mercoledì 4 gennaio 2012

L'albero degli zoccoli ( I )

L’albero degli zoccoli (1978). Scritto e diretto da Ermanno Olmi. Fotografia di Carlo Petriccioli ed Ercole Visconti. Scenografie di Enrico Tovaglieri. Arredi di Franco Gambara. Costumi di Francesca Zucchelli. Musiche di Mozart e di Johann S. Bach (all'organo: Fernando Germani). Suono (presa diretta): Amedeo Casati; prod.: RAI Radiotelevisione Italiana/Italnoleggio Cinematografico. Palma d'oro e Premio ecumenico al xxxi Festival di Cannes (1978); Premio San Fedele (Milano, 1979); "César" per il miglior film straniero (1978). Durata: 175 minuti
Interpreti e personaggi: Luigi Ornaghi (Batistì), Francesca Moriggi (la moglie Batistina), Omar Brignoli (Minek), Antonio Ferrari (Tunì), Teresa Brescianini (la vedova Runk), Giuseppe Brignoli (nonno Anselmo), Carlo Rota (Peppino), Pasqualina Brolis (Teresina), Massimo Fratus (Pierino), Francesca Villa (Annetta), Maria Grazia Caroli (Bettina), Battista Trevaini (il Finard), Giuseppina Sangaletti (la moglie Finarda), Lorenzo Pedroni (il nonno Finard), Felice Cervi (Ustì), Pierangelo Bertoli (Secondo), Brunella Migliaggio (Olga), Giacomo Cavalieri (il Brena), Lorenza Frigeni (la moglie del Brena), Lucia Pezzoli (Maddalena, la figlia sposa), Franco Pilenga (Stefano, sposo di Maddalena), Guglielmo Badoni (il padre dello sposo), Laura Locatelli (la madre dello sposo), Carmelo Silva (don Carlo), Mario Brignoli (il padrone), Emilio Pedroni (il fattore), Frikì (Vittorio Capelli), Francesca Bassurini (suor Maria), Lina Ricci (donna del segno).

