venerdì 11 novembre 2011

Combattimento d'amore in sogno ( III )

Combattimento d’amore in sogno (Combat d'amour en songe, 2000) Scritto e diretto da Raoul Ruiz. Fotografia: Acàcio de Almeida. Montaggio: Valeria Sarmiento. Musica: Jorge Arriagada. Suono: Pierre-Yves Lavoué, Georges-Henri Mauchant. Scenografia: Isabel Branco. Direttore di produzione: Paulo Branco. Interpreti: Melvil Poupaud (lo studente Paul, il gemello Loup, il figlio di Mariani, suo padre da giovane), Elsa Zylberstein (Lucrezia, Jessica, la Perla del sultano), Lambert Wilson (Sebastol, un viandante, un pirata), Christian Vadim (David, un viandante, un pirata), Diogo Doria (il padre di David, e il pittore Mariani), Rogerio Samora (il diavolo, Baniel, un pirata), Marie-France Pisier (la sconosciuta), Duarte de Almeida (rappresentante del Governo), Paula Pais (Arianna), Jose Meirelles (il ladro, un pirata), André Gomes, Mathieu Demy (doppio di Paul, voce di Loup), Francisco Arizia (Socrate), e molti altri. Durata: 122 minuti

Al minuto 30, più o meno, cominciano gli incroci fra le varie storie: si comincia dalla cornice esterna, “Recercada 1”, recinzione 1.
Prima però vediamo cominciare altre storie importanti: quella del tesoro dei pirati, con la mappa offerta allo studente (il suo costo è una moneta d’oro, ma vale di più), quella del sito internet che racconta il futuro (attenzione alla moto rovesciata, che è da tener presente), il primo incontro fra lo studente e Lucrezia (in sogno?), e una storia molto particolare sicuramente derivata da ballate e leggende popolari: quella del “compagno di viaggio”. Nel confessionale, lo studente incontra un misterioso viandante che gli racconta una storia su suo padre. Da giovane, il padre dello studente stava camminando verso la casa del suo futuro suocero quando udì voci e rumori provenire da una chiesa. Vi entra, e trova due uomini che stanno bastonando una bara, insultando il morto: gli danno dello scroccone, perché è morto senza pagare i suoi debiti. Il giovane cede ai due la sua borsa con i soldi, dicendo che non vuole veder bastonare e insultare un morto. «Però, esistono ancora degli imbecilli!» è il commento dei due, che si rivelano come “anime in pena” destinate a vagare in eterno: li rivedremo spesso nel corso del film.
Il padre dello studente prosegue il suo viaggio; si perde, ma trova un compagno di strada che gli rivela essere proprio quel morto, che vuole sdebitarsi con lui. Gli offre dunque una borsa, un portamonete, uguale a quella che aveva ceduto ai due bastonatori, ed in effetti è proprio la stessa borsa, ma è vuota. “Guarda dentro, troverai esattamente la somma che ti serve, ogni volta che ne avrai bisogno”. Ed è veramente così.
- E’ generoso, ma non posso accettare. Queste sono cose dell’aldilà, e io sono un mortale, non voglio ingannare i miei simili. Sarebbe come falsare le leggi che regolano gli uomini. Ma se un giorno avrò dei figli, poiché li avrò, se uno dei miei piccoli si trovasse nel bisogno...
- Io non sono un angelo.
- E allora dimenticate, e grazie per il pasto.
«Ma io non ho dimenticato», conclude il viandante. E dice allo studente, figlio dell’uomo che lo ha salvato, che lo accompagnerà nel suo viaggio. Il padre dello studente, come avevamo visto prima, è stato costretto a seguire due uomini misteriosi.
A questo punto, minuto 28, comincia la ricombinazione delle nove storie, secondo il metodo indicato all’inizio del film: l’arte combinatoria di Raimondo Lullo. Non so dire se Ruiz segua veramente questo metodo, o se si stia solo divertendo a mischiare le carte in modo casuale; però il film mi piace molto, è qualcosa di fuori dal comune, mi sono appassionato e mi sono divertito. In fin dei conti, “è del poeta il fin la meraviglia”.
