giovedì 4 agosto 2011

Woody Allen ( II )

La gente crede che io sia occupatissimo, ma non è vero. Fare un film è difficile, ma non fino a questo punto.
(Woody Allen, int. al cds 19.9.2001)
I cattivi hanno sicuramente capito qualcosa che i buoni ignorano.
Woody Allen citato da Panorama 14.4.1995 (Enzo Biagi?)
Cominciare da Ingmar Bergman e finire con “Prendi i soldi e scappa” è sempre stato il mio sogno cinematografico: intendo se avessi fatto il regista. Perché questo dovrebbe essere un punto d’arrivo, la conquista di una vita, il Grande Capolavoro Assoluto: e invece Woody Allen lo tira fuori come primo film, guarda un po’ che roba. E subito dopo s’inventa “Bananas”, “Il dormiglione”, la parodia di “Guerra e Pace”...
Devo confessare di non aver mai amato la svolta “seria” di Allen, i film come “Manhattan”, “Interiors” e tanti altri che ha girato in seguito. L’unico film di Allen all’altezza del suo primo grande successo è “Zelig”, che è un pezzo di bravura da vero virtuoso però ha un difetto: non fa ridere. E’ divertente, fa pensare ma non fa molto ridere, non come “Prendi i soldi e scappa”... Non è che io voglia sminuire Allen, di film belli ne ha fatti tanti ( “La rosa purpurea”, per esempio), ma la felicità dei suoi primi film è inarrivabile.
Alcune scene che prendo e mi porto via: i genitori del bandito cammuffati per non farsi riconoscere; il biglietto durante la rapina; la fuga in catene dai lavori forzati; la scena di quando Woody cerca di cantare per prendere il ritmo dello spaccapietre (ma gli va male); la pistola ricavata dalla saponetta; - ma mica posso scappare portandomi via tutto il film...
- Quale contributo ha portato la psicoanalisi al cinema?
- In passato il cinema agiva quasi esclusivamente nell’area della fisicità: penso ai film western, a Chaplin, a Keaton. Poi, la psicoanalisi si è imposta come fattore conoscitivo e improvvisamente la zona in cui si scatenano i conflitti è diventata psicologica. La gente si è resa conto che il comportamento degli indivisui è interessante sotto il profilo psicologico, che ci sono motivazioni inconsce che muovono i personaggi (...)
(Woody Allen, da L’Espresso 30 giugno 1995)
Ho fatto un corso di lettura veloce e ho letto Guerra e Pace in venti minuti. Parla della Russia.
(Woody Allen, citato su RCTV, 1995)
- Non so nulla del suicidio, io. Quand’ero piccolo, giù a Brooklyn, nessuno si suicidava: erano tutti troppo infelici.
(Woody Allen, in “Crimini e misfatti”)
Riferimenti a Midsummer night’s sex comedy di Woody Allen, che è un filmetto da poco ma gradevole, copiato da Bergman ma molto al di sotto del modello di partenza.
L’occasione perduta. Woody non baciò, allora, Mia Farrow; il medico baciò, invece, la moglie di Woody. Le occasioni perdute non si ripresentano, se si colgono cambiano il senso della vita. Se non si colgono, la tua vita prosegue grigia fino al giorno in cui non ne avrai abbastanza. B e C si erano conosciuti e amati senza poter approfondire. Poi, qualche anno dopo, si erano rivisti e si erano sposati; ma ora il matrimonio non funziona e C è felice di fare il bene di B lasciandola ad A, ed è convinto di fare del bene anche a se stesso. Ora bisogna rendere credibile il colpo di pistola. Bisogna cioè innestare una storia “nera” nella storia grigio-rosa? Probabile. (novembre 1987) Rivisto nel 1997: stessa impressione, e poi il paragone con il film di Bergman è pesantissimo.
“Settembre” di W.Allen è una confezione stupenda per un contenuto tutto sommato inutile. Ancora qui a raccontarci le storie di scrittori, fotografi, attrici e professori di lingue? L’argomento dovrebbe essere ormai esauritissimo almeno per i prossimi dieci anni. Ma Allen è talmente bravo che il film lo si vede volentieri lo stesso, e i suoi attori sono bravissimi anche loro, così che quasi quasi alla fine si crede all’illusione, e ci si convince veramente di essere a teatro com’era parso all’inizio. (marzo 1988)
“Prendi i soldi e scappa” e “Zelig” visti di seguito è una bella esperienza. Sono due film gemelli, e rimango sempre del parere che “Take the money and run” è il più bel film di Woody Allen. “Zelig” è un “Take the money” più raffinato e colto, un film d’autore che è per molti aspetti il remake del primo film di Allen.
Molti gli equivoci su Allen: all’inizio fu preso per un comico, poi per un epigono di Bergman. Il vero Allen è qui, “Take the money and run”, “Bananas”, “Il dormiglione”. In “Zelig” c’è tutto Woody Allen, al suo meglio: comico e tragico, rigoroso e sgangherato. Non è da tutti... (gennaio 1991)