Quasi nessuno lo ricorda, neppure nelle recensioni più attente, ma “L’albero degli zoccoli” ruota attorno a una data precisa e ben riconoscibile: 8 maggio 1898, le cannonate del generale Bava Beccaris contro i moti popolari dei milanesi che protestavano contro il carovita e le misure del governo di allora, quando era primo ministro Antonio Starabba marchese di Rudinì.
La sequenza, una delle più belle di tutto il cinema italiano, comincia con il matrimonio dei due giovani che avevamo visto incontrarsi all’inizio del film: lui con una simpatica faccia da contadino, una faccia di quelle di una volta, lei molto più bella di lui (le donne di Olmi sono sempre molto belle), con un volto dai lineamenti fini che l’ha resa immagine e simbolo di tutto il film, dalle locandine e dai manifesti fino alla copertina del dvd. Dopo la cerimonia, i due sposi partono per Milano: quasi un viaggio di nozze, data l’epoca; ma in realtà si stanno recando da una zia suora, un pellegrinaggio e un omaggio che si rivelerà una vera sorpresa.
Il viaggio dalla campagna bergamasca verso Milano si svolge in barca, prima sul fiume e poi sul Naviglio, ed è ricostruito da Olmi in maniera perfetta. Non credo che oggi sarebbe possibile tornare a girare con tanta fedeltà, il Naviglio a Milano, per esempio, è ormai solo un canale di scolo in cemento; ma nel 1978 era ancora possibile trovare posti rimasti intatti. Al termine del viaggio, i due sposi si trovano in mezzo a rumori e confusione: sono i soldati dell’esercito, guidati dal generale Bava Beccaris, che stanno reprimendo duramente la folla. Vediamo anche noi i soldati a cavallo, la gente che fugge e cerca riparo nei portoni, e i soldati a piedi che scortano in prigione dei giovani milanesi appena arrestati.
Cos’era successo? La ricostruzione precisa dei fatti richiederebbe molte pagine, perciò mi appoggio a http://www.wikipedia.it/  , facendo una mia breve selezione di quanto vi è narrato:
...Milano all'epoca, con quasi mezzo milione di abitanti, era la seconda città italiana più popolata dopo Napoli e già era la capitale finanziaria della nazione: la città più importante dove sperimentare nuovi modelli di una società semi-industrializzata in una fase cruciale di sviluppo ed emancipazione del ceto popolare guidato da un ceto borghese milanese colto e illuminato. La situazione nazionale era già problematica per la notevole disoccupazione e i bassi salari, ma il fatto decisivo per il malcontento di massa fu l'aumento di costo del grano e quindi del pane da 35 a 60 centesimi al chilo a causa degli scarsi raccolti agrari. Molti e competenti politici tentarono di organizzare la protesta in modo pacifico per poter ottenere dal governo riforme in senso democratico, ma il malessere popolare era tale che il movimentismo spontaneo di tendenza anarchica, radicale e socialista prevalse: pur non essendoci un progetto rivoluzionario, nel 1898 l'avversione popolare contro tutte le istituzioni statali e coloro che le rappresentavano toccò il suo apice nella allora breve storia d'Italia. Le prime rivolte popolari si verificarono in Romagna e Puglia il 26 e 27 aprile, e in seguito in tante città e paesi: nei tumulti diversi rivoltosi morirono. Il 2 maggio a Firenze fu dichiarato lo stato d'assedio così come a Napoli due giorni dopo. (...)
Le vittime della carneficina non son state precisamente quantificate dagli storici per diversi motivi. Il numero esatto delle vittime mai è stato precisato: le autorità di allora fissarono in un centinaio i morti e circa 400 i feriti. Secondo la Prefettura, le vittime accertate furono 88, mentre secondo il celebre cronista e politico repubblicano Paolo Valera, i morti sarebbero stati almeno 118, e i feriti oltre 400. Secondo alcuni testimoni oculari i morti furono oltre 300. Il governo diffuse i suoi dati e i giornali di opposizione esagerarono i numeri a scopo propagandistico denunciando financo 800 morti. Nel celeberrimo canto popolare ci si riferisce a mille caduti ma la cifra è da considerare una licenza poetica. La Croce Rossa fornì alcuni dati ma non ebbe il controllo totale nei soccorsi; molti familiari di morti e feriti non denunciarono i decessi né si avvalsero di strutture ospedaliere onde evitare le conseguenze della repressione. Tra i soldati si contarono due morti: uno si sparò accidentalmente e l'altro fu fucilato sul posto subito dopo essersi rifiutato di aprire il fuoco sulla folla.
La rivolta milanese del 1898 ebbe conseguenze notevoli sulla politica italiana degli anni seguenti: il generale Bava Beccaris fu premiato con un seggio al Senato, a pochi giorni dalla strage e con la nomina a Grand’Ufficiale ricevuta direttamente da re Umberto I. A questi fatti si deve l’attentato di Gaetano Bresci, 29 luglio 1900, nel quale re Umberto I perse la vita. Bresci fece preciso riferimento ai cannoni di Bava Beccaris, quando fu arrestato; e il nome Gaetano fu molto usato, negli anni successivi, dai milanesi e dai brianzoli, per battezzare i bambini appena nati.
La rivolta milanese è stata documentata dalle fotografie di Luca Comerio, grande fotografo e documentarista, uno dei fondatori del cinema italiano, che all’epoca dei fatti aveva vent’anni giusti, essendo nato nel 1878: nelle foto si vedono i soldati accampati proprio davanti al Duomo, e anche nel film di Olmi, per chi conosce Milano, è possibile intravedere il Duomo e le vie adiacenti. Ancora oggi, vicino al Duomo, c’è una strada che si chiama via Laghetto: sembrerebbe un nome strano, ma il laghetto c’era veramente e c’è stato per secoli, dato che era il terminale della via d’acqua che portava dalle cave i marmi e le pietre con cui è stata costruita la Cattedrale.
La confusione per i due giovani dura però poco tempo: la sposa sa dove bisogna andare, conosce bene la strada e si tira dietro il marito decisamente più spaesato e sorpreso. Arrivati al convento, sapranno perché la zia suora ha insistito per vederli: non è un semplice pellegrinaggio, nel convento c’è un orfanotrofio e alla giovane coppia viene affidato un neonato abbandonato, che cresceranno come loro figlio. I due accettano con naturalezza il bambino, e da qui nasce la loro famiglia.
(continua)

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