martedì 29 giugno 2010

Le soulier de satin ( II )

Le soulier de satin (La scarpina di raso, 1985) . Regia di Manoel de Oliveira. Testo di Paul Claudel, Adattamento di Manoel de Oliveira. Prodotto da Paulo Branco. Fotografia di Elso Roque. Costumi di Jasmin de Matos. Musiche originali di João Paes, con arrangiamenti e citazioni da “La folie d’Espagne” e dal “Don Carlos di Giuseppe Verdi (arie di Filippo II e della Contessa Eboli). Durata: 410 minuti ( sei ore e cinquanta minuti)
INTERPRETI: Jean-Luc Buquet (Le présentateur) Luís Miguel Cintra (Don Rodrigue), Patricia Barzyk (Dona Prouhèze) Anne Consigny (Marie des Sept-Épées) Anne Gautier (Dona Musique) Bernard Alane (Le vice-roi de Naples) Jean-Pierre Bernard (Don Camille) Marie-Christine Barrault (La lune) Isabelle Weingarten (L'Ange Gardien) Henri Serre (Le premier roi) Jean-Yves Berteloot (Le deuxième roi) Catherine Jarret (La premier actrice) Anny Romand (La deuxième actrice) Bérangère Jean (La bouchère) Franck Oger (Don Pélage) Jean Badin (Don Balthazar) Denise Gence (Le chemin de Saint-Jacques) Maria Barroso (La voix des saints) Odette Barrois (Dona Honoria) Madeleine Marion (La religieuse) Roland Monod (Le frère Léon) Rosette (La Camériste) Manuela de Freitas (Dona Isabel) Yann Roussel (Le Chinois) Claude Merlin (Diégo Rodriguez) Yves Llobregat (L'Irrépressible) Jean-Luc Porraz (Don Gil) Pascal Jouan (L'archéologue) Marthe Moudiki-Moreau (La Négresse Jabarbara) Francis Frappat (Mangiacavallo) Takashi Kawahara (Le Japonais Daibutsu) Paulo Rocha (Premier prêtre) Jorge Silva Melo (Deuxième prêtre) Diogo Dória (Almagro) Jacques Le Carpentier (Don Ramire) Catherine Georges (La Logeuse) Pierre Decazes (Don Léopol August) Patrick Osmond (Don Fernand) Didier Lesour (Le secrétaire) Bernard Métreaux (Le capitaine) Christophe Allwright (Un seigneur) Frédéric Youx (Un seigneur) Filipe Ferrer (Le chapelain) Daniel Briquet, Luís Lucas , Fernando Oliveira , Melim Teixeira (Banderantes), Jasmim de Matos (Le tailleur de Cadix) Alain Ganas, Paul Pavel, Dominique Ratonnat, João Botelho (Seigneurs chez le tailleur) Jean Dolande (Le sergent napolitain) Bernard Ristroph (L'annoncier) Olivier Achard (L'Alférès) Michel Caccia (Envoyé du Roi) Patrick Valverde (Capitaine de Diégo Rodriguez) Michel Roubaix (Don Alcindas) Olivier Rabourdin (Un pêcheur) Stéphane May (Bogotillos) Olivier Dayan (Alcochette) Carlos Wallenstein (Professeur Hinnulus) Jacques Parsi (Professeur Bidince) Jean-Claude Broche (Un soldat) Rémy Darcy (Le Chambellan) Raymond Meunier, Bernard Montini, Claude-Bernard Perot, Christian Kursner , Christian Baltauss , Bernard Tixier , José Capela , José Manuel Mendes , Pedro Queiroz (Ministres) Duarte de Almeida , Jean-Pierre Tailhade, Alexandre de Sousa (Courtisans) Rogério Vieira, Antonio Caldeira Pires , Marques D'Arede (Soldats) Manuel Cintra , José Wallenstein , Nuno Carinhas (Sentinelles) Virgílio Castelo, Alexandre Melo, Rogério Samora (Officiers) Miguel Azguime (Tambour)

