Picnic at Hanging Rock (1975) Regia di Peter Weir Tratto dal racconto di Joan Lindsay . Sceneggiatura di Cliff Green Fotografia: Russel Boyd Musica: Gheorghe Zamfir (flauto di Pan), Mozart (Piccola serenata notturna), Beethoven (Concerto n.5 per pianoforte e orchestra). Interpreti: Anne-Louise Lambert (Miranda), Karen Robson (Irma), Jane Vallis (Marion), Christine Schuler (Edith), Margaret Nelson (Sarah), John Jarrett (Albert, il ragazzo australiano), Anthony Llewellyn-Jones (Mike, il ragazzo inglese); Wyn Roberts (il policeman Bumpher), Helen Morse (l’insegnante di francese), Vivian Gray (l’insegnante di Scienze), Rachel Roberts (la direttrice del collegio), Jackie Weaver (la cameriera). Durata: 115 minuti
Il fascino della sequenza iniziale di “Picnic ad Hanging Rock”, la prima mezz’ora, è talmente forte che ci si dimentica spesso che è un film corale, con molti protagonisti. Non ci sono solo le ragazze e la direttrice del collegio, ma sono molto importanti anche la cameriera, il vetturino, i due ragazzi, i poliziotti, il giardiniere.
Quando le ragazze scompaiono si apre una vera inchiesta, che vediamo condotta da un investigatore in divisa da policeman, d’aspetto molto inglese (ci sono dei poliziotti così ancora nei primi film di Hitchcock, negli anni ’30). Mi piace molto questo attore: discreto, poco appariscente, faccia simpatica, porta benissimo la sua divisa (anche quando è stazzonata, com’è ovvio dopo tutta quella fatica) e vorrei saperne di più sul suo conto. Peter Weir ha sempre avuto grande finezza nella scelta dei volti e degli attori, e anche delle comparse, in tutti i suoi film.
Molto bella è anche l’amicizia tra i due ragazzi, che vedono Miranda e le sue amiche con ovvio interesse ma anche come un’apparizione, e che poi faranno di tutto per ritrovarle. Si tratta di due giovani di diversa estrazione sociale: uno è un inglese di ricca famiglia, l’altro è australiano e figlio di un vetturino; ma tra di loro nasce subito un’amicizia molto facile e spontanea. Anche in questo caso la scelta dei due attori è stata molto felice, e il loro rapporto di amicizia è sottolineato da Weir con pochi tratti ma con grande profondità. Nel libro di Joan Lindsay, la differenza di condizione – di casta, verrebbe da dire – fra i due ragazzi è parte importante; nel film viene appena accennata, ma questo tema verrà ripreso sei anni dopo in uno dei più toccanti film di Weir, “Gli anni spezzati”.
Come si diceva, è un film del quale è difficile parlare, e lascia dentro una grande inquietudine, qualcosa di affascinante ma di irrisolto e di perturbante, anche molto tempo dopo averlo visto, cosa che non capita spesso al cinema. Facendo scorrere il film al pc mi sono trovato davanti centinaia di immagini bellissime, emozionanti; ma erano quasi tutte inservibili per il post perché usandole singolarmente, senza il movimento e senza la colonna sonora, non si riesce minimamente a rendere l’idea di che cosa è questo film. Usando i fermo immagine si rischia infatti di far confusione con i numerosissimi film girati in ambienti simili – eppure Picnic ad Hanging Rock è qualcosa di completamente diverso dai soliti film (pur pregevoli) del tipo di quelli che fa James Ivory, tanto per dire un solo nome. Solo la visione completa del film, o di alcune sue sequenze nel loro naturale svolgimento, può rendere giustizia a questo film, così come accade alle grandi opere d’arte del passato, rinascimentali e dell’ottocento, che hanno bisogno della perfezione del dettaglio ma possono essere comprese solo nella loro interezza.
Ed è proprio partendo da alcuni dettagli che sono arrivato a una mia “decifrazione” del film, soprattutto delle parti più inquietanti: la riporto qui sperando che non disturbi troppo la visione di chi mi legge.
I dettagli sono questi: gli abiti di alcuni personaggi, i costumi, le espressioni dei volti. In particolare: la tuba del ragazzo inglese, alla festa campestre; l’elaborata acconciatura della direttrice del collegio; l’abito da collegiale di Sarah. Sono tutti dettagli che rimandano inevitabilmente a Lewis Carroll, e alle illustrazioni di John Tenniel per la prima edizione di “Alice nel Paese delle Meraviglie”.
La somiglianza è stupefacente, e viene da pensare che non sia casuale.
La direttrice, per esempio, è un’autentica Regina di Cuori, o una Duchessa: sembra appena uscita dai disegni di Tenniel, ma è un personaggio reale e non caricaturale. Le riduzioni di “Alice” al cinema e nei fumetti, perdono sempre di vista quanto c’è di vero e di quotidiano in quel libro, ed è per questo che appaiono molto spesso deludenti. Ci si dimentica (o si vuole deliberatamente ignorare) che il libro di Lewis Carroll nacque per divertimento, un gioco tra l’autore e alcune bambine; e che quindi molti dei personaggi sono quasi sicuramente caricature di persone realmente esistite. Peter Weir e i suoi costumisti ce ne mettono davanti alcuni esempi: e viene da dire che questo film è quanto di più vicino esista al libro di Carroll che sia mai stato girato per il cinema.
