Le soulier de satin (1985) . Regia di Manoel de Oliveira. Testo di Paul Claudel, Adattamento di Manoel de Oliveira. Prodotto da Paulo Branco. Fotografia di Elso Roque. Costumi di Jasmin de Matos. Musiche originali di João Paes, con arrangiamenti e citazioni da “La folie d’Espagne” e dal “Don Carlos di Giuseppe Verdi (arie di Filippo II e della Contessa Eboli). Durata: 410 minuti ( sei ore e cinquanta minuti)
INTERPRETI: Jean-Luc Buquet (Le présentateur) Luís Miguel Cintra (Don Rodrigue), Patricia Barzyk (Dona Prouhèze) Anne Consigny (Marie des Sept-Épées) Anne Gautier (Dona Musique) Bernard Alane (Le vice-roi de Naples) Jean-Pierre Bernard (Don Camille) Marie-Christine Barrault (La lune) Isabelle Weingarten (L'Ange Gardien) Henri Serre (Le premier roi) Jean-Yves Berteloot (Le deuxième roi) Catherine Jarret (La premier actrice) Anny Romand (La deuxième actrice) Bérangère Jean (La bouchère) Franck Oger (Don Pélage) Jean Badin (Don Balthazar) Denise Gence (Le chemin de Saint-Jacques) Maria Barroso (La voix des saints) Odette Barrois (Dona Honoria) Madeleine Marion (La religieuse) Roland Monod (Le frère Léon) Rosette (La Camériste) Manuela de Freitas (Dona Isabel) Yann Roussel (Le Chinois) Claude Merlin (Diégo Rodriguez) Yves Llobregat (L'Irrépressible) Jean-Luc Porraz (Don Gil) Pascal Jouan (L'archéologue) Marthe Moudiki-Moreau (La Négresse Jabarbara) Francis Frappat (Mangiacavallo) Takashi Kawahara (Le Japonais Daibutsu) Paulo Rocha (Premier prêtre) Jorge Silva Melo (Deuxième prêtre) Diogo Dória (Almagro) Jacques Le Carpentier (Don Ramire) Catherine Georges (La Logeuse) Pierre Decazes (Don Léopol August) Patrick Osmond (Don Fernand) Didier Lesour (Le secrétaire) Bernard Métreaux (Le capitaine) Christophe Allwright (Un seigneur) Frédéric Youx (Un seigneur) Filipe Ferrer (Le chapelain) Daniel Briquet, Luís Lucas , Fernando Oliveira , Melim Teixeira (Banderantes), Jasmim de Matos (Le tailleur de Cadix) Alain Ganas, Paul Pavel, Dominique Ratonnat, João Botelho (Seigneurs chez le tailleur) Jean Dolande (Le sergent napolitain) Bernard Ristroph (L'annoncier) Olivier Achard (L'Alférès) Michel Caccia (Envoyé du Roi) Patrick Valverde (Capitaine de Diégo Rodriguez) Michel Roubaix (Don Alcindas) Olivier Rabourdin (Un pêcheur) Stéphane May (Bogotillos) Olivier Dayan (Alcochette) Carlos Wallenstein (Professeur Hinnulus) Jacques Parsi (Professeur Bidince) Jean-Claude Broche (Un soldat) Rémy Darcy (Le Chambellan) Raymond Meunier, Bernard Montini, Claude-Bernard Perot, Christian Kursner , Christian Baltauss , Bernard Tixier , José Capela , José Manuel Mendes , Pedro Queiroz (Ministres) Duarte de Almeida , Jean-Pierre Tailhade, Alexandre de Sousa (Courtisans) Rogério Vieira, Antonio Caldeira Pires , Marques D'Arede (Soldats) Manuel Cintra , José Wallenstein , Nuno Carinhas (Sentinelles) Virgílio Castelo, Alexandre Melo, Rogério Samora (Officiers) Miguel Azguime (Tambour)
« Ascoltate bene, non tossite, e cercate di capire un po’. Ciò che non capite è il più bello. Ciò che è più lungo è il più interessante, e ciò che non troverete divertente è il più arguto.»
(da Le soulier de satin, regia di Manoel de Oliveira, tratto da Paul Claudel)Non so niente di Paul Claudel. Avevo cercato di leggermi qualcosa di suo dopo aver visto il film, ma senza grandi risultati: anzi, a dire il vero, ho abbandonato subito la lettura di “La scarpina di raso” e da allora non l’ho più ripreso in mano. Perché la magia di questo film non sta tanto nel soggetto (la scoperta dell’America, l’esplorazione dell’Africa, il Portogallo tra il ‘500 e il ‘600, l’Invincibile Armada, la storia di Don Sebastiano e la conquista del Brasile raccontate attraverso la vicenda dei due amanti che non s’incontrano mai), ma sta nella magia del Teatro.
E’ dal Teatro che parte Manoel de Oliveira, dall’atrio, in maniera buffa: c’è un attore che funge da Prologo, avanza verso di noi, ci dice qualche parola, fa suonare le trombe fuori scena; e subito dopo le porte della platea si aprono e gli spettatori entrano in sala. E’ una scena realizzata in un modo semplice e perfetto, molto divertita ma serissima, che dà grande emozione a chi sa cos’è il Teatro, anche solo da spettatore.
