo blog. Questa mi incuriosisce particolarmente. Grazie Giuliano

Giuliano ha detto...

c'è dentro anche un po' della mia vita, a Como la scuola di chimica si occupa proprio delle cose che si vedono nella prima puntata, per via dell'industria della seta. Delle acciaierie invece ho solo sentito raccontare...