sabato 2 giugno 2012

L'opera al cinema ( XI )

Proseguendo il discorso su Toti Dal Monte (1896-1975) su wikipedia ho appreso che fu moglie del tenore Enzo De Muro Lomanto; il matrimonio fu sfortunato e durò pochissimo, ma i due cantanti ebbero una figlia che ha fatto l’attrice. La biografia di Marina Dolfin (questo è il nome d’arte scelto dalla figlia di Toti Dal Monte) è ricca di notizie interessanti, e le riporto qui così come l’ho trovata su wikipedia:
Marina Dolfin, alla nascita Mary De Muro (Milano, 15 aprile 1930 – Vittorio Veneto, 11 giugno 2007), è stata un'attrice e doppiatrice italiana, attiva in teatro, cinema e televisione dai primi anni cinquanta fino agli anni ottanta. Unica figlia del soprano Toti Dal Monte e del tenore Enzo de Muro Lomanto, prima moglie del doppiatore Giuseppe Rinaldi, e madre dei doppiatori Massimo Rinaldi ed Antonella Rinaldi, in carriera ha dato voce nella distribuzione italiana a Susan Strasberg interprete in Fascino del palcoscenico, film del 1958 diretto da Sidney Lumet. Come attrice teatrale ha lavorato in importanti compagnie, fra cui quella con Giorgio Strehler al Piccolo Teatro di Milano. Con Fantasio Piccoli è stata poi nel 1959 fra gli interpreti di Donna Rosita nubile di García Lorca. È stata poi in compagnia con Cesco Baseggio ed ha interpretato con Renzo Montagnani La coscienza di Zeno adattata per il teatro nella stagione 1978-1979 da Tullio Kezich. La regia in quella occasione era di Franco Giraldi. È stata attiva anche nelle stagioni di prosa radiofonica della RAI.
La carriera di Marina Dolfin è stata quindi prevalentemente teatrale, ma l’ho trovata di recente in una replica su RAI Storia del “Capitan Fracassa” di Theophile Gautier del 1958, regia di A.G.Majano. Protagonista maschile è Arnoldo Foà, ci sono molti attori importanti (il Capitan Fracassa è ricco di ruoli molto belli per un attore) come Ivo Garrani, Alberto Lupo, Ubaldo Lay, Nando Gazzolo. Le protagoniste femminili sono Lea Massari, Giulia Lazzarini e Scilla Gabel; alla Dolfin spetta il ruolo di Serafina, tutt’altro che secondario. Dato che il Capitan Fracassa è una storia che mi piace molto, me ne sono fatto una copia e adesso posso mettere qui un fermo immagine con il volto di Marina Dolfin (accanto a lei, una giovanissima Lea Massari).
Enzo De Muro Lomanto, all’anagrafe Vincenzo De Muro (pugliese, 1902-1952) è stato un tenore importante ma non ha mai girato film, almeno stando a quanto ne dicono wikipedia e http://www.imdb.com/ .
“Il merlo maschio” di Pasquale Festa Campanile (1971) è un film risibile su un soggetto impresentabile, però diventa interessante – a parte la presenza di Laura Antonelli, per noi spettatori maschi – perché molte scene sono girate nell’Arena di Verona, con l’orchestra dell’Arena di Verona. Anche qui, come per “Anonimo Veneziano”, mi sono trovato a chiedermi se oggi sarebbe possibile fare un film con protagonista un orchestrale di un’orchestra sinfonica: mi sono risposto di no, i produttori farebbero subito cambiare mestiere al protagonista e magari terrebbero buono tutto il resto, purché non si veda mai l’Arena, sia ben chiaro.
E’ un film che ricordo molto bene per un motivo personale: era arrivato al cinema del mio paese e io ero andato a vederlo, aggirando il divieto ai minori di 14 anni (il fisico me lo permetteva, ero già vicino al metro e novanta). Penso che sia stata la prima volta, Laura Antonelli a parte, che mi sia capitato di ascoltare la sinfonia da “La Gazza Ladra” di Rossini; o comunque di prendere nota del fatto che quella musica lì avesse quel titolo e quell’autore. Un paio d’anni dopo avrei trovato Stanley Kubrick e “Odissea nello spazio”, e da lì sarebbe nato il mio interesse definitivo per la musica.
Ho rivisto di recente in tv alcune sequenze da “Il merlo maschio”, quelle iniziali, e vi ho trovato Lino Toffolo intento a suonare non so più quale strumento e Gianrico Tedeschi come direttore d’orchestra; di Laura Antonelli mi sento di dire tutto il bene possibile, ma del protagonista maschile vorrei tacere, perché non ho mai sopportato Lando Buzzanca e lo ritengo un pessimo attore. In particolare, non ho mai sopportato i suoi piagnistei sul fatto di essere stato emarginato “perché di destra”. Per capire la stupidità di queste affermazioni basterebbe ricordare la lista degli attori che facevano ruoli da protagonista in quegli anni, nel cinema italiano: c’erano