venerdì 25 novembre 2011

Wim Wenders ( IV )

Gli spot di Wenders
Wenders ha girato anche degli spot pubblicitari: qui da noi, ricordo quelli per la Ariston (elettrodomestici, lavatrici e lavastoviglie). Nel 1995 li avevo commentati così: «Gli spot di Wenders per la Ariston sono veramente brutti, e anche sciocchini e un po’ anonimi. Spero che almeno l’abbiano pagato bene...»
La realtà era diversa, e rileggendo oggi questo frammento di intervista mi sono trovato a sospirare profondamente: girare quegli spot ha cambiato il modo di fare cinema di Wenders, e non solo il suo. Metterei attenzione a quello che dice Wenders verso la fine di questo frammento: «...la tv, che della pubblicità ha bisogno per autofinanziarsi,». Nel 1995, data dell’intervista, esisteva ancora la tv, esisteva ancora il cinema: oggi la pubblicità è padrona della tv, e anche del cinema e della musica. Si fa tutto in funzione della pubblicità, e solo di quella. Sono arrivati anche altri padroni: prima i viedogames, adesso lo smartphone. Il futuro è proprio questo, uno schermo di pochi centimetri di lato: niente a che vedere con “Nel corso del tempo” e con “Paris Texas”, né tantomeno con “Il cielo sopra Berlino”.
Wenders non è un gran consumatore di pubblicità. A Berlino praticamente non guarda mai la tv, “ma quando sono chiuso in albergo, all’estero, la tv diventa una compagna preziosa. E dopo ogni mio film, almeno a partire da Paris Texas, mi accorgevo che i pubblicitari si appropriavano di scene e idee per metterle nei loro spot. Quella marca di jeans che ha utilizzato l’idea della trapezista era vicina al plagio, tra me e me pensavo che avrrei potuto fare di meglio, ma tutto si fermava lì. (....) La differenza tra cinema e pubblicità è tutta nel rigore narrativo a cui ti costringe. Non puoi farti prendere dalla bellezza di una scena e farla durare quanto ti piace, come mi succede spesso durante le riprese dei miei film. La pubblicità è una disciplina rigorosa, che ti obbliga ad essere inflessibile coi tempi. Non si può sforare: trenta secondi devono essere, e trenta secondi saranno. Per me è quasi una novità, e spero che mi aiuti anche nelle mie prossime produzioni cinematografiche. Io sono tendenzialmente piuttosto conciliante con le lungaggini. (...) Ci sono certi film e certe fasce di programmazione che non sopportano le interruzioni pubblicitarie, ma altri film e altre fasce possono accettarle. E poi proprio la tv, che della pubblicità ha bisogno per autofinanziarsi, ha permesso negli ultimi vent’anni a noi registi europei di dirigere i film che avevamo voglia di fare, me compreso. Non sarei capace di dire che accettare di girare uno spot vuol dire uccidere il cinema, forse è vero il contrario.»
Wim Wenders a Paolo Mereghetti cds7 luglio 1995
Wenders e Hopper
“Wim Wenders, quando girò Paris Texas, doveva essere passato molte volte dinanzi alle tele di Hopper. Le sue desolate stazioni di benzina (Gas, 1940), i motel (Fair Lane Road, 1956) hanno una cifra visiva di questo spessore. Il cinema americano, Hitchcock su tutti, ha attinto a piene mani da questo eccezionale repertorio iconografico (...)”
Cesare De Seta per la mostra su Hopper e Wenders (e Easy rider), cds 10.10.1005
Spike Lee su Wenders, a Cannes (da Repubblica 16 maggio 1991):
«Mi piace Roman Polanski come presidente della giuria, e poi mi basta che non ci sia più Wim Wenders. Quando due anni fa ignorò completamente “Fa’ la cosa giusta” ci rimasi davvero male. Non me la presi con Soderbergh, (vincitore della Palma d’Oro con Sesso bugie e videotapes), che è un mio amico e che aveva fatto un buon film. Ma quel tedesco mi sembrò davvero odioso, se me lo fossi trovato davanti l’avrei preso a pugni. »
«C’è sempre qualcuno che ha bisogno di aiuto, nei film di Wenders. Chiamato dalla cartolina di un amico, Rüdiger Vogler...»  (Enzo Natta, famiglia cristiana n.16, anno 1995)

- (...) Non è detto che tutto quello che si fa o si vede o si pensa debba finire necessariamente in un film; è invece vero il contrario, almeno per me. Per fare un film ho bisogno di avere davanti in territorio sconosciuto, una zona d’ombra, fisica o mentale non importa, da conquistare, da scoprire. (...)
- In passato lei si è definito un regista di sinistra. Significa ancora qualcosa per lei, oggi, la parola “sinistra”?
- Dopo la catastrofe che ha coinvolto i Paesi dell’Est e dopo la caduta del Muro, è difficile persino arrivare a una definizione di “sinistra”. Oggi preferisco dirmi molto di più un regista cristiano. Non però come lo intenderebbe la Chiesa di Roma: mi sento cristiano in senso evangelico, e in questo modo le mie idee e i miei valori tornano ad assomigliare alle idee socialiste che avevo in passato. (...)
- ...lei è stato educato in una famiglia cattolica.
- Per questo, nel 1968 mi sono “scattolicizzato”. Ho sottoscritto persino un atto formale: allora era di moda. Invece, non ho fatto niente di ufficiale per notificare la mia adesione al protestantesimo. E’ un fatto personale, e vivere la mia religiosità in privato mi sembra il modo migliore per dimostrare la mia fede.
- Wim Wenders prega?
- Ogni giorno.
- E a chi si rivolge?
- A Dio. Credere che ci sia qualcuno che ascolta è molto importante per poter pregare. (...)
- In uno dei suoi primi film, “Nel corso del tempo”, c’era questa battuta: «E’ meglio che non esista più alcun cinema piuttosto che un cinema come quello attuale.». Trent’anni dopo, cosa ne pensa?
- Non la scriverei più. Allora ero convinto che il cinema stesse per morire, oggi sono certo che vivrà ancora a lungo. Ci sono gli angeli che lo proteggono.
Wenders aggiunge che si riconosce nelle posizioni del teologo Drewermann, e che va a messa ogni domenica, anche in una chiesa cattolica se non trova quella protestante, come gli è successo a Lisbona.
Wim Wenders, intervista a Paolo Mereghetti, cds marzo 1995
Se credo agli angeli? Certamente. E, prima di tutto, a quelli che si possono vedere, alle persone con il sorriso, la gentilezza e la tenerezza affettuosa degli angeli. E nello stesso tempo non credo di meno a quelli che non si possono vedere, ma solo immaginare. Gli uni e gli altri hanno qualcosa in comune: non si riesce a trovarli, bisogna farsi trovare da loro.
Wim Wenders, dal cds 7.5.1993
(l'immagine di Wenders con Curt Bois viene dagli "extra" sul dvd di "Il cielo sopra Berlino"; la foto con il dipinto di Hopper era su Repubblica; la pubblicità qui sopra sta girando in queste settimane un po' su tutti i giornali; la pubblicità del 1995 viene dal supplemento del Corriere della Sera; la foto con la Merkel e gli occhialini del 3D è purtroppo cronaca di questi giorni).

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