True stories (1986) Regia di David Byrne. Scritto da David Byrne, Beth Henley, Stephen Tobolowsky. Fotografia: Ed Lachman Musiche originali di David Byrne. Girato in Texas e California. Interpreti: John Goodman, David Byrne, Anne McEnroe, Jo H. Allen, Spalding Gray, Alix Elias, Roebuck Staples, Tito Larriva, John Ingle, e altri. Durata: 90 minuti
“True stories” (alla lettera, “Storie vere”) è un bel film del 1986, girato in Texas e in California, ambientato nella città immaginaria di Virgil City, opera non di un regista di professione ma di David Byrne, cantante e leader dei “Talking Heads” (le “Teste Parlanti). Byrne adopera uno stile molto personale, a metà strada tra il Woody Allen di “Zelig” e i Blues Brothers, e con anticipazioni del miglior Michael Moore (“Roger & Me” del 1989) e usa come traccia una piccola storia molto simpatica, quella di un uomo (l’attore è John Goodman) che desidera una moglie ma non la trova, e per trovarla si rivolge ai sistemi più famosi e collaudati: il computer dell’agenzia matrimoniale, lo stregone voodoo, eccetera.
All’inizio del film vediamo l’ottimo Goodman alle prese con alcune compagne possibili ma decisamente improbabili, come una donna con un numero incredibile di figli e una ragazza molto carina che cerca di insegnargli le pose yoga: la ragazza è minuta, esile e flessibile, John Goodman proprio no. Avendo provato a fare yoga, ed avendo più o meno la corporatura di Goodman, so cosa significa...
John Goodman è molto simpatico, e le scene con lui sono sempre divertenti; si può dire subito (questo non è un thriller) che alla fine troverà la sua compagna ideale: è quella che vediamo fin dall’inizio, sdraiata su un enorme letto, intenta a guardare la tv. Goodman è un attore che amo moltissimo; qui era agli inizi, forse il suo primo film da protagonista; dopo “True stories” avrà una magnifica carriera, soprattutto per i suoi film con i fratelli Coen, prima di andare a svendersi in film più facili e banali. Penso però che per interpretare Fred Flintstone si sia fatto pagare bene: se è così ne sono molto contento, se lo merita e mi sono divertito anch’io a vederlo dar vita ad un cartone animato.
L’altro protagonista di “True stories” è David Byrne stesso, nelle vesti di narratore, a bordo di un’automobile (alla fine confesserà che è la sua) nelle strade del Texas.
“True stories” è un film che potrebbe essere terribile, un atto d’accusa contro l’ignoranza e il conformismo televisivo, ma che invece è girato con grazia e anche con affetto, e diventa così molto piacevole da vedere senza perdere nulla della sua attenta osservazione di un mondo decisamente mellifluo e spaventoso. Un mondo che è arrivato anche da noi, nel frattempo: proprio in quegli anni stava cominciando il contagio irreversibile, e non è un caso che Byrne abbia riempito il film di spot televisivi – veri spot, ripresi dalla tv sempre accesa in quasi tutte le case dove entriamo.
Del resto, come la pensi il simpatico protagonista del film è ben spiegato dalla canzone che canta nel finale, che si intitola “La gente come noi” (People like us): “We don’t want freedom, we dont’ want justice, we just want someone to love...”. Cioè: non vogliamo la libertà, non vogliamo la giustizia, vogliamo solo qualcuno da amare. Un inno che sarebbe perfetto anche dalle nostre parti, e la musica è molto più bella di quella che abbiamo dovuto sopportare in simili occasioni. Va aggiunto che con un testo del genere, sia pure cantato ed eseguito con grande bravura, Byrne e i Talking Heads stavano scherzando, facevano satira; la triste verità, la “storia vera”, è che gente così ne esiste tanta, e sempre più ne esisterà a meno che non ci si stacchi dalla tv e dai telefonini cellulari e si torni a ragionare con i piedi per terra, come forse ci invita a fare la bambina nei titoli di testa (e di coda).
La storiellina con protagonista John Goodman è dunque solo un pretesto per girare il Texas e mostrarci la gente che ci abita, un po’ come fecero Jacques Tati o Fellini, o magari Altman, ma con uno stile molto personale che rende il film ancora attuale e godibile. Non mancano tocchi alla Herzog-Wenders, giustificati dalla presenza di Ed Lachman come direttore della fotografia.
Di Byrne so poco o niente, e non sono nemmeno un fan dei Talking Heads, anche se conosco molte delle loro canzoni; perciò mi rivolgo ancora una volta a Wikipedia in cerca di informazioni. E così apprendo che Byrne non è americano di nascita, ma scozzese. « David Byrne è un musicista, compositore e produttore discografico britannico naturalizzato statunitense, fondatore e animatore dei Talking Heads. Byrne è nato a Dumbarton, piccolo centro della Scozia non lontano da Glasgow, il 14 maggio 1952. I suoi genitori si trasferirono in Canada nel 1954, poi negli Stati Uniti intorno al 1960, per stabilirsi nel Maryland. Byrne si diplomò a Landsdowne (contea di Baltimora), poi andò a Providence per frequentare i corsi universitari di educazione artistica alla Rhode Island School of Design, nella quale rimase un solo anno: lì conobbe Chris Frantz e Tina Weymouth, una coppia di musicisti legati sentimentalmente e che nel 1977 divennero marito e moglie. Tra il 1971 e il 1972 formò insieme a un suo amico di Baltimora un duo chiamato Bizadi, nel quale Byrne si produsse nel violino, nell'ukulele e nel canto; il duo si esibì nei locali cittadini e, poi, a San Francisco, come artisti di strada o nei ristoranti. L'esperienza terminò nella primavera del 1972 e Byrne tornò a Providence per riprendere i contatti artistici con Chris Frantz e Tina Weymouth. I tre furono il nucleo fondante, nel 1974, dei Talking Heads a cui si aggiunse nel 1976 Jerry Harrison.»