“Le soulier de satin” è un film molto lungo, in costume, con lunghi monologhi, che richiede pazienza anche perché la storia del Portogallo (le grandi scoperte, l’epopea dell’America e dell’Africa, il re don Sebastiano, i Lusiadi di Camoes) è magnifica ma non è che in Italia la si conosca poi tanto. Ma io con questo film, trasmesso tanti anni da Raitre, ho imparato chi era Oliveira, e da allora non mi sono più perso un suo film; o almeno, ho cercato di farlo perché questo benedett’uomo ha passato i cent’anni e continua implacabile a fare un film all’anno. Manoel de Oliveira copre tutto il percorso del cinema: inizia poco dopo la Grande Guerra, ed è ancora qui con noi. E davanti a prodigi, ad apparizioni meravigliose e rarissime come questo film, io mi metto in ascolto, mi preparo come se fossi in teatro, non tossisco, e so già che ciò che non capisco è il più interessante, e che quello che mi sembra una perdita di tempo in realtà non lo è mai, quando ho a che fare con Manoel de Oliveira o con un altro dei grandi maestri del presente o del passato.

Il titolo si spiega così: la protagonista consegna ad una statua della Madonna la sua scarpina di raso, chiedendole protezione. Queste sono le parole che le fa dire Paul Claudel, e che Oliveira riporta fedelmente: «... Allora, mentre è ancora tempo, tenendo il mio cuore in una mano e la mia scarpina nell'altra, mi rimetto a Voi! Vergine madre, vi do la mia scarpina! Vergine madre custodite nella vostra mano il mio sventurato piede! Vi prevengo che quanto prima non vi vedrò più e che sto per fare tutto contro di voi! Ma quando tenterò di lanciarmi verso il male, sia con un piede zoppo! e quando vorrò sorvolare la barriera che avete posta, sia con un'ala tarpata! »
Questa giovane donna è sposata ad un uomo più anziano di lei, che non ama ma che rispetta molto; il suo vero innamorato è in giro per il mondo (il mondo nuovo, appena scoperto o ancora da scoprire) e i due non si incontreranno più, se non nel momento topico del dramma, la grande scena in cui si è chiamati a scegliere e a decidere.

So pochissimo di Paul Claudel, e forse non ne avrei nemmeno memorizzato il nome se non avessi incontrato il film di Manoel de Oliveira. Mi sono informato e ho scoperto che è uno scrittore cattolico francese, e che il messaggio che ci ha voluto lasciare con la sua opera (molto vasta) è simile a quello di Alessandro Manzoni: l’opera della Provvidenza nella nostra vita, e i suoi percorsi.
Cercando informazioni su internet ho scoperto che “La scarpina di raso” fa parte di una trilogia con cui Claudel “inizia l'indagine per comprendere i mezzi misteriosi di cui si serve Dio per ricondurre tutte le cose ai suoi disegni”.


Confesso subito qui, che nonostante il film mi sia piaciuto moltissimo, il mio interesse personale per Claudel è sempre stato scarso. Insomma, non so dire molto di più di quando incontrai questi personaggi per la prima volta; ma nel film ci sono cose sorprendenti, che non ci si aspetterebbe di incontrare data l’impostazione iniziale. Incontriamo il Portogallo e l’Africa, Mogador, le Americhe, Praga, la Sicilia, il Giappone; tra i personaggi ci sono un giapponese e un cinese, la Luna, l’Oceano, e un’africana bellissima, nuda e ammaliante, nera come la notte, dalla pelle rilucente alla luce lunare.
Il film me lo lascio scorrere davanti, la storia in sè non mi dice molto ma i versi sono come musica, la recitazione è superlativa, l’allestimento meravigliosamente bello, sembra di essere in teatro e mi lascio cullare dalle voci e dai volti. Una volta accertato il mio disinteresse per Claudel (per il quale mi scuso con gli eventuali appassionati di questo autore, lo confesso come mia colpa), ho ascoltato tutto ma non ho mai avuto voglia di cercarne altro, quindi non so dire quanto l’allestimento sia fedele al testo e quanto vi sia d’invenzione di Oliveira; il risultato è comunque grande e meraviglioso, diverso da qualsiasi altra cosa, ed estremamente raro da vedere. Oliveira è davvero riuscito nell’impresa di fondere insieme cinema e teatro, impresa dove hanno fallito tantissimi altri (quasi tutti).