Si incomincia con lo studente chiuso nella sua stanza, alle prese con il libro che lo riempie di dubbi; nella stanza fa irruzione un uomo che è inseguito e ricercato. Lo studente gli dà ospitalità, ma il suo comportamento è strano: il ladro mangia una mela e fa smorfie buffe nello specchio, poi tenta di portarsi via lo specchio, di nascosto. Lo studente gli dice di tenerlo pure, la colpa è dello specchio: è uno specchio ladro, che ruba gli oggetti e che induce al furto. Si intende: lo specchio ruba realmente gli oggetti, una volta specchiati gli oggetti spariscono – ma non sempre.
Nel colloquio dello studente di teologia con il ladro si dicono cose strane, come questa:
- E’ vero che nello “Speculum als foderis” (specchio dello sperma) nei capitoli sui mali del fegato dovuti a cattive relazioni sessuali, si dice che il miglior rimedio è mangiare una mela guardandosi allo specchio e facendo delle smorfie, poiché questa è una cosa gioiosa, e la gioia genera stupore nella bile.
Il ladro, che somiglia molto a Chico Marx, è interpretato da Josè Meirelles; lo studente è Melvil Poupaud, un attore francese che iniziò a lavorare con Ruiz da bambino, in “La città dei pirati”.
Ritroviamo il ladro, e lo specchio, da un antiquario. L’antiquario si accorge che al quadro della “perla del sultano” manca proprio la perla: è stata rubata, ed è stato lo specchio a rubarla.
- Una volta rubavano solo gli uomini e, per la precisione, qualche animale: qualche scimmia, dei gatti. Ora si “cleptifica” tutto, e tutto in pieno XIX secolo...
- Beh, è un fenomeno tipico del secolo entrante. Il XX secolo sarà cleptomane, o non sarà affatto.
L’antiquario dice che il quadro senza perla non ha alcun valore, il ladro dice che si rimedia subito: usando “a rovescio” lo specchio cleptomane gli oggetti ritornano.
- A quando risale questo specchio?
- E’ senza età, il furto non ha epoca.
- Ne devo dedurre che questo è uno degli specchi ladri? Pare che ne esistano sette, e che circolino in Portogallo.
Poi si scopre che dentro il quadro c’è un altro quadro: dipinto dal pittore Mariani, rappresenta i pirati. Si racconta quindi la storia di Mariani, e del quadro.
- Mi risulta che il quadro fu commissionato al maestro Mariani dai fratelli Sebastol e David Deul, i due pirati fondatori della Confraternita della Bandiera Nera. Mariani era un ebreo convertito, originario di Tunisi, che latinizzò il suo nome e si trasferì a Palermo con suo figlio David. Una volta là non esitò a prendere contatti con Leon Ruiz e Salomon Furtado, discepoli lontani di Abraham Abulafia, che gli svelarono i segreti della pittura ermetica (cabala pittorica). Dipinse tre quadri guaritori e un trittico avvelenatore, che raffigurava l’Annunciazione. Accusato di stregoneria fu arrestato dall’Inquisizione; in prigione conobbe Sebastol Deul, condannato all’ergastolo per atti di pirateria mai dimostrati. Insieme organizzarono un’evasione. Dei 34 uomini che avevano preparato l’evasione ne sopravvissero solo 22, che fondarono insieme l’ordine dei 22 anelli, così chiamato perché ognuno di loro portava un anello. Si arruolarono su una nave portoghese che in seguito riuscirono a comandare, e sei mesi più tardi sbarcarono sulla costa di Guayacan, a nord del Cile, dove fondarono una repubblica che vollero battezzare Fraternità della Bandiera Nera...
La conclusione della storia è affidata allo studente e al viandante, seduti al tavolo di una taverna:
- E allora?
- E allora...
- Tutto qui? Che delusione. Credevo vi fosse un finale.
- Una specie di finale, certo: ecco 18 anelli.
I quattro anelli mancanti li ha un altro avventore alla taverna, un altro viandante, che anche noi ben conosciamo: quasi un gemello degli altri due.
I tre attori di questa scena sono Melvil Poupaud, Lambert Wilson (attore franco-inglese) e Christian Vadim, un ottimo attore che, per chi è curioso, è figlio di Catherine Deneuve e di Roger Vadim. Li vedremo spesso insieme, in varie vesti; manca ancora il quarto, Baniel, diavolo e cannibale ma dall’aspetto di persona elegante e apparentemente innocuo.
(continua)

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