giovedì 11 febbraio 2010

Darby O'Gill e il re dei folletti

Darby O’Gill e il re dei folletti (Darby O’Gill and The Little People, 1959) Regia di Robert Stevenson, Produzione Walt Disney. Sceneggiatura di L.E.Watkin tratta dai racconti di D.H.Kavanagh. Fotografia (Technicolor) di Winton C. Hoch. Musica di Oliver Wallace, canzoni di Oliver Wallace e L.E.Watkin. Con Albert Sharpe, Janet Munro, Sean Connery, Jimmy O’Dea, Kieron Moore, Estelle Winwood. Durata 93 minuti

A me i folletti sono sempre stati simpatici (spero di essere anch’io simpatico a loro...), e questo è uno dei film più piacevoli che mi sia mai capitato da vedere. E’ un film per bambini, ed è una produzione Disney, ma di quelle dei tempi migliori; ed è un peccato che sia stato dimenticato, perché penso proprio che anche ai bambini di oggi farebbe piacere vederlo, anche se guardano i Simpson e hanno una playstation recente e aggiornatissima. Le storie dei folletti e delle streghe (le banshee, terrificanti spiriti d’Irlanda) piacciono sempre, e questa è una bella storia ben raccontata.

Protagonista è il giovane Sean Connery, non ancora trentenne, in un tripudio di folletti e di leprechauns, con effetti speciali che erano ottimi nel 1957 e che sono buoni ancora oggi, in epoca di computer graphic iperrealista. Il vecchio Darby, custode della villa del riccone del paese, è in rapporto di amicizia con Brian Conners, ovvero King Brian of Knockasheega, Re dei Folletti di tutta l’Irlanda; ma il suo datore di lavoro ha deciso di mandarlo in pensione e di sostituirlo con un giovane che viene da fuori, da Dublino. Il giovane forestiero è Sean Connery, e tutto finirà bene (si può dirlo perché è scontato fin dall’inizio) perché lui è un bravo ragazzo e perché Darby ha una figlia che è un gioiellino, chi se la farebbe scappare? Riassumere tutto il film non ha molto senso, penso che bastino le immagini per far capire di che cosa si tratta; non ci sono solo i folletti compagnoni e i momenti felici, come in tutte le storie fantastiche (e in tutto il cinema di Walt Disney) non mancano i momenti cupi e drammatici, che culmineranno nell’apparizione della carrozza del Banshee - che rappresenta la morte ed è una citazione da “Il carretto fantasma” di Victor Sjöström (un capolavoro assoluto, datato 1920).
C’è anche la curiosità di sentire Sean Connery che canta (sembrerebbe proprio lui: si scusa anche di non saper cantare) dei versi allegri che suonano così: “Oh, she’s my dear my darling one...”. La canzone si chiama “Irish girl” ed è molto orecchiabile; gli fa compagnia nel cantarla Janet Munro, un’attrice davvero adorabile che purtroppo appare solo nei film Disney di quel periodo.
Nei titoli di testa, Walt Disney ringrazia il Re Brian e tutti i suoi Leprechauns, “senza i quali questo film non sarebbe stato possibile”. Darby O’Gill viene dai racconti di D.H.Kavanagh, ma qui vorrei ricordare a tutti la raccolta di fiabe popolari irlandesi curata da W.B.Yeats, un autentico capolavoro, e anche le opere di James Stephens, irlandese e coetaneo di Joyce, che di folletti se ne intendeva molto. A questo punto però, dopo averlo evocato, mi è venuta una gran voglia di rileggere qualcosa ed è per questo che porto qui l’inizio di “La pentola dell’oro”, di James Stephens. La storia che vi è narrata non assomiglia per niente a quella di Darby O’Gill, ma si tratta di uno dei libri che ho letto con maggior piacere nella mia vita, e adesso che ho trovato la scusa per portarlo sul sito, niente e nessuno, a questo punto, mi potrà più fermare.
Nel cuore della pineta chiamata Coilla Doraca vivevano or non è molto due Filosofi. Erano più saggi di qualunque altra cosa al mondo, eccettuato il Salmone che se ne sta nello stagno di Glyn Cagny, dove il nocciòlo piantato sulla riva lascia cadere i frutti della conoscenza. E’ lui, naturalmente, l'essere più profondo che esista, ma quanto a saggezza i due Filosofi non gli sono di molto inferiori. Le loro facce sembravano di pergamena, le loro unghie erano orlate di inchiostro, e non c'era difficoltà che non sapessero risolvere seduta stante, anche se a sottoporgliela era una donna. La Donna Grigia di Dun Gortin e la Donna Magra di Inis Magrath fecero ai Filosofi le tre domande a cui nessuno era mai stato capace di rispondere, e loro trovarono