Subito dopo, la narrazione comincia; e, come nell’Enrico V di Laurence Olivier, è un continuo passare dal palcoscenico al film, senza soluzione di continuità, quasi in maniera magica: in mare, su una zattera alla deriva, un uomo che forse è un gesuita. E’ legato, ha le vesti stracciate: qualcuno lo ha abbandonato così; prega e declama il suo monologo confidando nella salvezza: siamo ancora nel teatro, ma noi lo vediamo proiettato su uno schermo collocato sul palcoscenico. Ed è solo un istante, perché con grande perizia Oliveira ci porta subito nel mare, naufraghi anche noi su quella stessa zattera, rapiti dalla magia del teatro. Così accadeva anche con gli spettacoli di Strehler (“La tempesta” di Shakespeare), così accade da millenni con tutti i grandi narratori.
Poi la storia comincia a snodarsi, e si arriva dopo un’ora e mezza (volate via nell’incanto) a trovarsi di fronte un buffo personaggio, che viene verso di noi arrivando dalle quinte; con lui c’è un suonatore di tamburo. Ecco quello che dice.
« Teatro! cinema, teatro, cinema...Teatro! cinema, teatro, cinema... E’ la stessa cosa! (pausa; si guarda in giro; sorride verso di noi) Avrei dovuto aspettare, ma non potevo più ammuffire in questo camerino: non sono fatto per essere tenuto fermo così facilmente, sfuggo come il gas, e come il gas scoppio in mezzo alla commedia! (breve pausa)
Attenti, ci siamo: volo via sul mio cavallino magico! (esegue una breve danza sotto gli occhi sorpresi del Tamburo; poi torna in primo piano e guarda verso di noi) Ora siamo nella Sierra Quella-che-vi-pare, in mezzo a una delle famose foreste della Catalogna. (appare un fondale alle sue spalle; si volta) Un picco: il castello di don Rodrigo è lassù. (pausa; sguardo in macchina) E’ molto malandato, la ferita lo solletica. Credo che stia per crepare. Mi sbaglio! Guarirà, altrimenti la commedia sarebbe finita. (piccola pausa) Vi presento la madre di don Rodrigo. (La donna che la interpreta avanza dalle quinte, il nostro piccolo personaggio si spazientisce) « Restate dove siete! Aspettate che io vi venga a cercare, perdinci! Chi vi ha detto di venire? Uscite subito!»La donna torna nelle quinte, l’attore fa una smorfia di disappunto, poi continua.
« La madre di don Rodrigo, donna Qualche-cosa. (riprendendo il filo) Onoria, vi va? (sorride sornione) Ma perché è entrata...stavo per farvi il suo ritratto. E’ seccante quello che mi succede: è per questo che non sono pittore; i miei personaggi esistevano un tratto prima che io aprissi loro gli occhi! Guardate: adesso disegno donna Onoria.» (Approfitta del giubbotto di pelle di uno scenografo pittore e finge di disegnare un volto sulla sua schiena.) «Non avrò finito di farle gli orecchini che comincerà a farmi le boccacce, e si staccherà dalla schiena dell’assistente, come Margherita dal cranio di Giove. (pausa) Quando faccio un cane, non gli ho ancora finito il didietro che già comincia a muovere la coda e scappa via senza aspettare la testa. Infine: la vedrete voi stessi tra poco.»Un gesto, e le luci cambiano.
«Ora non è più il sole del mattino: è tardi, c’è il chiaro di luna. (ai macchinisti) Attenti lì sopra, fate scendere i soffietti! I proiettori del proscenio, lato giardino! (si volge ancora a noi) Vi chiedo il permesso di condurvi “Donna Prodezza” (pausa perplessa) Che nome! Le dà un’aria inverosimile. (piccola pausa) Donna Prodezza indossa il costume che le vedete da qualche giorno; le ore durano e i giorni sono fatti sparire; temo che i nervi di Madama si siano spezzati. Non che abbia la mente proprio alterata, ma ha subito un colpo. Si è “fissata”, le sue idee non si muovono più. L’ha visto il suo innamorato? Nient’affatto. Rodrigo è con sua madre, che lo cura. Li cura tutti e due! Divisi da spessi muri percorrono invano, per tentare di raggiungersi, le scale del delirio. (pausa) Vado a cercarli. (va nelle quinte; torna tenendo per mano la protagonista). Parlate, donna Prodezza. (incontro di donna Prodezza con la madre; poi l’omino torna a parlare guardando verso di noi)
« L’ora della prova è vicina. Basta che vi innalzi davanti una finestra, ed ecco la Spagna; la notte luminosa; a destra le pale d’un mulino (...) Tutto è a posto.»L’omino si allontana e non lo vedremo più; l’azione prosegue. Tutto scorre via magnificamente, il gioco della finzione e del teatro nel teatro (o del teatro nel cinema, o viceversa) è un grande piacere; i versi declamati da donna Prodezza invocando Rodrigo sono autentica musica (ascoltare per credere!), e sembra di essere in Corneille, L’illusion comique.
Per chi non fosse mai stato a teatro (ma il Teatro vero, quello magico di Giorgio Strehler e di Peter Brook, non quello dei microfonini e dei figli di papà) basterà aprire il libro con il “Sogno di una notte di mezza estate” e cercare i momenti in cui appaiono gli Attori, e quel che dicono: il Teatro nel ‘500 e nel ‘600 era proprio così, c’erano magari grandi magie scenografiche (già Leonardo inventava macchine teatrali e scenografie) ma gran parte della magia era affidata a noi, agli spettatori e ascoltatori; e qui veniva in primo piano la bravura degli attori e dei narratori. Nel teatro Globe di Shakespeare, a Londra, le scenografie erano quasi assenti: un cartello indicava una foresta, ed erano gli spettatori a doverla vedere; ma bastava e avanzava, quando gli attori erano Attori e il Pubblico aveva l’immaginazione e l’attenzione, e la voglia di stare al gioco.
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