venerdì 19 agosto 2011

Robert Bresson ( I )

Bresson è un regista che presenta enormi difficoltà, ma di grandissimo fascino. La parola che ricorre di più nei miei appunti è “capolavoro”: mi pare significativo. I film di Bresson che ho già portato nel blog sono: Au hasard, Balthazar (1966) Il diavolo, probabilmente (1977) Lancillotto e Ginevra (Lancelot du lac, 1974 )
I film di Bresson che ho visto :
Les dames du Bois de Boulogne (1945. M.Casares, E.Labourdette, L.Bogaert) ****
Diario di un curato di campagna (1951, C.Laydu, J.Riviere, A.Guibert) ****
Pickpocket (1959, M.Lassalle, M.Green, P.Laymerie) ****
Giovanna d’Arco (1960, F.Carrez, JC Fourneau, R.Honoret) ****
Au hasard, Balthazar (1966, A.Wiazemsky, F.Lafarge) ****
Mouchette (1967, Nadine Nortier, JC Guilbert) ****
Une femme douce (1968, D.Sanda, G.Frangin) ***
Quattro notti di un sognatore (1971, I.Weingarten, G.des Forets) ****
Il diavolo, probabilmente (1977, A.Mohnier, T.Irissari, H. de Maublanc) ****
Lancillotto e Ginevra (Lancelot du lac, 1974, L.Simon, H.Balsam )
L'argent (1982, C.Risterucci, C.Patey, C.Lang) ****
Les dames du Bois de Boulogne (1945)
E’ un Bresson del 1945, da un racconto di Diderot (tratto da Jacques le fataliste): una storia “spinta” che può sorprendere nel percorso di Bresson, ma è bene dubitare dei luoghi comuni e del resto Bresson, come Olmi, riserva sempre molte sorprese e non si tira indietro anche quando ci sono da affrontare discorsi molto espliciti. E’ un autentico capolavoro, anche se qui Bresson somiglia più ad Ophuls che a se stesso. Ma tutta la storia è trattata magnificamente, e la protagonista (Helene, Maria Casares), che per una vendetta d’amore si trasforma in deus ex machina, ha un fascino “nero” eccezionale. Molto ben scelte anche Agnes, la ballerina (Elina Labourdette) e la di lei madre. La prima volta che l’ho visto ho iniziato a vedere questo film dopo circa un quarto d’ora dall’inizio, proprio dalla danza in frac di Agnes, e ho capito subito che era il film di un grande maestro anche se non sapevo ancora di cosa si trattava. In seguito sono riuscito a registrarlo e a vederlo con calma. Tra gli attori, meno convincente il protagonista maschile, che necessitava di un po’ più di fascino per essere credibile come oggetto d’amore della “furia fredda” di Helene. Il titolo del distributore italiano è “Perfidia”. (dicembre 1999)
Diario di un curato di campagna
Curato di Torcy: Io mi chiedo che cosa avete nelle vene. Oggi voi siete dei giovani preti...ai miei tempi si tiravano su uomini di chiesa, capi parrocchia, dei maestri, ecco. Adesso i seminari ci mandano dei sacrestani, dei piccoli mocciosi che vredono di lavorare più degli altri perché non riescono a concludere nulla. Al primo ostacolo, col pretesto che il loro ministero li costringe all’umiltà, rinunciano a tutto.
Il giovane prete: Io non rinuncio a niente, ve l’assicuro!
Curato di Torcy: Avete l’idea di sterminare il demonio ed essere amati, amati per voi stessi, s’intende. Un vero prete non è mai amato, ricordatene, e la chiesa se ne infischia, ragazzo mio, che siate amati. Prima di tutto rispettati, e ubbiditi; e poi che mettiate ordine nelle cose, ognuno con la coscienza che l’indomani troverete di nuovo il disordine, perché questo è giustamente nell’ordine naturale delle cose, che la notte mandi all’aria il lavoro del giorno prima.
...
Prete: Non si mercanteggia con Dio! Ci si arrende a Lui, senza condizioni. Quello che posso dire soltanto è che non esiste un regno dei vivi e un regno dei morti, non c’è che il regno di Dio, e noi ne facciamo parte.
Contessa: Sapete che cosa mi dicevo un istante fa? Non dovrei dirvelo...ebbene, io mi dicevo: se esiste da qualche parte, in quetso mondo o nell’altro, un luogo dove Dio non sia e non operi, dovessi soffrire mille morti, ad ogni secondo, eternamente, vi porterei mio figlio e direi a Dio: saziati, schiacciaci! Vi sembra orribile, non è vero?
Prete: No.
Contessa: Come, no?
Prete: Perché anche a me, signora, accade talvolta. (...) Ma, vedete, se il nostro Dio fosse quello dei pagani o dei filosofi, potrebbe anche rifugiarsi nel più alto dei cieli, che la nostra miseria lo precipiterebbe. Ma voi sapere che il nostro Dio è disceso fra noi: voi potete mostrargli i pugni, sputargli in faccia, batterlo con le verghe, e finalmente inchiodarlo ad una Croce. Che importa...è già stato fatto.
...
Curato di Torcy: La gente non odia la vostra semplicità, se ne difende. E’ come una specie di fuoco che brucia.
...
Prete: Avevo veduto senza saperlo sulla sua fronte (della contessa) il riflesso della pace dei morti...Si pagano, queste cose.
...
Prete: Che importa...Tutto è grazia.
(dialoghi da “Diario di un curato di campagna” di Bresson)
Nonostante il suo discorso iniziale, il curato di Torcy chiederà al prete giovane di essere benedetto:
Prete giovane: Beneditemi.
Curato di Torcy: No, adesso tocca a voi.
La contessa aveva perso un figlio (ma ha un’altra figlia, Chantal) e ne è rimasta duramente segnata, fino ad incattivirsi. Ritroverà la fede dopo il colloquio col giovane prete, ma morirà poco tempo dopo. L’ultima battuta, “Tutto è grazia”, è detta in punto di morte.
Il paese intero di Ambricourt rimprovera al prete di essere un beone: il giovane prete aveva deciso di limitare il suo pasto a un po’ di pane inzuppato nel vino, e viene da chiedersi se sia una cosa possibile, se davvero qualcuno ha potuto seguire seriamente una dieta simile. Anche se c’è tutto il discorso sull’alcolismo “di noi contadini”, il curato di Torcy, e il dottore suicida che parla “di chi vi ha fatto bere alcool prima di nascere”. Vedendo il film, viene da pensare anche al “Pelleas et Melisande” di Debussy, per l’atmosfera generale.
Un film tratto dal libro di Bernanos, e forse il soggetto verte più sull’alcolismo che sulle questioni di fede, ma bisognerebbe decidersi a leggere Bernanos per avere indicazioni più precise. Film rigoroso, cupo, ma non sono sicuro che si tratti di un capolavoro. Il prete protagonista era Claude Laydu, il dottore era Belpetré, il curato di Torcy André Guibert, Chantal era Nicole Ladmiral, Séraphite era Martine Lemaire, la contessa era Marie Monique Arkell. (novembre 1990)
(continua)

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