Peter Brook, The Mahabharata (1989). Dal poema indiano. Sceneggiatura: Peter Brook, Jean-Claude Carrière, Marie-Hélène Estienne Direttore della fotografia: William Lubtchansky Montaggio: Nicholas Gaster Assistente regia: Marc Guilbert, Marie Hélène Estienne, Philippe Tourret Scenografia: Emmanuel de Chauvigny Costumi: Chloé Obolensky, eseguiti da Barbara Higgins Musica: Toshi Tsushitori, Kim Menzer, Kudsi Erguner, Mahmoud Tabrizi-Zadeh, Diamchid Chemirani, Sarmila Roy
Interpreti. Robert Langdon Lloyd (Vyasa) Bruce Myers (Ganesh/Krishna) Vittorio Mezzogiorno (Arjuna) Andrzei Seweryn (Yudhishthira) Mamadou Dioume (Bhima) Jean Paul Denizon (Nakula) Mahmud Tabrizi-Zadeh (Sahadeva) Mallika Sarabhai (Draupadi) Myriam Goldschmidt (Kunti)Erika Alexander (Madri/Hidimbi) Richard Ciezlak (Dritharashtra) Hélène Patarot (Gandhari) Georges Corraface (Duryodhana) Jeffrey Kissoon (Karna) Yoshi Oida (Drona) Sotigui Kouyate (Bhishma/Parashurama) Ciaran Hinds (Aswattaman) Tapa Sudana (Salya/Shiva/Pandu) Corinne Jaber (Amba/Sikandin) Velu Viswanadhan (Santanu) Leela Mavor (Satyavati) Tuncel Kurtiz (Shakuni) Durata: 318 minuti
La morte di Bhishma
Questa è un’altra delle scene più misteriose, e più suggestive, del film di Peter Brook. Un altro momento in cui si parla dell’aldilà, e del trascendente. Anche qui, vista l’enorme difficoltà dell’argomento, mi limito a riportare il lavoro di adattamento fatto dallo sceneggiatore Jean Claude Carrière.
Ci si avvale ancora una volta, all’inizio, della grande presenza scenica di Sotigui Kouyaté, che è forse il vero centro di tutta l’operazione tentata da Brook e da Carrière. Poi tutto il resto è lasciato ai primi piani, intensi e molto ispirati, degli altri due attori: il polacco Andrzei Seweryn che è Yudhìshthira, e il francese Ken Higelin, che quando fu girato il film aveva sedici anni, e forse per questo è così adatto alla parte. E’ una scena molto breve, basata tutta sulla suggestione delle parole e dei primi piani.
Yudhishtira, fratello maggiore di Arjuna e capo dei Pandavas, si sente in colpa dopo l’uccisione di Ghatokatcha, mandato da Krishna a sicura morte con l’inganno (l’ennesimo inganno) per togliere a Karna un colpo mortale, e si reca da Bhishma morente per chiedere ragione di tutto questo, e se ha senso continuare la battaglia. Bhishma, il grande guerriero, riferimento morale e spirituale di tutti i contendenti, è sul suo letto di morte, fatto di frecce. Colpito da Sikhandin (anzi, no: da Arjuna) sta lentamente morendo, mentre infuria la battaglia. Yudhishthira si reca da lui per chiedergli che senso ha tutta questa carneficina. Il vecchio guerriero si alza per un attimo dal suo letto di morte ed evoca “the deathless boy” , il ragazzo che non conosce la morte; a lui Yudishthira potrà rivolgere le sue domande. Il ragazzo appare.
Yudishthira: Sei tu il ragazzo che non ha morte?
Ragazzo: Sì.
Yudishthira: Sei tu che hai detto “La morte non esiste”?
Ragazzo: L’ho detto.
Yudishthira: Ma, se perfino gli dei compiono sacrifici per non dover morire...
