sabato 16 gennaio 2010

Ho sposato una strega

I married a witch (Ho sposato una strega, 1942). Regia: René Clair. Sceneggiatura di René Clair, Robert Pirosh e Marc Connelly, dal romanzo di Thorne Smith e Norman Matson “The Passionate Witch”. Fotografia di Ted Tetzlaff. Musica originale di Roy Webb. Con Veronica Lake (Jennifer), Fredric March (Wallace Wooley), Robert Benchley (Dudley White), Susan Hayward (Estelle Masterson), Cecil Kellaway (Daniel), Elisabeth Patterson (Margaret), Robert Warwick (J.B. Masterson), Eyly Malyon (Tabitha), Viola Moore (Martha), Mary Field (Nancy), Nora Cecil (Harriet), Emory Parnell (Allen). Durata: 75'

Un incendio devasta un albergo di cinque piani, a partire dalla grande scritta luminosa sul tetto: “Pilgrim Hotel”. Un incendio inestinguibile: «Sembra l’opera di un mago», dice uno dei pompieri: e noi sappiamo che è davvero così. Da cinque piani diventano due, poi uno: ma il proprietario sembra contento. Come mai, gli chiede Wallace Wooley, candidato alle elezioni: « Perché tanto paga l’assicurazione e io me ne rifaccio uno nuovo più grande», dice l’albergatore. E conclude: «Dentro non c’è più nessuno, ne sono più che sicuro».
E invece non è vero, dentro all’albergo c’è una donna giovane e bella; e nuda, per giunta. Il proprietario dell’albergo non può saperlo, noi sì perché abbiamo visto il film dall’inizio; e si tratta di un inizio risalente a quasi tre secoli prima, al tempo della caccia alle streghe. Due persone accusate di stregoneria, nell’America dei Puritani, furono arse vive nei dintorni: padre e figlia. Adesso sono tornati, perché un fulmine ha spezzato la quercia dentro la quale erano rimasti imprigionati i loro spiriti. «Ne beve di acqua quest’incendio! – continua il pompiere – Deve avere una gran sete arretrata.». Siamo stati attenti e possiamo anche quantificare: una sete arretrata di 270 anni.
«Dal fuoco fu distrutto il tuo primo corpo, e dal fuoco deve nascere il secondo», aveva detto il padre alla figlia, che desiderava tanto reincarnarsi; ed è per questo che ha dato fuoco all’albergo. E non è un caso che sia andato a fuoco proprio quell’albergo: è lì che si stava recando Wallace Wooley, candidato alle elezioni, prossimo al matrimonio con la figlia del suo principale finanziatore, e discendente diretto dell’uomo che mandò al rogo i nostri protagonisti. L’eroico Wooley si getta nel fumo per salvare la persona che ha intravisto dentro le rovine; ma lei non ha nessuna fretta. Si confronta con lui e scopre d’essere un po’ piccolina: “Ti arrivo giusto al cuore, però”. E bionda: “Forse preferivi una rossa?”
René Clair è in gran forma, il film è pieno di gags e funziona anche indipendentemente dagli attori (sono tutti ottimi ma potrebbero essere sostituti da altri, perché il meccanismo è perfetto). Va detto che il film dimostra tutti i suoi anni (al contrario dei film degli anni ’30 di Clair, molto più liberi e indipendenti) ma val sicuramente la pena di vederlo. Ovviamente, l’apparizione di quella ragazza bionda, per di più nuda, tra le braccia del futuro Governatore e ormai prossimo sposo, avrà conseguenze devastanti e divertenti, con un lieto fine più che scontato; perché all’inizio lei si reincarna cercando vendetta, ma poi le cose cambiano. A metà film, vediamo anche il padre della strega: anche lui rinasce da un incendio, e si rifugia subito nella casa di Wooley, dove si è insediata la figlia e dove – al piano di sotto – si sta per celebrare il matrimonio. Ha le sembianze di Cecil Kellaway, un caratterista molto famoso all’epoca, piccolo e buffo, sui sessant’anni; agile e tondetto, ricorda un po’ l’attore che sarà Bernardo, il servitore di don Diego de la Vega, nei telefilm di Zorro.
- Guarda mio padre, non ti sembra un dio greco?- dice la bionda a Wooley, indicando il simpatico piccoletto. Ed è vero, ma non pensate ad Apollo: Cecil Kellaway somiglia a Dioniso, e più ancora a Bacco. «Una sbornia che dura da ottomila anni», dirà a Wooley quando lo andrà a recuperare in prigione, per capacitarsi del fatto che non riesce a ricordarsi le formule magiche. E’ uno spirito che ama nascondersi nelle bottiglie: a differenza del Genio delle Milleuna Notte, lui nelle bottiglie ci sta benone, soprattutto in quelle di brandy; ed è lì che lo ritroveremo, felice e contento, nel finale.
Però va detto che questa è una vera strega, differente dalle edulcorate finzioni dei tanti remakes: dà fuoco alle case, addormenta le persone, fa dispetti pericolosi, è inquietante, appare e scompare come se facesse parte dei nostri sogni, quasi come in Solaris di Tarkovskij. René Clair usa molto i canoni del gotico, dell’horror; ed è una scelta che dà forma e forza al film.
Veronica Lake è brava, non come le francesine Annabella e Pola Illery di “Sotto i tetti di Parigi” e del “Milione”, ma quasi. Fredric March, una star degli anni ’30 e ’40, fa la sua bella figura; e c’è un bello stuolo di caratteristi, con al primo posto Cecil Kellaway e piccole figure di contorno come la cantante al matrimonio (che poi non si farà) che ogni volta, dopo le catastrofi, riprende ispirata a cantare: “I love you truly, truuuly...” (la marcia nuziale è quella di Wagner, atto terzo del Lohengrin).
Ci sono tante altre piccole battute molto in stile, come quando la strega, prima di reincarnarsi, rivela al padre di aver lanciato una maledizione sulla stirpe dei Wooley, ma lui ne ride:
- Che maledizione?
- Saranno per sempre infelici, dopo il matrimonio.
- Ouf! Tutti gli uomini sono infelici dopo il matrimonio, non lo sapevi?
Ma la scena che più mi ha colpito è questa: quando il futuro Governatore, travolto dallo scandalo, è ormai destinato alla sconfitta, la ragazza bionda fa un sortilegio e gli fa vincere le elezioni. Vediamo perfino le crocette spostarsi sulle schede, passando dalla preferenza all’altro candidato a quella per Wooley.
Questa sequenza mi ha spiegato tante cose, e adesso so che cosa è successo qui da noi per tutti questi anni. Spero che ne converrete: il successo del marito di Veronica (Veronica Lake, I mean) si spiega meglio ed è più verosimile tirando in ballo la stregoneria e le arti magiche piuttosto che con le analisi sociologiche e politiche.

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