Altri dettagli: gli orologi che si fermano sotto la Roccia, la “Hanging Rock”, una “roccia pendente”. Una roccia che pende su di noi, dove anche il tempo si ferma e si apre su dimensioni ignote. Tutto il film è segnato dal rimpianto per il tempo che non si può fermare, il rimpianto della giovinezza destinata a passare; e a questo proposito invito a rivedere il pranzo finale della direttrice con l’insegnante di francese, quando tutte le ragazze se ne sono andate e il collegio sta per chiudere: è la prima volta che vediamo la severissima direttrice smettere gli abiti austeri e presentarsi in decolleté davanti all’insegnante di francese, imbarazzatissima.
Anche la giovane francese, a questo punto del film, dopo la tragedia, appare cosciente del passaggio dalla giovinezza all’età matura (la “Linea d’ombra” di cui parla Joseph Conrad) e qui è importante il dettaglio dei guanti di rete, da vecchia signora, che indossa durante il precedente colloquio con la direttrice. Questi guanti sono identici alla veletta dell’insegnante di scienze, con la quale a questo punto svela un’insospettabile – fin lì – somiglianza fisica.
Il rimpianto per la giovinezza, per un’età dell’oro ormai passata, è uno dei temi portanti del film; e il rimando che a me pare inevitabile è con il capitolo VII di “Alice”, il tè dal Cappellaio Matto. E’ a quel punto del libro di Lewis Carroll che viene trattato il tema del Tempo, ed è una lettura inquietante ancora oggi. E’ soprattutto per questo capitolo, al di là dell’apparente leggerezza e della simpatia dei personaggi, che il libro di Carroll viene classificato non soltanto tra i libri per bambini. Ed è cosa nota che Lewis Carroll, pseudonimo di Charles Lutwidge Dodgson, prima di diventare famoso come autore di libri per bambini era già un matematico affermato.
6 commenti:
Il paragone con Alice nel paese delle Meraviglie mi sembra molto pertinente: stesso clima vittoriano,(la Regina rossa e la direttrice somigliano notevolmente alla stessa regina Vittoria), vicenda quanto mai strana ed ambigua...
La differenza fondamentale è nei tempi. Alice è nell'età di passaggio dall'infanzia all'adolescenza e da qui il sapore ancora di fiaba e tutte le stranezze del corpo che continuamente cambia non sapendo più se essere ancora piccola come una bimba o grande come la sorella, magari.
La vicenda comincia poi con Alice che cade in un buco!(un passaggio segreto che si apre all'improvviso) Anche questa una iniziazione quindi, anche drammatica, a volte, ma in definitiva, quando le cose diventano troppo pericolose, ci si può sempre rifugiare ancora nel gioco e rimandare tutto a quando si sarà veramente grandi.
Ad Hanging Rock Miranda e le sue amiche sono invece nell'età di transizione dall'adolescenza all'età adulta, passaggio ancor più pericoloso perchè il problema sessuale è attivato con tutte i suoi enigmi e le sue conseguenze. E in un ambiente così sessuofobico come in quello vittoriano trovare la strada giusta può diventare molto difficile.
Pan, con il suo flauto si aggira sulle rocce selvagge. Siamo a mezzogiorno(gli orologi stranamente si sono fermati proprio allo zenith), che è l'ora di Pan; l'ora in cui il grande Dio della natura ama fare i suoi agguati alle ninfe suscitando il panico(termine che viene proprio da Pan). E la coscienza verginale subisce un brusco cambiamento.
Non ci avevo mai pensato davvero, ma la somiglianza della direttrice del collegio con la Duchessa e con la Regina così come le ha disegnate Tenniel è impressionante. Probabilmente si è trattato solo di uno spunto di partenza per i costumi, ma Peter Weir ha molte di queste finezze e col tempo ho imparato a farci caso. (il bello è che poi nelle interviste lui minimizza tutto, manca solo che dica "è un filmettino" come faceva Fellini...) (anche Bergman definì "Il settimo sigillo" come "un piccolo film a cui sono molto affezionato").
Che i grandi artisti tendano a minimizzare il loro merito è la prova più evidente che la vera "Arte" avviene dentro di loro e loro ne sono quasi solo il veicolo. E' così che Mozatr lasciava uscire da sè le sue armonie sublimi, Michelangelo liberava Mosè dalla pietra, Rilke, dopo decenni di sofferta aridità, accoglieva con "giubilo" gli Angeli delle Elegie duinesi. Basterebbe questo per discriminare un grande artista dalla pletora dei presuntuosi ed arrivisti piccoli artisti: la loro grande ed autentica "umiltà" di fronte al fenomeno della ispirazione, che comunque non è mai gratuita perchè richiede anche tempo, pazienza, continuo lavoro...Eppur non basta!
Quando ho visto "Master and Commander", fino ad oggi l'ultimo film di Weir uscito nelle sale, mi sono detto: "Sono proprio contento che Weir si sia goduto una bella vacanza!"
Se lo merita ampiamente. (mi piace molto la sua faccia, e come parla nelle interviste)
Questo parallelo con "Alice" è davvero interessante e convincente: mi stupisco di non essermene accorto quando ho visto il film. Più ci penso e più trovo nuovi paralleli... Per esempio, l'insegnante che rimane a leggere il suo libro durante il picnic mentre le tre ragazze "precipitano nel buco" mi ricorda la sorella maggiore di Alice, che parimenti legge un libro nel parco mentre la protagonista si addormenta e viaggia nel paese delle meraviglie.
Anch'io ci ho messo un bel po' a rendermene conto! Se tieni conto che ho visto il film quand'era appena uscito...
:-)
Però se cerchi la Duchessa come l'ha disegnata Tenniel (in rete si trova facilmente), è proprio identica alla direttrice del collegio, impossibile che sia un caso. Il resto viene da sè.
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