mercoledì 25 agosto 2010

Pollock

Pollock, regia di Ed Harris (2000) . Tratto dalla biografia di Jackson Pollock; scritto da Steven Naifeh, Gregory White Smith, Barbara Turner, Susan Emshwiller. Musica originale di Jeff Beal Fotografia: Lisa Rinzler. Interpreti: Ed Harris, Marcia Gay Harden, Tom Bower, Jennifer Connelly, Bud Cort, Amy Madigan John Heard, Val Kilmer Durata: 122’

Fare un film su Jackson Pollock può sembrare strano: del vero Pollock abbiamo filmati originali molto belli, affascinanti e spettacolari. Il grande pittore americano (1912-1956), filmato mentre realizza i suoi quadri (non so se si possa dire “dipinge”) ha una forza e un magnetismo che lasciano incantati a guardarlo. Come si fa a rifare questa performance, ad aggiungere qualcosa?

Mettere in un film la storia di Jackson Pollock è stato per diversi anni il sogno di Ed Harris, uno dei migliori attori americani, purtroppo quasi sempre confinato in ruoli da caratterista (quasi sempre di duro e di cattivo). E guardando il film si capisce quanto Ed Harris si sia immedesimato in Pollock, e quanto tenga a questa interpretazione. Il “Pollock” di Ed Harris, preso nel suo complesso, è un bel film, ma ha due facce: grande cinema quando Harris dipinge come Pollock (ed è Pollock); e una certa banalità nei dialoghi e nelle immagini (già troppo viste e riviste) nelle altre scene, quelle dove si tratta la vita privata del pittore, intercambiabili con qualsiasi altro film sull’artista compreso o incompreso, e con tutti i film dove c’è un marito dedito all’alcool che litiga con la moglie e rovescia i tavoli. Banali anche le scene con Peggy Guggenheim, seppure ben fatte. Un film che lascia in parte entusiasti e in parte delusi, e forse basterebbe rimontarlo perché è ben fatto e ben recitato. Notevoli anche le scene in cui Pollock dipinge e viene filmato. E, comunque, Ed Harris come attore si conferma straordinario, enorme: ma non è una novità.

Ho incontrato Pollock quando avevo 17 anni, scambiando con un amico un disco dei Santana con “Free Jazz” di Ornette Coleman: all’interno del long playing (i vecchi 33 giri avevano spesso delle copertine magnifiche) c’era proprio un dipinto di Pollock, “White light” , realizzato con la tecnica del dripping. In seguito ho abbandonato il jazz, ma ho ancora quel disco (un disco leggendario, per gli appassionati). Ammetto di non aver ricavato molto dall’ascolto di Ornette Coleman; però quella riproduzione mi aveva colpito, ed ero andato subito a informarmi sull’autore.

Amo Jackson Pollock in modo incondizionato, così come amo i “tagli” di Lucio Fontana. Sono quelle opere che fanno dire “una cosa così la so fare anch’io” e “una cosa così è capace di farla anche mio figlio di quattro anni”, e invece non è vero. Conta molto, nel fascino di queste opere, anche il periodo in cui furono realizzate: copiarle e rifarle non ha molto senso, e inoltre temo proprio che Pollock sia inimitabile. Mi fermo sempre a guardare ogni suo dipinto, sia riprodotto che (quando mi capita, cioè raramente) visto dal vero. Si fa presto a dire dripping, e invece non è facile essere Jackson Pollock. E' tutto così ordinato, nei suoi quadri; e anche vederlo all'opera nei filmati d'epoca, mentre versa e sgocciola i colori sulle enormi tele stese per terra, dà un'idea di metodo, di ordine e di consapevolezza che rimandano stranamente a Kandinskij. Un altro Kandinskij: non con le linee e i cerchi ma forse con i frattali. E tutto questo, credo, senza averlo neanche minimamente voluto né cercato.
Finisco il discorso dicendo però tutto il bene possibile del film e di Ed Harris, a scanso di equivoci. Dopo aver visto “Pollock”, però, rimango in attesa che qualcuno faccia un film su Yves Klein, che sarebbe sicuramente molto più divertente, o magari su Piero Manzoni, magari con Cochi e Renato a fare da consulenti (c’erano). Se non sapete chi è Yves Klein, i suoi filmati originali sono su youtube; il loro unico difetto è che alcuni sono in bianco e nero (il colore che servirebbe è il blu) e li raccomando soprattutto agli spettatori maschi, ma non è detto che anche le signore non apprezzino la sua fantasia.
PS: nelle illustrazioni, oltre alle immagini del film e a un ritratto del vero Pollock, ho messo i miei tre Pollock personali: la copertina di un lp con la Decima Sinfonia di Sciostakovic, "white light" dal disco "Free jazz" di Ornette Coleman, e una t-shirt comperata in Francia nel 1994 (dovrei averla ancora in qualche cassetto, chissà).

2 commenti:

Mauro ha detto...

Un film che ho sempre voluto vedere, senza mai (per ora) riuscirci.
Ricordo una sua opera, grumosa e bellissima, in una scena di "Mona Lisa smile" (per me sbiadita imitazione de "L'attimo fuggente"), dove rubava la scena con facilità a Julia Roberts.
Qualche sua opera l'ho vista dal vivo a Vercelli, un paio d'anni fa, in una bella mostra.
Un'ultima cosa: a me invece quel disco di Coleman ha aperto un mondo...

Giuliano ha detto...

Il disco di Ornette Coleman fu anche uno dei primi 33 giri stereofonico. Sul disco è indicato chi c'è sul canale destro e chi sul canale sinistro...tutte cose che allora parevano importanti, e forse lo erano (oggi conta solo quanto spazio occupa sull'ipod).
(un problema grosso anche per la musica sinfonica e per l'opera).