domenica 22 luglio 2012

A ciascuno il suo ( I )

A ciascuno il suo (1967) Regia di Elio Petri. Tratto dal romanzo omonimo di Leonardo Sciascia. Sceneggiatura di Elio Petri e Ugo Pirro, Jean Curtelin. Fotografia: Luigi Kuveiller. Musica: Luis Enrique Bacalov. Con Gian Maria Volontè, Irene Papas, Gabriele Ferzetti, Salvo Randone, Luigi Pistilli (il farmacista), Laura Nucci (madre di Laurana) Mario Scaccia (il prete), Leopoldo Trieste (il deputato PCI) Gianni Pallavicino (Raganà) Luciana Scalise (Rosina) Franco Tranchina (Roscio) Anna Rivero (moglie del farmacista) Orio Cannarozzo (ispettore polizia) Carmelo Olivero (arciprete) Durata: 99 minuti.

“A ciascuno il suo” di Elio Petri è un film di cui è difficile parlare, perché la parte visiva, il ritmo del montaggio, le inquadrature, non sono cose che si possono raccontare. Rivedendolo oggi, mi è tornato alla mente Stanley Kubrick: per la precisione, “The killing”, che in Italia divenne “Rapina a mano armata”.
E’ un film che si guarda senza mai staccare l’attenzione, spettacolare fin dal suo inizio; ma che poi svela molti diversi livelli di lettura e molte cose inaspettate. Insomma, un film di Elio Petri ma anche un libro di Leonardo Sciascia: film e libro vanno di pari passo, e Petri è un maestro dell’immagine in movimento, come Kubrick e come Bertolucci.
Ho voluto intanto rileggere il libro di Sciascia, ed è raro trovare una corrispondenza così precisa fra libro e film, le pagine di Sciascia sono state veramente tradotte in immagini, ed è una cosa che capita raramente, non a questi livelli. Prima di parlare del rapporto fra il libro e il film, però, vorrei ripubblicare qui quello che ne avevo scritto in precedenza (per mia comodità, solo per questo).
Un farmacista siciliano, famoso per le sue avventure galanti, riceve una lettera anonima dove è minacciato di morte. Non è la prima, e la passa agli amici senza darle troppo peso: si sa, nei piccoli paesi di provincia ce n’é di tempo da perdere. E’ fatta con lettere ritagliate da un giornale: uno degli amici, il professor Laurana, ne stacca un pezzetto e guarda cosa c’è scritto dietro il ritaglio: c’è scritto “Unicuique suum”, “A ciascuno il suo”: è un ritaglio preso dall’Osservatore Romano...
E’ l’inizio del film, ed è anche il punto di partenza del romanzo di Leonardo Sciascia dal quale è tratto. Non mi fermo molto sul romanzo (agghiacciante ancora oggi, perché le cose non è che siano poi cambiate molto), ma preferisco parlare di Petri. Quando si parla del cinema italiano, si tende a dimenticarsi di Elio Petri. Una strana rimozione: la collana di nomi inizia con Fellini, Visconti, Antonioni, prosegue con Risi, Rosi, Comencini, Germi, Monicelli... e per Petri non c’è mai abbastanza tempo.
Rivedendo “A ciascuno il suo” sono rimasto ammirato dalla bravura e dall’originalità di Petri. Elio Petri è un intagliatore di diamanti: ogni faccia è diversa dall’altra, a volte in armonia a volte in contrasto, a volte perfettamente lucida altre volte opaca, grezza, magari rotta o sfregiata – come nel finale di questo amarissimo film – ma sempre perfetta e sempre consona al momento e alle circostanze.
E sono rimasto ammirato anche dagli attori: Volonté, Ferzetti, Irene Papas, Mario Scaccia e Luigi Pistilli, uno migliore dell’altro, e un magistrale, immenso, Salvo Randone - che appare in una sola scena ma lascia il segno, come sempre.
(da un blog precedente, anno 2004)
Nei film di Elio Petri Salvo Randone è il centro del film, il colonnello Kurtz. Tutto ruota intorno a lui, lui sembra sempre sapere tutto, eppure è folle (La classe operaia) o cieco, come in questo film. Randone è un altro spreco del cinema italiano, che pure ha regalato soldi e fama ad attori molto meno dotati, come Sordi e Verdone. Qui c’è anche Leopoldo Trieste, in un’apparizione breve e densa (il deputato del PCI).
Alla fine del colloquio tra Volonté e la Papas c’è l’inquadratura di una farfalla notturna sullo stipite; quando, verso la fine, l’avvocato Rosello (Ferzetti) invita fuori Laurana (Volonté) dicendogli che “ci sono là fuori due ragazze libere”, e poi nell’uscire dal club urta una sedia e la allontana con un calcio; in macchina spinge furiosamente la leva del cambio mentre parla con calma (calma apparente, quindi). Ancora: in piazza, Rosello fuma una sigaretta mentre Laurana mangia un cono gelato.
Un film grandissimo, con interpreti perfetti: la Papas, Ferzetti, Volonté, Scaccia... L’accoppiata Petri-Sciascia dà grandi risultati, il film è ancora attualissimo e surclassa, in tutto, molti dei film americani che vengono ritenuti leggendari da critici poco avveduti (magari “leggendario” solo perché c’è Bogart...)
(mio appunto, agosto 1990)
Una cosa di cui mi dimentico sempre è l’origine della frase che dà il titolo al film, “Unicuique suum”. Da dove viene di preciso? Io pensavo che fosse un passo del Vangelo, ma non è così.
da http://www.wikipedia.it/ :
La locuzione latina unicuique suum è la rielaborazione del suum cuique tribuere (in italiano: dare a ciascuno il suo), uno fra i principali precetti del diritto romano. È riscontrabile in Ulpiano, in un frammento della sua opera conservatoci attraverso i Digesta giustinianei. In italiano deve essere tradotto come "a ciascuno il suo", ovvero a ciascuno sia dato quanto gli è dovuto. Questa locuzione è uno dei due motti che aprono la prima pagina dell'Osservatore Romano. L'altro è non praevalebunt.
Wikipedia aggiunge che “a ciascuno il suo” è anche il motto della 15a Compagnia Paracadutisti "Diavoli Neri" dell'Esercito Italiano, e che “Questa stessa locuzione, tradotta in tedesco Jedem das Seine, si trovava all'ingresso del campo di concentramento e di sterminio nazista di Buchenwald in Germania”
Il film comincia come una semplice “storia di corna”, con una vittima innocente; si scoprirà presto che la realtà non è così semplice. Come sempre in Sciascia, e anche nei film di Elio Petri, la storia raccontata è solo un primo livello, su ciò che si vede e su ciò che viene detto la memoria ci costringe a ritornare, spesso quello che abbiamo visto e toccato con mano è solo l’apparenza delle cose – ma è difficile rendersene conto. E forse il senso del film è in questa frase: «...qualcuno che sa tutto e dice le cose un poco per volta», al minuto 60 circa, Volontè sul treno con la Papas.
Per conto suo, Sciascia inizia il romanzo con una citazione molto significativa:
«Ma non crediate che io stia per svelare un mistero o per scrivere un romanzo.»
Edgar Allan Poe, I delitti di rue Morgue.
(dal romanzo “A ciascuno il suo”, citazione iniziale di Sciascia)
(continua)

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