“Alice” di Woody Allen non è male, ma mi è già uscito di mente. E’ il film dove un saggio cinese “droga” la mite e devota (cattolica) moglie di un ricco e superficiale William Hurt (un ruolo sgradevolissimo per un grande attore) e futura amante di un simpatico tizio ben educato e gentile interpretato ottimamente da Joe Mantegna (che somiglia un po’ a Di Pietro). Contorno di donnette pettegole che fanno da contraltare “newyorkese” ai “mostri” di Edward Scissorhands. Non un film inutile, ma di sicuro troppo fragile.
(ottobre 1993)

“Un’altra donna”, sempre di Woody Allen, è un film onesto e commovente, ma troppo freddo (gli stessi pregi e gli stessi difetti della protagonista, insomma). Questa storia dove tutti sono attori e registi, dove una scrittrice sente misteriosamente parlare da una grata per l’aria condizionata (stile blob) è un po’ troppo una copia carbone da Bergman. Gli attori sono tutti eccellenti, Gena Rowlands è bellissima e bravissima, Gene Hackman è in uno dei suoi ruoli migliori; la Farrow passerottino, incinta e in analisi freudiana, ha un ruolo un po’ marginale (si vede poco). Di memorabile però, a parer mio, c’è solo la scena al ristorante con l’amica che fa l’attrice e che rinfaccia improvvisamente a Marion (la Rowlands) un amore perduto anni prima. Una scena scritta molto bene e recitata splendidamente dai tre attori (c’era anche il marito dell’attrice gelosa).
(ottobre 1993)
“Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso”, eccetera, è una grossa delusione, un film un po’ pacchiano che rivaluta perfino Alvaro Vitali; forse è l’effetto dei trent’anni passati, ma è comicità greve e non c’è molto da ridere. All’altezza del miglior Allen c’è solo l’episodio finale, con gli spermatozoi che aspettano il loro momento, girato nello stile dei film di guerra con i parà.
Allen è bravo, ma alle volte si perde. (1997)

“Match point” mi sembra una ciofeca ben confezionata. Sarebbe un bel film se continuasse sul tono da commedia della prima parte, la svolta così forte e drammatica giunge inopportuna ed è poco adatta ai “characters” fin lì mostrati, e questo richiamo a Raskolnikov sembra appiccicato lì da un altro film. Peccato, perché non era male; Woody Allen è sempre un ottimo professionista. Quello che mi dà più fastidio è che abbini l’amore per l’opera soltanto al lusso e ai ricconi con autista, un luogo comune davvero stantìo. Il tenore che si ascolta è sempre Enrico Caruso, tranne qualche brano con cantanti scarsini a me ignoti; “Mia piccirella” non è una canzone napoletana ma un’aria dall’opera di Gomes “Salvator Rosa”. (gennaio 2008)
...”Harry a pezzi” (Deconstructing Henry), iniziato con un atto sessuale orale, termina con lo scrittore ammonito da un amico morto: “essere felice è essere vivo, lasciatelo dire da me”.
(Espresso 5 febbraio 1998, L.Torri sull’ultimo Woody Allen)
In “Harry a pezzi”, suo ventottesimo film, Woody Allen scende nell’inferno: nel quinto sottosuolo stanno rapinatori e critici letterari; nel sesto, estremisti di destra, serial killer, avvocati; nel settimo, i media; nell’ottavo, criminali di guerra evasi e telepredicatori; nell’ultimo tutti gli altri, incluso il padre del protagonista che, non potendo aspirare al Paradiso perché ebreo, finisce per andare al ristorante cinese.
(L’Espresso, 29 gennaio 1998, trafiletto non firmato) (Lietta Tornabuoni?)
- ...è un giallo comico, e uno dei cliché di questo tipo di film è che un personaggio ignaro viene risucchiato per una qualche ragione dentro una storia che non gli interessa, e per la quale non ha intenzione di perdere tempo. Ma poi si scopre che c’è sempre un motivo per cui ci si trova coinvolto. (...)
- In “Scoop” la rivediamo attore.
- Sì, ma sa, io, a differenza di Scarlett, ho una limitata gamma di ruoli. Posso interpretare l’intellettuale, il professore universitario, lo strizzacervelli, oppure un piccolo bookmaker. In “Scoop” sono un volgare prestigiatore d’avanspettacolo.
(Woody Allen, dal Venerdì di Repubblica, 29 settembre 2006)
Sarei di origini ebraiche, ma crescendo mi sono convertito al narcisismo.
(Woody Allen, da “Scoop”)

Nessun commento: