domenica 13 giugno 2010

Il pianista del cinema muto

Dimitri Sciostakovic (1906-1975) è uno dei più grandi musicisti del Novecento. Tra le sue composizioni, numerosissime sono quelle dedicate al cinema, che ha sempre riservato un posto particolare nella sua vita. Sciostakovic non ci ha lasciato molti scritti teorici, articoli, critiche: scrivere in Unione Sovietica non era facile, poteva anzi essere pericoloso ed era meglio censurarsi prima. Però sulla biografia a lui dedicata da Franco Pulcini (EDT Musica) trovo in appendice alcuni scritti sul cinema, tratti da brevi articoli pubblicati su vari giornali russi.
Nel 1927 Shostakovic scrive una breve autobiografia di presentazione (ha solo 21 anni) dove racconta i suoi inizi. Tra le sue esperienze, quella di pianista accompagnatore per il cinema muto:
«(...) Nel febbraio del 1922 mancò mio padre. In seguito a questo fatto la mia famiglia piombò in una situazione finanziaria molto difficile; come se non bastasse, all'inizio del 1923 mi ammalai di tubercolosi ai bronchi e alle ghiandole linfatiche. I medici ritennero necessario mandarmi in Crimea per le cure. Quando tornai dalla Crimea dovevamo saldare i nostri debiti. E perciò dovetti iniziare a lavorare al cinema. Per l'assunzione fu necessario passare un esame di qualificazione come pianista-accompagnatore (illustrator) presso il sindacato RABIS. Tale esame assomigliò molto alla mia prima visita a Bruni: fui innanzitutto invitata a suonare un "Valzer blu" e poi qualcosa di orientale. Da Bruni non era riuscito a eseguire nulla di orientale, ma nel 1923 avevo fatto in tempo a conoscere Shecherazada di Rimskij-Korsakov e la Orientale di Cezar Kjui. L'esame di qualificazione ebbe risultato positivo e a novembre iniziai il mio lavoro al cinema-teatro “La pellicola illuminata”. Il lavoro era molto faticoso , ma essendoci due pianisti mi riuscì di conciliare in qualche modo il servizio con i concerti e le manifestazioni teatrali. Poiché mi fu pagato lo stipendio una sola volta nel corso della mia attività di due mesi, fui costretto a lasciare “La pellicola illuminata”, richiedere per via legale lo stipendio ancora da riscuotere e cercarmi altri mezzi di sussistenza. I tentativi durarono fino all’ottobre del 1924. Trovai di nuovo qualcosa di simile. Al cinema-teatro Splendid Palace il pianista se n'era andato in ferie per due mesi. Fui ingaggiato come suo sostituto. Dopo due mesi il servizio era finito. Ma anche questo periodo ebbi la possibilità di frequentare concerti perché anche qui c'erano due pianisti. Finalmente, nel febbraio del 1925, trovai un impiego fisso nel cinema Picadilly.
In quel periodo l'amministrazione del cinema decretò che entrambi i pianisti dovessero prendere servizio all'inizio degli spettacoli e rimanere al lavoro fino a quando gli spettacoli non erano finiti, alternandosi a metà di ogni spettacolo. Tale astuta disposizione era stata dettata dall'esperienza. Un pianista si era ammalato. Non ce n'era un altro e subito nacque un problema. Solo in seguito a questa disposizione non potei più frequentare concerti e spettacoli teatrali. Poi lasciai io stesso il cinema e finora non vi sono più tornato. E spero anche di non essere mai più costretto a ritornarci. Il lavoro nei cinema aveva paralizzato le mie forze creative. Non potevo più assolutamente comporre, e solo in seguito, una volta abbandonato definitivamente il cinema, potei portare avanti il mio lavoro. (...) »