subito le risposte. Fu così che si guadagnarono l'ostilità di queste donne, che conta molto di più dell'amicizia degli angeli. La Donna Grigia e la Donna Magra furono talmente irritate nel sentirsi rispondere, che sposarono i due Filosofi, per avere la possibilità di pizzicarli a letto; ma i Filosofi avevano la pelle così dura che quei pizzichi non li sentivano nemmeno. Ricambiavano la rabbia delle donne con così tenero affetto che quelle pessime creature quasi morivano di crepacuore, e una volta, in una vera e propria estasi di furia, dopo che i loro mariti le avevano baciate, esse scagliarono le millequattrocento maledizioni nelle quali consisteva la loro saggezza; i Filosofi le impararono, e così divennero ancor più saggi di prima.
Passato il tempo giusto, da questi matrimoni nacquero due bambini. Nacquero lo stesso giorno alla stessa ora, e tra i due c'era una sola differenza, che l'uno era maschio e l'altra era femmina. Nessuno seppe dire come questo fosse accaduto e per la prima volta nella loro vita i due Filosofi furono costretti a contemplare un evento che non erano stati in grado di prevedere; ma dopo avere accertato in molti e svariati modi che i bambini erano indubbiamente bambini, che ciò che è stato è stato, che un fatto non si può negare, e che quello che è accaduto una volta può accadere anche due, conclusero che l'avvenimento era straordinario ma non innaturale, e si sottomisero serenamente a una Provvidenza ancora più saggia di loro.
Il Filosofo che aveva il figlio maschio era molto contento perché, diceva, al mondo c'erano troppe donne, e il Filosofo che aveva la figlia femmina era molto contento anche lui perché, diceva, di una cosa buona non se ne ha mai troppa; ma la Donna Grigia e la Donna Magra non furono affatto placate dalla maternità: dissero che non l'avevano messa in bilancio, che i bambini erano stati ottenuti con falsi pretesti, che loro erano due rispettabili donne sposate e che quindi, per protesta contro i soprusi dei due Filosofi, non avrebbero più fatto da mangiare per loro. La notizia fu quanto mai gradita ai mariti, che non potevano soffrire il modo di cucinare delle due donne; ma si guardarono bene dal dirlo, perché se quelle avessero immaginato che ai mariti non piaceva la loro cucina, avrebbero sicuramente insistito sul proprio diritto di far da mangiare: sicché tutti i giorni i Filosofi supplicavano le mogli di preparare uno dei loro squisiti pranzetti, cosa che le donne si rifiutarono sempre di fare.
Vivevano tutti insieme in una piccola casa proprio nel cuore di una pineta buia. Qui il sole non splendeva mai perché l'ombra era troppo profonda, e nessun vento vi penetrava perché i rami erano troppo fitti : era il luogo più solitario e tranquillo del mondo, e tutto il giorno i due Filosofi potevano sentirsi l'un l'altro pensare o far discorsi, e questi erano i suoni più gradevoli che conoscessero. Per loro non esistevano che due specie di suoni - la conversazione e il rumore: amavano molto il primo, ma criticavano severamente il secondo, e anche se era prodotto da un uccello, da una brezza o da uno scroscio di pioggia, si adiravano moltissimo e pretendevano che fosse abolito. Le loro mogli parlavano di rado, però non stavano mai in silenzio : comunicavano tra loro con una specie di telegrafia fisica che avevano imparato tra gli Shee - facevano crocchiare più presto o più adagio le giunture delle dita, e così riuscivano a parlarsi anche a distanze enormi, perché grazie alla lunga pratica sapevano tirar fuori grandi suoni esplosivi che erano quasi come tuoni e suoni più lievi, come il cadere delle ceneri grigie sulla pietra del focolare. La Donna Magra odiava la propria creatura ma amava quella della Donna Grigia, e la Donna Grigia amava la creatura della Donna Magra ma non poteva soffrire la propria. Un compromesso può risolvere anche la situazione più spinosa; sicché le due donne si scambiarono i figli e subito divennero le madri più affettuose e tenere che si possano immaginare, e le due famiglie finirono col vivere insieme in un’armonia così perfetta come altrove è ben difficile trovarla. I bambini crescevano belli e floridi (...)
(James Stephens, La pentola dell’oro, inizio del romanzo)(ed. Bompiani)


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