Metto qui di seguito, anche per scusarmi, qualche nota informativa su Paul Claudel, presa da wikipedia e da altre fonti in rete:
« Paul Claudel (Villeneuve-sur-Fère, 6 agosto 1868 - Parigi, 23 febbraio 1955) è stato un poeta, drammaturgo e diplomatico francese; una delle sue sorelle è la scultrice Camille Claudel. Durante la sua giovinezza a Parigi perde la fede ed entra in contatto con il positivismo imperante nella società dell'epoca, che però rifiuta decisamente preferendo il movimento anarchico. Contemporaneamente si interessa alla letteratura privilegiando, fra gli altri, Shakespeare, Dante, Dostoevskij, e tra i contemporanei Zola, Hugo e Ernest Renan. Conosce Mallarmé e partecipa ai suoi martedì, incontrando anche Verlaine e rimanendo affascinato dalla lettura di Rimbaud, cui rimarrà sempre legato. Durante questo periodo vive un travaglio interiore che lo porta alla conversione al cattolicesimo nel 1886. Tale avvenimento, secondo il racconto dello stesso Claudel, avviene a Notre-Dame de Paris, ascoltando il Magnificat durante la Messa di Natale. La sua vena artistica, pur se molto discontinua, si sviluppa da questo momento in poi con temi profondamente cristiani.

Quanto alla vita professionale, dopo aver svolto studi nel campo del diritto, lavora per il Ministero degli Esteri e intraprende la carriera diplomatica. Nel 1893 è console negli Stati Uniti, suo primo incarico all'estero. Da allora soggiorna in moltissimi paesi: Cina e Giappone (paesi dai quali rimane profondamente colpito), Germania, Italia, Brasile. Ritorna ancora una volta negli Stati Uniti nel 1927, come ambasciatore. L'ultimo suo incarico è a Bruxelles. Nel 1935 si congeda dal lavoro. La sua movimentata carriera non gli impedisce di avere una famiglia: nel 1906 sposa con Regina Perrin dalla quale ha molti figli. Una sua nipote, Dominique, fu fidanzata di Vittorio Emanuele di Savoia.
Nell'arco della sua vita si occupa di molti campi del sapere, pubblicando scritti anche di politica, scienza, letteratura ed arte. Nel 1946 viene eletto accademico di Francia. Muore nel 1955, all'apice del successo, a causa di una crisi cardiaca. Il suo epitaffio, scritto da lui stesso, recita semplicemente "Qui riposano i resti e la semenza di Paul Claudel".
Scrisse varie opere poetiche e teatrali, ma il lavoro cui dedicò tutta la vita fu “L'annuncio a Maria”, un dramma di cui presentò innumerevoli stesure fra il 1892 e il 1948. La vicenda è quella della giovane Violaine, della sua famiglia e dei suoi affetti, a partire dal momento in cui il padre Anna Vercors parte in pellegrinaggio per la Terra Santa. L'opera tratta in modo molto profondo di amore, di fede, e del ruolo delle vicende umane in rapporto alla totalità di ciò che esiste.
Negli anni della prima guerra mondiale le sue raccolte poetiche intitolate “Poèmes de guerre” e “Corona benignitatis Anni Dei” precisarono in modo chiaro la chiave espressiva di Claudel, ossia il versetto equidistante sia dalle libertà del verso libero sia dalle regole classiche, ma che seguiva il ritmo e gli elementi psicologici. Della sua numerosa produzione artistica, vanno citati inoltre anche “La scarpina di raso” (1925) per la drammaturgia e “Cinque grandi odi” (1901-1905) per la poesia.

Se le sue liriche sono state anche criticate per l'oscurità simbolista, per la sicurezza dogmatica religiosa, la sua opera, complessivamente resta pur sempre suggestiva. Il suo lavoro viene focalizzato intorno a due punti di riferimento ben precisi: Dio e l'uomo peccatore o santo. Con uno stile talvolta sfiorante l'oratoria, Claudel approfondisce il rapporto tra il divino ed il mondo arrivando alla conclusione di un necessario atto di accettazione e di rispetto nei confronti di Dio.»

Ma di tutto questo mi è difficile trovare traccia nel film di Manoel de Oliveira, e la mia impressione è che si possa parlarne come di opera del tutto autonoma; anche se, al di là della bellezza delle immagini e della bravura degli attori, la magia e la musica dei versi francesi rimangono nelle orecchie e nella mente per molto tempo, e questo penso che sia tutto merito di Paul Claudel.

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