In un altro articolo scritto nel 1956, a 50 anni, Shostakovic ritorna brevemente su quell’esperienza ormai lontana: «(...) Dopo aver terminato nel 1923 lo studio del pianoforte al Conservatorio, dovetti lavorare per qualche tempo (circa due anni) come pianista accompagnatore di film muti. Era un lavoro spossante, anche se non del tutto inutile, in cui bisognava improvvisare molto in conformità degli avvenimenti che scorrevano sullo schermo. (...)»
Shostakovic compose musica da film per tutta la sua vita: perché gli piaceva farlo e anche per altri motivi ben immaginabili, comprese le necessità economiche. Non era facile vivere sotto Stalin. Shostakovic si vide portar via quasi sotto ai suoi occhi alcuni amici e collaboratori dei suoi inizi, come Mejerchold, il regista teatrale che aveva allestito le opere di Majakovskij con musiche da lui composte. Per tutta la sua vita Shostakovic fu tenuto in bilico tra l’attività regolare e il gulag; Stalin “giocò” molto con lui così come fece con lo scrittore Bulgakov, ma anche in epoche successive alla morte del dittatore Shostakovic si vide censurare inspiegabilmente molti lavori: che pericolo ci può essere in un Concerto per violino o in Quartetto d’archi? Eppure così andavano le cose, nei regimi totalitari...
I film per i quali Shostakovic compose musica non sono mai arrivati da noi, e non mi sembra che ci siano dei capolavori; però la musica di Shostakovic è reperibile in un buon negozio di dischi, ed è sempre di altissimo livello. I registi con i quali collaborò, come da lui stesso elencati nell’articolo del 1956, sono: Grigorij Kozincev, Leonid Trauberg, Aleksandr Dovcenko, Friedrich Ermler, Sergej Jurkevic, Sergej Gerassimov, Leo Arnshtam, Michail Kalatozov, Michail Ciaureli, Aleksandr Feinzimmer.
Però l’ultimo film di Kubrick, “Eyes wide shut”, si apre proprio con una musica di Shostakovic: un valzer dalle “Suites per orchestra jazz”. Ormai è diventato famoso, e lo si ascolta un po’ dappertutto: Kubrick sapeva scegliersi bene le musiche per i suoi film.
Shostakovic: La voce di Chaplin
LA FORZA DEL SORRISO E DELLE LACRIME (1959)
L'arte - la grande Arte (con la lettera maiuscola) - e la più sottile umanità, senza la quale nulla è possibile, danno gioia a grandi e piccoli uomini. E Chaplin ha offerto tutto ciò ormai a diverse generazioni. Accade di frequente, avvicinando le grandi opere d'arte, che vi si scorgano ogni volta nuove bellezze di cui non ci eravamo accorti in precedenza. Così vediamo anche i film di Chaplin in maniera sempre nuova. Ogni generazione ne gode a modo proprio. Così, in occasione del settantesimo compleanno di Chaplin, i bambini delle scuole elementari di Mosca riempirono i cinema di chiassose risate, vedendo vecchie pellicole di Chaplin del genere "avventuroso", e si asciugarono di nascosto gli occhi e il naso, prendendo le parti del piccolo monello e del suo protettore. Anche gli anziani risero e si commossero e, quando si conobbero i successivi lavori di Chaplin, seppero apprezzare come spettatori Luci della città, Tempi moderni e altre creazioni del grande artista. Nella sua opera non scorgiamo mai parti deboli, tanto essa ci affascina, tanto profondamente siamo stimolati dall'arte di Chaplin.