Ragazzo: Entrambe le cose sono vere. I poeti rendono omaggio alla morte e la glorificano nelle loro canzoni; ma io ti dico che la morte è negligenza ed ignoranza, e che vigilare è l’immortalità. La morte è una tigre acquattata nei cespugli. Noi facciamo figli per la morte, ma la morte non può divorare chi si è scrollato la vita di dosso come polvere. La morte non ha potere davanti all’eternità. Il vento e la vita scorrono partendo dall’infinito. La luna beve il respiro della vita, il sole beve la luna, e l’infinito beve il sole. Il saggio si libra tra i mondi. Quando il suo corpo è distrutto, quando non ne rimane traccia, allora la morte stessa è distrutta a sua volta, e il saggio contempla l’infinito. (scompare)
Yudishthira: (tra sè) Per tutta la mia vita ho sentito i saggi che dicevano: “ Se il dharma è protetto, protegge; se è distrutto, distrugge.” Stiamo proteggendo il dharma?
Krishna (apparendo brevemente): Spesso, l’unico modo per proteggere il dharma è dimenticarlo.
La battaglia continua, ma ormai Drona è stato ucciso, Karna non ha più difesa, la vittoria dei Pandavas è certa. Ora Bhishma può morire.
P.S.: Riporto la definizione di “dharma” così come appare nell’appendice al riassunto del “Mahabharata” fatto dallo scrittore indiano R.K.Narayan (editore Guanda):
dharma: ordine stabilito; giustizia, dovere, virtù; regola, legge (in campo sociale, morale e cosmico) Dharma: il dharma personificato e divinizzato; identificato a volte con Yama.
4 commenti:
"Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me". Queste celebri parole di Kant sono per me la sintesi più completa ed efficace del Dharma e rendono la perfetta corrispondenza della "Legge" fuori e dentro di noi.
Quanto alla discussione sulla morte tra il bellissimo ragazzo (il Sempreverde) e il maggiore dei fratelli Pandava mi pare di riassistere al discorso che Tarkovskij mette in bocca ad Alexander in "Sacrificio"quando rassicura il bambino sulla morte che non esiste, mentre esiste "la paura" della morte ed è questa che fa fare agli uomini "cose vergognose". Ecco da dove attinge la vera saggezza. La morte è solo un passaggio, un modo di cui si serve la "Vita" per portare avanti le sue continue trasformazioni; perciò non esiste come realtà fissa e a sè stante. Nella continua danza di Shiva tutto viene distrutto per poi rinnovarsi...
Krishna stesso , in quanto Avatar di Vishnu morirà per ricomparire sotto altra forma quando sarà necessario.
La stessa "resurrezione" di Cristo, secondo la nuova teologia e lo stesso pensiero di Martini, va intesa come "rinascita continua della Speranza", Verità della "Parola" che dura in eterno perchè portatrice di continua vita.
"L'onda che muore sulla spiaggia torna ad essere mare, e, chissà dove, chissà quando, tornerà ad essere onda"
Ho usato questa frase per ringraziare gli amici che mi avevano espresso la loro vicinanza per la morte di mio marito e ne sono ancora convinta. Le energie spirituali non possono "morire", come non può morire nessuna forma di energia.
Intanto ricordo che questo è CINEMA, cinema vero, e anche molto spettacolare: l'apparizione del ragazzo è di quelle da far venire i brividi, e il letto di frecce è un'invenzione mai vista prima, e neanche dopo.
Poi ringrazio ancora Marisa, perché la sua frase finale è molto bella: la copio e la riporto qui sotto.
"L'onda che muore sulla spiaggia torna ad essere mare, e, chissà dove, chissà quando, tornerà ad essere onda"
Il letto di frecce è preso alla lettera dal Mahabharata: http://mahalasa.org/wp-content/uploads/2010/06/bhishma.jpg. Non è proprio un'invenzione.
Sì, hai ragione: ho scritto "invenzione" perché un letto di frecce si poteva immaginare anche in un altro modo. Questo letto di frecce è molto bello, rimane in memoria.
La mia frase si presta a dei malintesi, hai fatto bene a puntualizzare.
(e grazie per il commento, che mi fa molto piacere)
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