venerdì 2 marzo 2012

La commare secca

La commare secca (1961) regia di Bernardo Bertolucci. Scritto da Pierpaolo Pasolini. Sceneggiatura di Bernardo Bertolucci e Sergio Citti. Fotografia di Gianni Narzisi. Musiche originali di Piero Piccioni, alcune canzoni d’epoca. Interpreti: Allen Midgette, Francesco Ruiu, Marisa Solinas, Giancarlo De Rosa, Gabriella Giorgelli, Carlotta Barilli, Silvio Laurenzi, Renato Troiani, e molti altri attori non professionisti. Durata: 88 minuti

La “commare secca” è la morte, e intorno a un omicidio – quasi come in Gadda – è costruito questo film, che è in realtà costituito da storie diverse che si svolgono nello stesso momento, e che convergono intorno ad un fatto di sangue. Il titolo del film viene da un sonetto di Giuseppe Gioachino Belli (1791-1863) che possiamo leggere nelle ultime immagini del film: «...e già la commaraccia secca de Strada Giulia arza er rampino». Questi versi sono sovrapposti all’incisione che rappresenta uno scheletro con le ali (la morte, che più secca di così è difficile immaginarsela) che ha un cartiglio in latino: Hodie Mihi Cras Tibi, “oggi tocca a me, domani a te”. Ma il soggetto poi non è così truce, e anzi il film si guarda volentieri e ci sono molti momenti leggeri, come l’incontro e la scena di ballo fra due ragazzi e due ragazze (i ragazzi imbranatissimi) o come la scena del militare di leva in giro per Roma, che viene da un posto di campagna e che non sa capacitarsi della presenza di così tante donne belle per strada.
E’ il primo film da regista di Bernardo Bertolucci, che al momento di iniziare il film aveva vent’anni giusti essendo nato nel 1941; anche Pasolini era giovane, nato nel 1922 non aveva ancora quarant’anni ed era reduce dal successo contrastato di “Accattone”, dove aveva messo in scena la vita dei giovani “borgatari” romani, con molto realismo. “La commare secca” si muove su questo filone, non è facile trovare a prima vista la mano del futuro grande regista ma in alcune sequenze si intravede già la mano di Bernardo Bertolucci. Nel complesso, ad una prima visione, più che a Bertolucci è inevitabile pensare a Pierpaolo Pasolini.
Pasolini era amico di Attilio Bertolucci, padre di Bernardo, che lo aveva aiutato più volte ai suoi inizi. Attilio Bertolucci, uno dei nostri grande poeti del Novecento, dirigeva per conto dell’ENI una rivista culturale: in quei tempi era infatti molto frequente che le grandi imprese finanziassero e producessero in proprio riviste molto belle e ben fatte, film, e altro ancora. Per riviste come quella di Attilio Bertolucci, edite da grandi aziende, scrissero anche Italo Calvino, Primo Levi, e molti altri autori; e gli inizi del cinema di Ermanno Olmi sono merito della Edison di Milano, che negli anni ’50 aveva una sua sezione cinema. Con uno di questi film “girati in casa” il giovane Olmi vinse premi importanti, il documentario fu trasmesso dalla RAI, e la Edison ci fece – forse senza nemmeno averlo voluto, e con un investimento minimo – una gran bella figura su scala mondiale. Anche il terzo film di Bernardo Bertolucci, il documentario “La via del petrolio” del 1967, sarà finanziato dall’ENI, ed è un film ancora oggi molto interessante e bello da vedere. Altri tempi, si dirà: ma oggi le aziende spendono cifre enormi per spot pubblicitari spesso fastidiosi, e non sono mica tanto sicuro che il gioco valga la candela. Forse, mi viene da pensare, servirebbero manager in grado di ripensare a cosa si faceva negli anni ’50 e ’60: una sintesi fra quei tempi e questi nostri tempi mi sembra più che auspicabile, se si vuole davvero una ripresa dell’Italia.
Tornando a “La commare secca” (che con l’ENI non ha niente a che fare) e all’impressione che si tratti di un Pasolini più che di un Bertolucci, è in effetti difficile riconoscere all’inizio la mano di Bertolucci in questo suo primo film (si vedrà invece benissimo nel successivo “Prima della rivoluzione”). Sembra quasi che Pasolini abbia diretto di persona il film, però nascondendosi per via del soggetto, che sembra tirarlo in causa in prima persona come testimone di un fatto di sangue. E’ un soggetto scabroso, che probabilmente avrebbe problemi ancora oggi; ed è più che probabile che Pasolini si sia fatto un autoritratto nel personaggio dell’omosessuale che adesca i due ragazzi ma ne viene derubato, e che poi sulla spiaggia vede compiersi l’omicidio. E’ anzi probabile che si tratti di un episodio veramente successo a Pasolini, o quantomeno così viene da pensare. Altra fonte di ispirazione è probabilmente “Rashomon” di Akira Kurosawa, uscito pochi anni prima: un fatto raccontato dai diversi testimoni presenti, raccontato da ognuno in maniera diversa. E, ragionando sul film di Kurosawa, si trovano anche inevitabili ascendenze in Pirandello.