Mastroianni, Tognazzi, Gassman, Manfredi, Sordi, Volonté, Giannini, c’erano anche Giulio Brogi, Lino Capolicchio, Gastone Moschin, Franco Nero, Gabriele Ferzetti; poi sarebbero arrivati Paolo Villaggio e Renato Pozzetto, Adriano Celentano, Terence Hill e Bud Spencer, e di molti altri mi sto certamente dimenticando. Insomma, non è che ci fosse grande spazio per uno come Buzzanca: ringrazi il cielo se ha potuto fare questi filmetti qua. Che poi la maggior parte dei registi e degli sceneggiatori italiani fosse di sinistra, è un dato di fatto; e ringraziamo il Cielo anche di questo, sono stati anni formidabili per il cinema italiano. Aggiungerei ancora una cosa: non confondiamo Pasquale Festa Campanile con Achille Campanile, so che molti fanno confusione ma Achille Campanile è stato uno dei più grandi scrittori del Novecento, invece PFC si è fermato ad un livello molto più basso. Di quanto più basso, sono testimoni film come questo.
“L’etrusco uccide ancora”, regia di Armando Crispino, esce nel 1972 ed ha come sfondo, oltre all’archeologia, il Festival di Spoleto: siamo pur sempre in Umbria, terra etrusca anch’essa. Il film è bruttino, ma guardabile; molti belli gli esterni in località che spero non siano state rovinate nel frattempo, del Festival di Spoleto di vede purtroppo poco, ed è un peccato perché in quegli anni ci sono passati artisti poi diventati molto famosi. Un attore che si chiama John Marley interpreta il direttore d’orchestra, molto nevrotico e dittatoriale, con una segretaria giovane, sottomessa e un tantino masochista (Daniela Surina, se non sbaglio); il modello è quasi sicuramente Bernstein, con molti prestiti anche da Karajan. La maggior parte delle scene in teatro sono però affidate al coreografo, ovviamente “frocio” (mi si passi la parola: chi ha visto il film capirà che è la parola esatta) e altrettanto caricaturale; ma tutto questo, visto il passare del tempo, viene ad assumere quasi carattere documentario. Come dicevo per gli altri due film, “Anonimo Veneziano” e “Il merlo maschio”, o anche per molti episodi tv del tenente Colombo o della “signora in giallo”, credo che nessuno oggi sceglierebbe come protagonista un musicista o un direttore d’orchestra; e penso che sia un indice del disinteresse che è stato fatto scendere sul mondo della musica (e soprattutto dell’opera) negli ultimi 20-25 anni. Come è possibile per un ragazzo conoscere la grande musica, se la grande musica è cancellata dai palinsesti o relegata su radio, tv e canali internet che bisogna andarsi a cercare col lanternino? Invece, quando io avevo 13-14 anni, era possibile incontrare la grande musica anche andando a vedere film come questi, del tutto commerciali e pensati per un pubblico di bocca buona.
Da un filmetto come questo, oltretutto, si viene perfino a sapere qualcosa sulla nostra storia: qui l’etruscologia è poco più che un pretesto (l’assassino non è il dio Tukulka, questo penso di poterlo dire) ma le riprese sono fatte su luoghi autentici, si vedono gli affreschi antichi, e il formato “da cinema” (molto grande, spettacolare) permette di cogliere anche i dettagli. A completare il cast, belle attrici come Samantha Eggar e Nadja Tiller, un volto simpatico come Enzo Cerusico (che però sparisce dopo l’inizio, forse aveva trovato qualcosa di meglio da fare), l’ottimo Enzo Tarascio che interpreta il commissario. Il film viene da un racconto di Bryan Edgar Wallace e Lutz Eisholtz, le musiche sono di Riz Ortolani ma c’è ampio spazio per il Dies irae di Verdi, dalla Messa di Requiem. Dato che questo film l’ho visto quando era uscito da poco, a 14 anni e sempre al cinema del mio paese, posso immaginare che sia stata la prima volta che ho fatto conoscenza con il Dies Irae di Verdi: mi aveva fatto una grande impressione, anche senza sapere cos’era, e forse anche da qui mi è nata la voglia di ascoltare altro, di conoscere altro, e di provare ad andare al di là di questi filmetti che arrivavano la domenica nei cinema dei piccoli paesi.
(le immagini a colori sono quasi tutte da “Anonimo Veneziano”, regia di Enrico M. Salerno; nei fotogrammi da “Capitan Fracassa” Marina Dolfin è la signora sorridente col cappello; l’immagine di Laura Antonelli non viene dal film citato ma è troppo bella per non metterla qui; dell’Etrusco ho soltanto la locandina, in futuro forse troverò qualcosa di meglio).
(continua)

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