LA FORTEZZA NASCOSTA (KAKUSHI TORIDE NO SAN-AKUNIN t.l.: Tre mascalzoni in una fortezza nascosta, 1958) Regia: Akira Kurosawa; sceneggiatura: Shinobu Hashimoto, Ryuzo Kikushima, Hideo Oguni e Akira Kurosawa; fotografia: Kazuo Yamasaki; scenografia: Yoshiro Muraki e Kohei Ezaki; musica: Masaru Sato; montaggio: Akira Kurosawa; interpreti: Toshiro Mifune (il generale Makabe Rokurota), Misa Uehara (la principessa Yukihime), Minoru Chiaki (Tahei), Kamatari Fujiwara (Matakishi), Takashi Shimura (il generale Izumi Nagakura), Susumu Fujita (il generale Hyoe Tadokoro), Eiko Miyoshi (la governante), Toshiko Higuchi (la ragazza), Kichijiro Ueda (un mercante), Koji Mitsui (un soldato); produzione: Masumi Fujimoto e Akira Kurosawa per la Toho; distribuzione: Tóhó; durata: 139'.
“La fortezza nascosta” di Kurosawa è un film d’avventura puro, senza troppe complicazioni, e va visto così come si guarderebbe uno dei nostri film sul Corsaro Nero o sugli antichi romani, senza stare troppo a pensare ai significati. Una bella pausa e una vacanza per Akira Kurosawa, ma una vacanza produttiva il cui risultato si vede sempre volentieri, ancora oggi. Un film di avventura dove la protagonista è una ragazza di 16 anni che è una principessa, molto combattiva, la cui vera identità va tenuta nascosta; accanto a lei, per proteggerla, il samurai invincibile interpretato da Toshiro Mifune (in ottima forma, lui da solo vale la visione del film) affiancato da due buffi, due clowns shakespeariani; e poi c’è l’oro nascosto dentro il legno delle fascine, un trucco che non ricordo in nessun altro film o romanzo d’avventure. Tutto molto ben fatto e molto divertente, anche se a tratti faticoso da seguire perché si tratta pur sempre di un film giapponese in costume, su un periodo storico di cui ormai temo che sappiano poco o niente anche i ventenni giapponesi. Da segnalare, come sempre, i duelli e le insegne, le armature, i simboli e gli stemmi: tutti dettagli che verranno ripresi e completati nei grandi film storici di Kurosawa degli anni '70, e che in "La fortezza nascosta" si cominciano a vedere con grande chiarezza. Notevole, da questo punto di vista, la sequenza in cui Toshiro Mifune disegna sulla sabbia la mappa della regione, disegnando i simboli delle case regnanti nei diversi feudi.
In casi come questi, dove fa piacere parlare del film ma sul film in sè c’è poco da dire perché il racconto è chiarissimo e non si può svelare la trama per non fare un dispetto a chi ancora non la conosce, vale la regola di appoggiarsi ai critici professionisti, ai migliori, che per nostra fortuna ci sono stati e ci sono ancora. Il libro su Kurosawa, a cura di Aldo Tassone, edito da Baldini e Castoldi, è molto bello: nella prima metà del libro è Kurosawa stesso che ci parla, in prima persona; nella seconda metà del libro Tassone completa e integra il racconto di Kurosawa.
La fortezza nascosta (1958)
XVI secolo, epoca delle guerre civili. Due contadini litigiosi e avidi partono per la guerra in cerca di fortuna, ma catturati per errore finiscono in un campo di prigionia. Condannati a scavare come schiavi dentro le segrete del castello degli Akizuki, dove i nuovi vincitori, gli Yamana, credono sia nascosto il tesoro della famiglia rivale, Tahei e Matashichi approfittano di una rivolta per rifugiarsi sulle montagne. Lì vengono avvicinati da un bizzarro samurai che li sottopone a una serie spossante di prove.
Il samurai è il generale Rokurota, l'uomo di fiducia della giovane erede degli Akizuki, scampata alla distruzione insieme al tesoro di famiglia: per scortare la principessina (si finge muta) e il tesoro del clan sconfitto verso la regione amica degli Hayakawa (debbono attraversare il territorio controllato dai nemici), Rokurota ha bisogno di due portatori anonimi; quanto ai due picari, morti di fame, non vedono l'ora di gettarsi nell'avventura. Ma Tahei e Matashichi sono inaffidabili, in ogni occasione si cacciano nei guai, sempre pronti a fuggire con l'intero tesoro; il samurai Rokurota ha il suo da fare per tenerli in riga e prevenire i loro colpi di testa. Durante l'avventuroso viaggio accade di tutto: in una bettola, la principessa in incognito fa liberare una serva umiliata e offesa prendendola al suo servizio; per difendere il carico, Rokurota si trova implicato in un fantastico duello alla lancia con un valoroso generale nemico (Tadokoro) che lo ammira (sconfitto, più tardi deciderà di seguire Rokurota che gli ha risparmiato la vita); i due impagabili picari commettono l'imprudenza di unirsi ai pellegrini della festa del fuoco e le preziose fascine che nascondono le pepite d'oro vengono bruciate nel gran falò rituale; più tardi, quando Rokurota e la principessa vengono arrestati sul confine, i due taglieranno la corda... Ma tutto finirà per il meglio: liberati da Tadokoro che si unisce a loro, la principessa e il suo generalissimo riescono a salvare il tesoro nel paese degli Yamana e si vendicheranno in maniera molto cavalleresca dei due infidi portatori.