La mano di Bertolucci, ragionando col senno di poi, si vede soprattutto nelle scene di ballo. E’ divertente la scena del “pranzetto”, quando le due ragazze portano i due amici a casa dell’amica un po’ più anziana: qui c’è più di un abbozzo di quello che sarà poi Bertolucci, scene simili le vedremo in “Prima della rivoluzione”, nel “Conformista”, in “Novecento”, e un po’ in tutti i suoi film fino a “The dreamers”. Un’altra scena di ballo molto ben fatta è nel finale, quella che porterà al riconoscimento dell’assassino.
Bella anche la scena (però più pasoliniana o neorealista) della prostituta che va a ritirare i soldi dalle altre prostitute, una vera donna-manager con autista al seguito, che lei mantiene e che la tradisce. Tra gli interpreti anche Allen Midgette, attore americano del giro di Andy Warhol che rivedremo anche in “Prima della rivoluzione” e in “Novecento” (dove è il vagabondo che salva Depardieu dal linciaggio). Il biondo americano è un po’ improbabile nei panni di un soldato di leva, un giovane calabrese che va in giro a importunare tutte le donne che incontra per strada, e poi finisce addormentato seduto su una panchina del parco. Gli altri interpreti sono quasi tutti non professionisti, o attori poco noti; farà ancora qualche film Marisa Solinas, una delle due ragazze, ed è probabilmente amica di Bertolucci la parmigiana Carlotta Barilli, interprete di Serenella. La famiglia Barilli ha grandi tradizioni culturali a Parma, e Francesco Barilli (un amico di Bernardo) sarà il protagonista di “Prima della rivoluzione”, facile quindi immaginare qualche parentela, ma non ho notizie precise al riguardo.
Piero Piccioni compone per questo film musiche curiose, con arpa e mandolino (o chitarra?) per un motivo vagamente cinquecentesco che si intona molto bene alla vicenda quasi da ballata medievale.
Un pensiero finale per Bernardo Bertolucci, che potrà girare giovanissimo questo film perché “raccomandato” dato che suo padre era amico di Pasolini: in questi casi, visti i risultati ottenuti e il grande prestigio dato al nostro Paese da Bertolucci (i nove Oscar, Vittorio Storaro maestro di Hollywood, eccetera eccetera) la raccomandazione è sempre benvenuta. Averne, di raccomandati così. Purtroppo la realtà quotidiana non è quasi mai questa, ma è fatta piuttosto di persone come Renzo Bossi, Mara Carfagna, Nicole Minetti, e via elencando. Ed è d’obbligo, pensando agli esordi di Olmi e Bertolucci, andare a ripescare il recentissimo e costosissimo “Barbarossa” di Martinelli, finanziato con soldi pubblici, neanche uno spettatore in sala, dimenticato già il giorno dopo la sua uscita, conti in rosso, nessun ritorno d’immagine, tanto si sa chi paga.
Nel 1989 su “La commare secca” mi ero segnato questo appunto:
Pensare un po’ a cosa poteva essere La commare secca se non lo avesse diretto Bertolucci: un film di Pasolini-Bolognini in romanesco, a metà strada tra Rashomon e Accattone, magari con Ninetto Davoli. Invece lo ha diretto Bertolucci (“lo diresse Bertolucci”) e mi fa venire in mente Altman di Follia d’amore, vent’anni prima e girato in Italia. Giù il cappello davanti a Bertolucci (gli attori, scarsini). (anno 1989)
da http://www.wikipedia.it/ :
Er tisico
Cuesto oggnuno lo sa: ppila intronata
va ccent'anni pe ccasa: e tte l'ho ddetto.
Mó mm'accorgio però cch'er poveretto
sta vviscino a ssonà lla ritirata.
Già ffin dar tempo che sposò Nnunziata
le scianche je fasceveno fichetto;
e ffinarmente s'è allettato a lletto
perch'era ppiú ll'usscita che ll'entrata.
Nun tiè ppiú ffiato da move le bbraccia:
e cchi lo va a gguardà ssu cquer cusscino,
je vede tutta Terrascina in faccia.
Io metterebbe er collo s'un quadrino
che nnu la cava: e ggià la Commaraccia
secca de Strada-Ggiulia arza er rampino.
(Giuseppe Gioachino Belli - Roma, 8 gennaio 1833)
Note 1. Proverbio. 2. Mi accorgo. 3. Proverbio. 4. Far le gambe fichetto, vale: "piegarsi per fiacchezza". 5. Terracina. S'intende che qui è in senso translato di terra. 6. La comare secca, cioè "la morte", di Strada Giulia, dalla via di questo nome, nella quale è la Chiesa della Morte. 7. Falce.

Nessun commento: