mercoledì 16 giugno 2010

Bloomsday

Nello scrivere “Ulysses”, James Joyce adotta uno stile diverso per ogni capitolo. Non solo per la lingua inglese (da Shakespeare all’americano e all’inglese moderno), ma un capitolo è scritto in forma teatrale, un altro in forma di giornale, con tanto di titoli e occhielli; e per il famoso finale, con Molly Bloom oscillante tra sonno e veglia, Joyce si inventa la tecnica del monologo interiore, che avrà in seguito un’infinità di imitatori.
Nel decimo capitolo Joyce usa una tecnica che rimanda direttamente al cinema: i suoi personaggi si muovono per le strade di Dublino, seguendo percorsi opposti incontrano le stesse persone, che nel frattempo si sono mosse, osservano le stesse vetrine, si incrociano, discorrono, litigano, inciampano, tentano approcci amorosi. E’ quello che vediamo nei film, o per meglio dire è quello che ci capita ogni giorno quando camminiamo per strada.
Joyce è così grande che la lettura dà le vertigini, ma non direi che sia un capitolo particolarmente difficile; visto che non posso portarlo qui tutto, mi concentro su un dettaglio: l’apparizione degli uomini-sandwich, cinque uomini che fanno pubblicità a Hely’s (un grande magazzino, se non ricordo male), e ognuno di loro porta addosso un cartellone con una delle lettere che compone il nome dello sponsor. Camminano in fila, e così attirano l’attenzione dei passanti.
Una sagoma dalla schiena scura sotto l'arco dei mercanti scrutava libri sul banchetto di un rivenditore.
- Certo, signore. È in città?
- Oh, sì, disse Blazes Boylan. Dieci minuti.
La ragazza bionda gli porse un foglietto e la matita.
- Le spiace scrivere l'indirizzo, signore?
Blazes Boylan scrisse sopra il banco e spinse il foglietto verso di lei.
- Le mandi subito, mi raccomando, disse. È per un infermo.
- Sì, signore. Senz'altro, signore.
Blazes Boylan fece ballare allegre monete nella tasca dei pantaloni.
- E quanto ci rimetto? chiese.
Le dita esili della ragazza bionda contarono i frutti.
Blazes Boylan guardò dentro lo spacco della camicetta. Una pollastrella. Levò un garofano rosso dal portafiori alto.
- È per me? chiese con aria galante.
La ragazza bionda lo guardò di traverso, roba costosa addosso, la cravatta un po' storta, arrossendo.
- Sì, signore, disse.
Chinandosi sorniona seguitò a contare le grosse pere e pesche arrossite. Blazes Boylan guardò con maggiore compiacenza dentro la camicetta, il gambo del fiore rosso tra i denti sorridenti.
- Posso dire due parole al suo telefono, signorinetta? chiese in tono malizioso.
La ragazza bionda nel negozio di Thornton copriva il fondo del paniere di vimini con fibre fruscianti. Blazes Boylan le porse la bottiglia rinvoltata in carta velina rosa e un vasetto.
- Ci metta prima questi, per piacere, disse.
- Sì, signore, disse la ragazza bionda, e sopra le frutta.
- Ottimamente, e il gioco è fatto, disse Blazes Boylan.
Dispose in ordine le pere belle grosse, testa contro coda, e in mezzo alcune pesche mature e pudiche. Blazes Boylan passeggiava su e giù per la bottega odorosa di frutta con le scarpe gialle nuove, prendendo in mano i frutti, i giovani pomodori rossi succosi rugosi e tondi, annusando gli aromi. H.E.L.Y.'S. sfilarono davanti a lui, con le tube bianche, oltre il vicolo Tangier, strascicando i piedi verso la loro meta.
Si volse a un tratto da un panierino di fragole, tirò fuori dal taschino un orologio d'oro e lo allontanò da sé per tutta la lunghezza della catena.
- Lo può mandare col tram? subito?
(...)
Miss Dunne nascose in fondo al suo cassetto la copia della Dama Bianca, presa alla biblioteca circolante di Capel street, e arrotolò un foglio di sgargiante carta da lettere nella macchina da scrivere. Ci sono dentro troppi enigmi polizieschi. Ma lui è innamorato di quella, Marion? Cambiarlo e prenderne un altro di Mary Cecil Haye.
Il disco scivolò giù per la scanalatura, vibrò un po', si fermò e fece loro l'occhiolino; sei.
Miss Dunne picchiettò sulla tastiera;
- 16 giugno 1904.
Cinque uomini-sandwich con la tuba bianca tra l'angolo di Monypenny e il pedistallo dove non c'era la statua di Wolfe Tone, girarono snodandosi H.E.L.Y.'S. e tornarono indietro strasciconi come erano venuti.
Poi guardò il gran cartellone di Marie Kendall, l'incantevole soubrette gingillandosi distrattamente, scribacchiò sul taccuino tanti sedici e esse maiuscoli. Capelli color senape e gote imbellettate. Non è carina, no? Guardate come si tien su il lembo della gonnella. Chissà se quel tale ci sarà stasera a sentir la musica. Se mi potessi far fare da quella sarta una sottana a fisarmonica come quella di Susy Nagle. Fanno la ruota. Shannon e tutti quei gagà dei canottieri non le hanno più levato gli occhi di dosso Speriamo bene che non mi tenga qui fino alle sette.
Il telefono le squillò brutalmente alle orecchie.
-Pronto. Sì, signore. No, signore. Sì, signore. Li chiamerò dopo le cinque.
(...)
Dalla vetrina del D.B.C. Buck Mulligan allegramente, e Haines gravemente, dettero un'occhiata al cocchio del viceré al di sopra delle spalle degli altri clienti entusiasmati, le cui sagome ammassate facevano ombra alla scacchiera che John Howard Parnell fissava intensamente. In Fownes's street Dilly Dedalus, alzando la testa dalla grammatica elementare francese di Chardenal sforzò gli occhi, e vide parasoli aperti e raggi di ruote che turbinavano nel bagliore. John Henry Menton, riempiendo di sé il vano della porta della Camera di Commercio, fissò con occhi di pesce morto pregni di vino, tenendo nella grossa mano sinistra un grosso orologio d'oro che lui non guardava e la mano non sentiva. Là dove la zampa anteriore del cavallo di Re Billy scalciava in aria Mrs Breen tirò indietro il marito frettoloso che già stava per rimanere travolto dagli zoccoli dei battistrada. Gli urlò all'orecchio di che si trattava. Avendo capito, egli spostò i tomi sulla mammella sinistra e salutò la seconda carrozza. L'onorevole Gerald Ward A. D. C., piacevolmente sorpreso, si affrettò a rispondere. All'angolo di Ponsonby un fiasco bianco stanco morto H. si fermò, e quattro fiaschi bianchi col tubino si fermarono dietro di lui, E.L.Y.'S., mentre i battistrada caracollavano oltre seguiti dalle carrozze. Di fronte al negozio di musica di Pigott, Mr Denis J. Maginni professore di ballo etc., dalle gaie vesti, camminava solennemente, sorpassato da un viceré e inosservato. Lungo il muro del Prevosto arrivò arzillo Blazes Boylan, scarpe gialle e calzini fantasia azzurro cielo, al ritmo di La mia ragazza è dello Yorkshire.
Blazes Boylan presentò al pettorale azzurro cielo e al passo baldanzoso dei cavalli di testa una cravatta azzurro cielo, una paglietta dalle tese larghe messa sulle ventitré e un vestito di sargia color indaco. Con le mani nella tasca della giacca dimenticò di salutare ma offrì alle tre signore la balda ammirazione dei suoi occhi e il fiore rosso tra le labbra. Scarrozzando giù per Nassau street Sua Eccellenza attirò l'attenzione della sua china consorte sul programma di musica che stavano eseguendo al College park. I fieri ragazzoni degli Highlands, invisibili, strombettavano e stambureggiavano dietro al corteo (...)
(James Joyce, Ulysses, capitolo 10; traduzione di Giulio de Angelis)

Il sedici giugno 1904, a Dublino, James Joyce ha il primo appuntamento con la ragazza che diventerà sua moglie, Nora Barnacle. E' anche lo stesso giorno nel quale Joyce ambienterà, trent'anni più tardi, il suo famoso "Ulisse". Al di là del piacere della lettura, a me piace pensare all'Ulisse come a un grande manuale di scrittura: Joyce era così bravo da poter scrivere in mille modi e in mille stili diversi, e l'Ulisse ne è la dimostrazione. Un genio eclettico, come Stravinskij e Picasso: e, come tutti gli eclettici, difficile da inquadrare per i pigri...
Comunque sia, per gli appassionati di Joyce e dell'Ulysses il 16 giugno si festeggia Bloomsday, cioè il giorno di Mr.Bloom, protagonista del romanzo insieme al giovane Stephen Dedalus.
PS: I fermo immagine vengono da “La folla” di King Vidor, anno 1920, dove ci sono due sequenze simili; la qualità è davvero scarsa e me ne dispiace molto, ma non ne ho altre a disposizione per queste scene. Nelle altre immagini, James Joyce alla chitarra e con Sylvia Beach, della libreria parigina “Shakespeare & Co.”.

4 commenti:

Marisa ha detto...

Buon anniversario, Mr.Bloom!
Come sai, io ho un rapporto molto ambivalente con Joiye e il suo "Ulisse".
Da una parte ne sono affascinata e non posso non riconoscerne la genialità, dall'altra ne sono irritata e continuo a perdermi tra i suoi tentacoli...Rimane comunque il fatto che nella storia della letteratura c'è un prima e un dopo Joyce.

Giuliano ha detto...

Per me Joyce significa tornare a quando andavo ancora a scuola e leggevo di tutto, i "libroni" non mi facevano nessuna paura.
Di Joyce amo moltissimo le poesie, molto belle e molto semplici (basta il mio inglese per leggerle, e ce ne sono anche in italiano); e l'unica cosa che proprio non ci sono riuscito è quello lì, il mostro, Jabberwocky, come si chiama: Finnegans Wake.

Marisa ha detto...

Non è la lunghezza che mi scoraggia. Ho letto due volte "Guerra e Pace", tutta la "Recherche" compreso "Il tempo ritrovato", tutto Shakespeare, persino tutto Plutarco ed Erodoto...
Con Joyce il problema riguarda la proliferazione quasi cancerosa, il susseguirsi pur nella diversità di stili dei vari capitoli (come hai messo in rilevo tu) di frasi come di pezzi di tenia che continuano a riprodursi e potrebbero andare avanti all'infinito...
Ma è un mio problema. Joyce rimane un Grande. Per il più modesto "Gente di Dublino" il discorso è diverso e l'ho goduto senza difficoltà.

Giuliano ha detto...

"Arabia" è un capolavoro, uno dei racconti più belli che mi sia mai capitato di leggere. In anni lontani ho cercato di riscriverlo, ma è uno stile riservato a pochissimi...