Il contenuto di quest'arte - la somma umanità e l'amore per l'uomo - è l'unica base degna per ogni ramo dell'arte. Chaplin si volge sempre a idee nobili, e questa è la sua via certa per raggiungere il cuore degli uomini. Chaplin ha scalato le vette dell'arte, manifestando non solo il suo amore per l'uomo, ma anche il suo odio per quelli che opprimono altri uomini.
Non tutti gli spettatori si rendono conto di quanto sia complesso il magistero di Chaplin, di quanto sia grande la sua efficacia. È nel contempo un emblema della grande arte, la cui morale, anche se non la si percepisce immediatamente, è sempre indissolubile da essa. Chaplin rende gli uomini migliori, educa, forma e insegna. E questa sua capacità di moralizzazione. nel senso migliore e più alto del termine, non ha confronti. Non tutti gli spettatori si rendono conto che, oltre a vedere e amare l'attore Chaplin sullo schermo, devono amare in lui l'autore di copioni, il regista e il compositore, giacché nella persona di Chaplin si riunisce un complesso di funzioni che in genere sono praticate da un gruppo di specialisti con precise conoscenze e capacità. A volte sembra che la versatilità delle doti chapliniane non abbia fine. Con la nascita del film sonoro "tacque" per qualche tempo. Nell'unire suoni ai film, non inserì dialoghi; fece risuonare la musica, non la lingua parlata. Allora, mentre la produzione cinematografica aveva già fatto cattivo uso del sonoro e mentre si lasciava trasportare dalle nuove possibilità fino all'eccesso e al cattivo gusto, non avevamo ancora udito la voce di Chaplin. Se fra i suoi spettatori vi fossero stati nemici, essi avrebbero anche potuto sospettare un difetto nel grande artista: aveva forse una brutta voce?
L'ho ascoltato nel Grande dittatore e, prescindendo dal fatto che non mi era mai venuta in mente un'idea del genere, rimasi sorpreso per la pienezza del suono, per la bellezza e per la potenza di tale voce. Anche in questo campo sarà eterno. E sarebbe difficile dire, a proposito, se nel suo essere artistico sia più significativo l'aspetto visivo ovvero la voce. Questa fu un'altra gioia che Chaplin regalò ai suoi spettatori. Così come non possiamo scindere tra loro tutti gli aspetti del suo talento creativo, non possiamo analogamente staccare dalla produzione artistica di Chaplin la sua efficacia di "pompiere per la pace" - per parafrasarlo - in contrasto con gli "incendiari della guerra". Non vogliamo proseguire, in quanto è già sufficiente ciò che egli ha detto di se stesso. Per tutta la sua vita Chaplin si è opposto alle forze oscure, poiché egli ritiene che la buona volontà e l'amore per l'uomo otterranno la vittoria sull'ignoranza e la cattiveria. Egli diffonde il suo credo con il motto "la forza del sorriso e delle lacrime contro l'odio e il terrore". A Chaplin è stato offerto il Premio Internazionale per la Pace ed egli ha risposto a ciò con un nuovo richiamo a tutte le nazioni, poiché uniscano le loro forze per poter rifiorire. In occasione del settantesimo compleanno di Charles Chaplin gli vogliamo augurare di cuore ogni felicità e molti altri anni ancora di splendida attività.

