sabato 21 agosto 2010

Rapsodia in agosto

RAPSODIA IN AGOSTO (HACHIGATSU NO RAPUSODI, 1991) Regia: Akira Kurosawa; sceneggiatura: Akira Kurosawa (dal romanzo Nabe no naka di Kiyoko Murata); fotografia (colore): Takao Saitó, Shoji Ueda; consulente per gli effetti speciali: Inoshiró Honda; musica: Schubert e Vivaldi (arrangiamenti di Shinichiro Ikebe); montaggio: Akira Kurosawa; costumi: Kazuko Kurosawa; interpreti: Sachiko Murase (nonna Kane), Hisashi Igawa (Tadao, figlio di Kane), Toshie Negishi (Yoshie, figlia di Kane), Hidetaka Yoshioka (Tateo, figlio di Yoshie), Tomoko Otakara (Tami, figlia di Tadao), Mie Suzuki (Minako, figlia di Yoshie), Mitsunori Isaki (Shinjiro, figlio di Tadao), Choihiro Kawarasaki (Noboru, marito di Yoshie), Narumi Kayashima (Machiko, sposa di Tadao), Richard Gere (Clark, nipote americano di Kane); durata: 98'.

Una nonna e i suoi nipoti, in agosto, nella campagna giapponese. Un film di una semplicità disarmante, quasi imbarazzante, che può essere difficile da seguire proprio per la sua linearità. Ma la campagna è quella vicina a Nagasaki, e su Nagasaki incombe ancora la tragedia che tutti conosciamo, o che dovremmo conoscere.
La nonna è piccolina, esile, antica; i nipotini sono quattro, due maschi e due femmine. I loro genitori sono andati alle Hawaii, a trovare uno zio (fratello della vecchina) che ormai da tempo, da prima della guerra, si è fatto cittadino americano. C’è anche Richard Gere, suo figlio, ormai del tutto americano; e sarà lui, andando a pregare a Nagasaki con i parenti giapponesi, a superare le antiche divisioni. Ma la pacificazione con gli americani, sia pure importante, è poco più di un pretesto narrativo, così come il contrasto fra le generazioni (è un film ottimista: i giovani sono migliori dei loro genitori...).
E’ un film a prima vista piccolo, quasi insignificante, lo si direbbe il film di un anziano signore che si ripiega sui ricordi, come il successivo “Madadayo” che sarà l’ultimo del grande regista giapponese. Ma questo è un’analisi molto superficiale, e purtroppo quasi tutta la critica ufficiale si è fermata qui. Kurosawa è come Leonardo e come Picasso, come i disegni dei grandi pittori: con pochi segni del pennello riesce a dire un’infinità di cose. E’ come un ideogramma giapponese, noi vediamo pochi tratti sulla carta ma dietro quel disegno all’apparenza insignificante c’è un mondo di significati; e il ricordo della bomba atomica esce da questo piccolo film, per chi sa leggerlo, molto più forte che in tanti discorsi ufficiali.
E poi ci sono le musiche: la canzoncina che sentiamo cantare dai bambini, e che sembra una cosa per bambini, è su versi di Goethe; e la musica è di Schubert. Una canzoncina esile, d’altri tempi, (“Heidenröslein”, 1815) che racconta di un ragazzo che voleva cogliere una rosellina, e la rosellina si lascia cogliere però lo punge, così si ricorderà di lei.
E lo Stabat Mater di Vivaldi: drammatico, doloroso, perfino violento. Una grande musica volutamente affidata non ad una voce bella e naturale di contralto ma alla voce affaticata e difficoltosa di un falsettista. Lo “Stabat Mater” è un testo latino scritto da Jacopone da Todi: è il il lamento della Madre sotto la croce e ha affascinato i musicisti per secoli: da Palestrina a Giuseppe Verdi, e ancora nel Novecento, pochi musicisti si sono sottratti a questo testo così drammatico. E’ da sottolineare il momento che ha scelto Kurosawa, e che corrisponde alle parole “pertransivit gladius”: la tragedia di Hiroshima e Nagasaki diventa in questo modo stretta parente della spada che trafisse il costato di Cristo in croce. Solo a uno come Kurosawa, giapponese e saldamente ancorato nella sua tradizione, ma aperto a tutto il mondo, poteva venire in mente un parallelo così toccante, che vale da solo più dei mille discorsi inutili sulla nostra religione che sentiamo fare ogni giorno. Ma temo che siano in pochi ormai quelli che possono capire questo messaggio, perchè i tempi sono tornati violenti e il timore della bomba atomica (e della guerra) è stato ormai dimenticato dalle nuove generazioni. E ormai sulla grande poesia e sulla grande musica (e su Kurosawa) è caduta la più terribile delle censure: la censura di mercato.


2 commenti:

Maria Candida Ghidini ha detto...

un film bellissimo che si può far vedere ai ragazzi perché non dimentichino. e' strano che non ci si pensi!
grazie giuliano per avermelo ricordato e per i suggerimenti musicali!

Giuliano ha detto...

sarebbe senz'altro un film da far vedere ai ragazzi, che non sanno nulla della storia contemporanea. Temo però che non apprezzerebbero, i tempi sono quelli che sono.