Wikipedia segnala molte collaborazioni importanti di Byrne: con la coreografa Twyla Tharp, con la compagnia di danza belga Ultima Vez, con Brian Eno, con Ryuichi Sakamoto e Cong Su per le musiche del film di Bernardo Bertolucci “L'ultimo imperatore”, che valsero all'artista il premio Oscar e il Golden Globe 1988 e il Grammy 1989 per la migliore colonna sonora. Byrne è presente anche in “Stop Making Sense” del 1984, che non è un film a soggetto come “True stories” ma che riprende una tournèe dei Talking Heads. Eccetera: Byrne è molto attivo, per sapere tutto quello che ha combinato (discografia completa) è meglio andare a vedere, oltre che su wikipedia, sul suo sito internet e sugli altri siti a lui dedicati.
In “True stories” c’è molta musica. Nove brani sono scritti da David Byrne ed eseguiti dai Talking Heads. Nell’ordine: Love For Sale, Wild Wild Life, Radio Head, City of Dreams, City Of Steel, Technological Love Story, 844-WIFE, The Celebration Begins, The Stage Nears Completion (Texas Tunes)
Altri brani: "Puzzlin' Evidence" (Talking Heads con John Ingle and the Bert Cross Choir), "Hey Now" (Talking Heads and the St. Thomas Aquinas Elementary School Chorus), "Papa Legba" (Talking Heads and The Staples Singers), "Dream Operator" (Talking Heads con Annie McEnroe e Susanna Hoffs), "People Like Us" (cantata da John Goodman con i Talking Heads, il finale del film). Scritte ed eseguite dal solo David Byrne sono "Freeway Son", "Brownie's Theme", "Disco Hits!", "Love Theme From True Stories", "I Love Metal Buildings", "Glass Operator"
Altri titoli: "Cocktail Desperado" (Terry Allen and David Byrne), "Mall Muzak" (scritta ed eseguita da Carl Finch), "Buster's Theme" (di Carl Finch, David Byrne e Brian Eno, eseguita da Carl Finch),
"Soy de Tejas" (scritta ed eseguita da Steve Jordan), "Seen And Not Seen" (di David Byrne, Brian Eno, Tina Weymouth, Chris Frantz and Jerry Harrison, eseguita dai Talking Heads).
"Festa para um Rei Negro" e "Ze Pereira" scritte da David Byrne, sono eseguite da Banda Eclipse.
"Dinner Music", scritta da David Byrne, è suonata dal Kronos Quartet, una formazione da camera be nota nel campo della musica contemporanea.
Wikipedia ricorda anche che il gruppo inglese dei Radiohead, nato negli anni ’90, prende il suo nome proprio da una canzone di questo film.
Merita un cenno a parte la musica dei titoli di testa (e di coda): si intitola "Road Song” ed è stata scritta da Byrne con Meredith Monk, compositrice e coreografa, uno dei grandi della musica del ‘900. E’ cantata da Capucine DeWulf, che potrebbe essere la bambina che vediamo danzare nella strada.
People like us
In 1950 when I was born Papa couldn't afford to buy us much
He said be proud of what you are There's something special 'bout people like us
People like us (Who will answer the telephone)
People like us (Growing as big as a house)
People like us (Gonna make it because)
We don't want freedom
We don't want justice
We just want someone to love.
I was called upon in the 3rd grade class I gave my answer and it caused a fuss
I'm not the same as ev'ryone else And times were hard for people like us
People like us (Who will answer the telephone)
People like us (Growing as big as a house)
God laughs at people like us I see it coming Like coming down from above
The clouds roll by and the moon comes up How long must we live in the heat of the sun
Millions of people are waitin' on love And this is a song about people like us
People like us (Who answer the telephone)
People like us (Growing big as a house)
People like us (Gonna make it because)
We don't want freedom
We don't want justice
We just want someone to love.
Someone to love. Someone to love. Someone to love.
4 commenti:
Sapevo molto poco di questo film (del resto nemmeno io sono un grande estimatore di Byrne e dei Talking Heads). Però il post ha acceso la mia curiosità: vedrò anche questo "True Stories", prima o poi.
ps: sto procedendo con l'operazione "E la nave va", per così dire. Poi ti farò sapere.
L'avevo visto quand'era uscito, poi penso che sia sparito del tutto dalla circolazione, ma potrei sbagliarmi. Pensa che la copia dalla quale ho preso le immagini l'ho registrata da Telepiù... (un secolo fa!)(trasmetteva ancora senza decoder...)
"E la nave va" sarà un bell'impegno...la prima cosa da fare è cercare i testi di Zanzotto.
Comprai l'album (vinile) il film lo vidi molto tempo dopo. I Talking Heads mi piacciono, senza stracciarmi i vestiti. Byrne viene spesso a Bari a suonare, abbiamo amici in comune ma sono timida e non approfitto delle situazioni di conoscenza. Grazie a lui ho riscoperto la musica brasiliana (una mia passione)
Byrne mi piace molto, però non ho mai approfondito più di quel tanto (a quel tempo, metà anni '80, stavo scoprendo Gluck, tutte le opere complete e soprattutto l'Alceste versione italiana, grazie a Riccardo Muti).
Questo film è molto bello, adesso non mi ricordo più se lo avevo visto al cinema ma mi sembra di sì.
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