(dal volume "Shostakovich" di Franco Pulcini, ed. EDT Musica)

5 commenti:

Giuliano ha detto...

Con questo post, considero finito il lavoro che avevo iniziato: cioè di rendere disponibili i miei appunti sul cinema, che riguardano soprattutto i film che mi avevamo mosso più curiosità, che mi avevano aperto orizzonti, sui quali mi ero fatto più domande, queste cose qui: è stato questo il criterio di scelta.
Arrivato a questo punto, ho messo tutti i film di Andrej Tarkovskij, e questo è già un punto d'arrivo; molti film mancano ancora all'appello (per esempio il Casanova di Fellini) e quindi il blog non si ferma qui, ma proseguirà con ritmi diversi.
Per il momento, per qualche giorno, Dimitri Sciostakovic occuperò la mia prima pagina: direi che è un'ottima scelta, e sono triste per chi ancora non conosce la sua musica.

Maria Candida Ghidini ha detto...

Caro Giuliano, Che lavoraccio. Devo ancora vedere o rivedere un sacco di film per godermi i tuoi post come si deve. Grazie anche per Šostakovič la cui musica è stata la colonna sonora non solo di molti film. Insuperabile quella di Amleto di Kozyncev (per cui lui aveva già lavorato in teatro). E' stato la colonna sonora di un'epoca intera, della possibilità umana di resistenza nelle condizioni più disperate, l'assedio di Leningrado, per esempio. E' stato la testimonianza della forza della libertà in una delle società più repressive che la storia recente abbia conosciuto. E' stato un faro per il suo popolo che ha saputo ascoltarlo. La forza luminosa dell'arte e della poesia che gli è stata compagna vicina, come vicina e sodale gli è stata Anna Achmatova. Io non conoscevo la biografia che citi tu. Ho da tempo promesso a me stessa invece di finire quella di Solomon Volkov pubblicata qualche anno fa da Garzanti.
Grazie di tutto e non smettere ti prego! Sei un pungolo necessario.

Giuliano ha detto...

Cara Candida, il libro di Volkov pare che sia pochissimo attendibile: lo dicono un po' tutti, a partire dalla vedova di Shostakovic (a proposito, ma dove li vai a prendere, i caratteri "scientifici"?)
:-)
La sintesi più o meno è questa: che Volkov ebbe solo una chiacchierata di poche ore con Shostakovic, senza registrare e senza prendere appunti. (sul libro di Volkov è basato "Testimony" di Tony Palmer, con Ben Kingsley protagonista).
Il libro di Franco Pulcini mi è piaciuto molto, perché dà veramente l'idea di cosa è stata l'URSS, e da questo punto di vista la vita di Shostakovic è esemplare.
Mi hanno molto impressionato soprattutto i primi capitoli: Shostakovic ventunenne che lavora con Mejerchold e con Majakovskij, e se li vede sparire tutti e due sotto gli occhi. Da lì in avanti, penso che sia stata un'angoscia continua: e le foto di Shostakovic nel corso del tempo sono molto eloquenti.

Ho la registrazione tv del concerto di Abbado: il film di Kozincev proiettato con le musiche di Shostakovic eseguite al momento. Una volta la Rai era servizio pubblico (pochi anni fa, meno di dieci).

Maria Candida Ghidini ha detto...

Allora appena mi sbarazzo di certe incombenze leggerò Pulcini. Di Volkov avevo sentito, ma siccome mi era piaciuta la sua conversazione con Brodskij non avevo dato importanza. E il libro di Elizabeth Wilson lo conosci? Lei, allieva di Rostropovič, è una persona seria. Vive a Pinerolo tra l'altro. L'anno scorso ha partecipato a una bella serie di trasmissioni su Šostakovič di Rai 3 (si possono risentire online). Non sapevo di quel concerto di Abbado alla tv, c'è davvero da essere nostalgici.
Invece, per le pipette... ci sarebbero tanti modi (tipo creare delle macro da "simboli" in word), io però ho openoffice (allora dovrei creare le macro da "caratteri speciali" nel menu Inserisc)i.
Io trovo però comodo un altro metodo un po' rozzo. Mi istallo nella tastiera anche quella croata e così mi ritrovo senza problemi con tanti caratteri utili. Basta un control shift o control alt (oppure control spazio se mac) cambio tastiera e sul tasto ò mi trovo č, su è с'è š, su ù invece ž. Così faccio in fretta.

Giuliano ha detto...

Non sono così esperto!
:-)
Di biografie di musicisti ho letto bene solo quelle di Monteverdi e di Shostakovic, tutte e due esemplari anche del loro mondo.
E poi un tempo la televisione svizzera trasmetteva dei bei documentari, credo che girino ancora su Arte.(oggi la tv svizzera è quasi completamente berlusconizzata, ahinoi: qualcosa resiste ancora, ma i dirigenti bravi ormai sono stati tutti pensionati) (ormai vale anche lì la legge che dopo due minuti il telespettatore fugge, per cui non si possono fare discorsi complessi, come se fossimo tutti bambini di tre anni).