martedì 23 agosto 2011

I fratelli Coen ( IV )

Burn after reading
E’ molto divertente, i Coen sono i veri eredi di Hitchcock, maestro della commedia (per il tipo di umorismo molto particolare e decisamente macabro) e gli attori sono favolosi. Si tratta di un altro apologo sull’insensatezza del mondo e di quello che vi succede, e a questo punto sulla “filosofia” dei Coen dovrei cominciare a ragionare seriamente, si tratta di qualcosa tra il Macbeth e il Faust, un autentico classico a cui va aggiunta la mitologia di Brother where art thou. E qua e là affiora anche il Don Giovanni, of course, con la ribellione al destino e alla morale, l’idea di essere al di sopra di qualsiasi giudizio. Perfetto il meccanismo ad orologeria, qualche caduta di tono anche grave (il “regalo” preparato da Clooney si meritava un taglio del censore, per una volta sarebbe giunto a proposito), e da non sottovalutare l’inizio e la fine: dall’Universo ci si concentra prima sulla Terra, e poi su quel preciso punto, e alla fine c’è il percorso inverso, da quel preciso punto fino all’Universo: forse il Micromegas di Voltaire?
Doppiaggio italiano perfetto, attori eccellenti e molto divertiti, perfettamente a loro agio, come sempre nei Coen. John Malkovich è l’agente Cia che viene messo a riposo, Tilda Swinton è sua moglie e lo tradisce con Clooney, che è un agente del ministero degli interni; non mi sono segnato il nome della moglie di Clooney. Frances McDormand e Brad Pitt lavorano nella palestra per vip di Richard Jenkins, poi ci sono molti altri ottimi attori, e sono belle anche le musiche. Mi ha fatto molto piacere vedere la Swinton in abiti normali, femminili, dopo tanti ruoli “strani”; e la McDormand ha un fisico perfetto, molto tonica, braccia comprese, tostissima: quella che si vede all’inizio, con le braccia cascanti, è una controfigura...
(luglio 2011)
Brother where art thou
Da dove comincio? E’ un discorso complicatissimo, e capisco tutti quelli che sono rimasti perplessi (o peggio) ma questo film è destinato a diventare, per me, uno di quelli che continuerò a vedere e rivedere all’infinito, e che prima o poi si meriterà il trattamento “fotogramma per fotogramma” che ho riservato ai film di Fellini, di Tarkovskij, di Bertolucci, di Bergman...
Per il momento mi segno il ricorso costante alla mitologia, le ninfe dei fiumi e delle acque, le metamorfosi di Ovidio, John Goodman come Polifemo, l’Odissea e il ritorno a casa, ma anche Ulisse sporco e nudo in casa dei Feaci, la beffa al KKK, un’infinità di cose su cui dovrò mettermi a pensare, prima o poi. Che il film mi sia piaciuto o meno, è del tutto secondario.
(giugno 2011)
A questo dovrei tirare una conclusione: come definire i film dei fratelli Coen, favole morali? Le parole che ho usato di più nei loro riguardi sono state quelle riguardanti il manierismo, le vere lezioni di tecnica cinematografica, l’ livello tecnico e narrativo, e sugli attori che si divertono molto, tutti molto professionali, mai una sbavatura. Ecco, forse è questo che colpisce positivamente nei film dei Coen, nonostante le scene di violenza e gli argomenti spesso poco coinvolgenti (per me): che si tocca con mano l’allegria e il divertimento, la convinzione, di tutti quelli che hanno fatto il film. Sembra quasi una compagnia teatrale molto affiatata, molto spesso ci sono gli stessi attori, quasi che abbiano sempre lavorato insieme anche quando non facevano film: il che era naturale per Ingmar Bergman, che alternava cinema e teatro, per i Coen non saprei cosa dire e dovrei informarmi meglio. Ecco, forse per oggi la conclusione giusta è proprio questa: che per tirare una degna conclusione sui fratelli Coen dovrò incominciare ad informarmi un po’ meglio su di loro. Dubito però di trovare qualcosa di utile, sono così sfuggenti che è difficile trovare una critica sensata su di loro. Sembrano ombre nel bosco, una delle loro figure mitiche, magari quelle di “Fratello dove sei”: pensi di averli afferrati, e invece loro, spiriti e naiadi, sono già qualche metro più in là, nascosti dietro un albero, seduti su una pietra, e ridono. Ridono di me, e dei miei goffi tentativi di prenderli nel retino e metterli dentro una scatola.

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