Nosferatu, Phantom der Nacht (1979) Scritto e diretto da Werner Herzog. Tratto dal film omonimo di F.W. Murnau (1922) e dal romanzo “Dracula” di Bram Stoker (1897). Fotografia: Jörg Schmidt-Reitwein. Scenografie e arredi di Henning von Gierke e Ulrich Bergfelder . Costumi di Gisela Storch. Trucco per Klaus Kinski: Reiko Kruk. Effetti speciali: Cornelius Siegel. Musica: Florian Fricke (Popol Vuh), Richard Wagner, Charles Gounod, Vocal Ensemble Godela (Georgia ). Interpreti: Klaus Kinski (Dracula), Isabelle Adjani (Lucy Harker), Bruno Ganz (Jonathan Harker), Roland Topor (Renfield, il capo di Harker), Walter Ladengast (van Helsing), Jacques Dufilho (il capitano della nave) Martje Grohmann (Mina) Clemens Scheitz (impiegato comunale) e altri. Durata originale 107 minuti
E’ davvero fuori dal comune, e denota grande finezza interpretativa, l’uso che Werner Herzog fa della musica di Richard Wagner, in “Nosferatu”. Si tratta dell’inizio di “Das Rheingold” (L’Oro del Reno, 1854, primo capitolo della “Tetralogia” che comprende altre tre opere: La Walkiria, Sigfrido, Il Crepuscolo degli Dei); è un’opera molto complessa, che non sto qui a riassumere per questioni di spazio: basti sapere che in Wagner questa musica rappresenta il caos iniziale, o il nulla; poi una fitta nebbia o caligine, che pian piano si dissolve; alla fine del brano, appare la Luce che illumina la natura incontaminata, sulle acque del Reno.
Herzog presenta questa musica, che è un lungo accordo iniziale dapprima indistinto, poi in lieve e continuo crescendo, quando Harker (Bruno Ganz) arriva al castello del vampiro: al crepuscolo, ormai nel buio. E il culmine del lentissimo crescendo orchestrale arriva quando Harker viene raggiunto dalla carrozza che lo porterà dentro al castello buio. Si tratta quindi di un Wagner usato “a rovescio”: non la luce che nasce dalle tenebre, ma il suo opposto. Usata in questo modo la musica di Wagner porta dunque le tenebre, e non la luce.
Non cambia invece quel che segue: l’apparizione di un personaggio che porta il male nel mondo. In Wagner è Alberich, che ruberà l’Oro del Reno maledicendo l’amore e rinunziandovi per sempre; in Herzog è il vampiro.
La maggior parte della musica di questo film è stata però composta dai Popol Vuh, un gruppo tedesco famoso negli anni 70 e guidato da Florian Fricke, abituale collaboratore di Herzog nei suoi film. E’ musica molto bella, molto piacevole, basata su accordi semplici, che al suo apparire fece un certo scalpore perché era stata collocata nei negozi di musica nell’ambito del rock e del pop: come si capisce subito, si tratta di tutt’altra cosa. Il nome del gruppo, “Popol Vuh”, non ha nulla a che vedere con la parola “popolo”: è in lingua maya, ed è il titolo di uno dei pochi libri che ci rimangono di quella civiltà (“il libro delle foglie scritte” traduce la Garzantina). Dato che Fricke collaborava con Herzog già al tempo di “Aguirre furore di Dio”, nei primi anni ’70, è facile immaginare un’amicizia di lunga data e molti interessi in comune.
Nella scena in cui Isabelle Adjani cammina per la città assediata dalla peste, ascoltiamo il Vocal Ensemble Godela, che proviene dalla repubblica caucasica della Georgia (a quel tempo era parte dell’Unione Sovietica). Nel film, in questo momento, vediamo scene di danza, ma la musica che si ascolta è priva di ritmo: il contrasto che ne nasce è di grande effetto drammatico. Herzog racconta che durante le riprese la musica era quella di una piccola orchestra, che suonava effettivamente ritmi di danza, valzer e polke e mazurche; i musicisti che la eseguono si vedono bene durante tutta la sequenza.
E’ una scena quanto mai spettrale: nella città è arrivata la peste, i morti non si contano più, e come nei tempi andati c’è chi si dà alla pazza gioia mangiando e bevendo, in attesa che arrivi la fine. Dalla sequenza filmata è stato tolto il sonoro originale, sostituito da una polifonia vocale che ricorda molto quella della chiesa bizantina e ortodossa. L’effetto raggiunto è da brividi, e rende meglio di quanto si possa immaginare ciò che è narrato nel romanzo.
La cavalcata finale di Harker (Bruno Ganz) è modulata sul Sanctus di Gounod, tratto dalla “Messa solenne per Santa Cecilia”. Il Sanctus è una parte della Messa latina, nella liturgia cattolica; nel corso dei secoli, molti compositori importanti (quasi tutti) hanno messo in musica questo testo, non solo per motivi religiosi ma anche e soprattutto per la sua drammaticità. Il Sanctus si ascolta non solo nelle Messe normali, ma anche nei due Requiem più famosi, quelli di Mozart e di Verdi; l’elenco completo sarebbe lungo.
Il testo completo del Sanctus è questo: « Sanctus, sanctus, sanctus, Dominus Deus Sabaoth. Pleni sunt coeli et terra gloria tua. Hosanna in excelsis. Benedictus qui venit in nomine Domini.» (Santo, santo, santo, è il Signore Dio degli Eserciti. Pieni sono i cieli e la terra della tua gloria; osanna nell’alto dei cieli. Benedetto chi viene nel nome del Signore.)
Charles Gounod (1818-1893, francese) è famoso per il suo “Faust”, ma anche per il “Roméo et Juliette” e molta altra musica. Penso che Herzog abbia scelto il “Sanctus” di Gounod per la sua bellezza, ma anche perché dà davvero l’idea di qualcosa che si allontana; ma non mi sento di escludere altre ragioni. Per quanto mi riguarda, trovo questa musica magnifica; ma da allora, da quando ho visto il finale del Nosferatu di Herzog, non riesco ad ascoltare il “Sanctus” di Gounod senza che mi venga un brivido su per la schiena.
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