Storia di un viaggio iniziatico (per la giovanissima principessa che esperimenta dal vivo cos'è la vita, e per i due contadini che imparano a guarire dalla febbre dell'oro), favoloso film d'avventure allo stato puro, La fortezza nascosta è un divertissement di alta classe in cui il regista - libero da preoccupazioni di altro genere - si affida al proprio estro epico, con risultati degni a momenti dell'Ariosto migliore. Secondo miglior film dell'anno secondo la rivista Kinema Junpó, La fortezza nascosta vince il premio per la miglior regía al festival di Berlino.
(...) Nell'ottobre 1957 “I bassifondi” (da Gorkij) viene invitato al primo festival cinematografico di Londra. Quel primo viaggio europeo riserva a Kurosawa delle gradite sorprese. Una sera a cena si trova a fianco due immensi cineasti che da sempre venera come suoi Maestri: John Ford e Jean Renoir. « Non mi aspettavo fossero così imponenti anche fisicamente», ricorda Akira, «e mi sono spesso augurato di poter invecchiare bene come loro.» Rispolverando qualche espressione giapponese (ricorda di aver fatto un'apparizione nel 1945 sul set del film kurosawiano Gli uomini che camminano sulla coda della tigre, durante un viaggio a Tokyo), il grande John mette subito a suo agio l'ospite orientale che non parla se non giapponese. («Nella mia gioventù non si imparavano ancora le lingue straniere, ho letto la letteratura universale in traduzione», si scusa Akira, con rammarico.) « Ford mi salvò la serata», ricorda. « A un certo momento, tra un whisky e l'altro, John mi chiese se volevo provare uno dei suoi sigari; tagliò in due quello che aveva e me lo porse; non ero abituato, per poco non vomitai! Tra le altre cose, Ford tenne a spiegarmi come filmava i cavalli in corsa: per visualizzare meglio il movimento girava a velocità ridotta, che in seguito veniva accelerata, e disponeva sul terreno una speciale polvere bianca che a contatto con gli zoccoli sollevava delle piccole nubi. Semplici accorgimenti come questi conferiscono una maggior verità artistica alle scene. Nei film di Ford il West ha una presenza quasi fisica, se ne sente persino l'odore... Quell'incontro a Londra fu uno dei più belli della mia vita. »
1958. L'incontro con il maestro americano stimola in Kurosawa la passione per l'avventura e i grandi spazi. Girato in cinemascope alle pendici del Fuji (a causa delle condizioni atmosferiche negative le riprese durano il doppio del previsto: un tifone distrugge il set, íl sole si fa aspettare per tre mesi), La fortezza nascosta è uno splendido film d'avventure allo stato puro realizzato per il solo piacere di raccontare una storia en plein air, il più libero e ««disimpegnato» della carriera di Kurosawa. Dopo aver sfidato con successo sul loro terreno due maestri come Renoir (Les basfonds) e Welles (Macbeth), il regista giapponese compete qui ad armi pari con il suo modello, John Ford. La fortezza nascosta ottiene un immediato successo.
Il più bell'omaggio a questa affascinante favola sulla febbre dell'oro reca la firma di George Lucas: l'autore di Star Wars confesserà che personaggi e situazioni del suo fortunato film d'avventure spaziali sono mutuati dal picaresco western kurosawiano. Vent'anni dopo, Lucas restituirà cavallerescamente il favore a Kurosawa aiutandolo finanziariamente a portare a termine il costoso Kagemusha.
Incoraggiato dal successo di La fortezza nascosta, Kurosawa decide di fondare la propria casa di produzione (Kurosawa Production). Finalmente libero di scegliere i suoi soggetti e di stabilire la durata dei suoi film, ne approfitta subito da par suo: invece di continuare le avventure del samurai Rokurota, della principessa spodestata e dei due picareschi contadini del seguito, scrive un virulento pamphlet contro la corruzione dei nuovi padroni del Giappone, gli industriali. Il film si intitola ironicamente I cattivi dormono in pace; l'ironia è la chiave giusta per raccontare in chiave thriller un esemplare scandalo nel mondo dell'alta finanza, che conserva tutt'oggi una straordinaria attualità. (...)
(Akira Kurosawa, L’ultimo samurai - quasi un’autobiografia, a cura di Aldo Tassone, ed. baldini castoldi)
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