Paradiso per quattro ore (1953)
episodio da L’amore in città, girato con Fellini, Antonioni, Lizzani, Maselli, Lattuada.
Quindici minuti di piccole storie in una sala da ballo: poco più che un abbozzo, comunque piacevole. Peccato che non sia diventato un film intero.
Il sorpasso (1962)
Regia di Dino Risi, scritto da Dino Risi con Ettore Scola e Ruggero Maccari. Interpreti principali: V.Gassman, JL Trintignant, Catherine Spaak, Claudio Gora
Un film molto celebre, che non sono mai riuscito ad apprezzare perché mi è sempre sembrato troppo costruito; e poi non mi sono mai interessato alle automobili (che invece piacevano, e molto, ai registi e agli attori del cinema), e vien da dire che forse è l’auto sportiva di Gassman la vera protagonista del film, che la voce del clacson è la sua vera colonna sonora, e che tutto il resto è secondario. Anche la morte nel finale di Trintignant mi sembra troppo scontata, così come tutto il rapporto fra il “giovane secchione” e il “viveur quarantenne”, due maschere molto stereotipate. A rendermi poco simpatico questo film è anche il fatto che tutti citino subito una battuta, quella su “Occhiofino”: la battuta “occhio fino – finocchio” la lascerei volentieri a Lino Banfi e a Pippo Franco, ed è forse (mi dispiace dirlo) la vera cifra stilistica di questo film. Ogni tanto provo a rivederlo, l’unica cosa che apprezzo veramente del “Sorpasso” è Catherine Spaak a vent’anni (forse anche meno, a pensarci bene).
Operazione San Gennaro (1966)
Regia di Dino Risi. Scritto da Dino Risi con Adriano Baracco, Ennio De Concini e Nino Manfredi.
Interpreti principali: Nino Manfredi, Claudine Auger, Senta Berger, Totò, Mario Adorf, Harry Guardino.
Nei primi anni ’60 avevano avuto grande successo i film su rapine spettacolari e complicate, compiute in posti straordinari: il museo Topkapi di Istanbul, per esempio ("Sette uomini d'oro", o meglio ancora “Topkapi”, anno 1963, regia di Jules Dassin, con Melina Mercouri, Maximilian Schell, Peter Ustinov). “Operazione San Gennaro” è un tentativo, ben riuscito, di farne una versione all’italiana: si tratta di rubare il tesoro di San Gennaro, a Napoli. Divertente, non riuscitissimo, una delle ultime apparizioni di Totò.
Il giovane normale (1969)
Regia di Dino Risi, soggetto di Umberto Simonetta, scritto da Risi con Ruggero Maccari. Interpreti principali: Lino Capolicchio, Janet Agren.
Un film del tutto desueto e ignorato, fra quelli di Risi e non solo fra quelli. Lo recupero per caso su una piccola tv locale, tirato fuori da chissà quale magazzino. Non è male, anche se si tratta di uno dei precursori dei film con Massimo Boldi (la firma dell’autore televisivo Umberto Simonetta è del resto una cifra stilistica precisa). Racconta di tre americani che che si portano a spasso in Tunisia un giovinotto milanese, interpretato da Lino Capolicchio. Capolicchio è un attore che a metà degli anni ’60 era in piena ascesa, stava diventando molto popolare ma poi è stato messo da parte (non so perché, ma capita). La ragazza è Janet Agren. Molte belle le riprese di viaggio, tutto sommato divertente. Ne ho visto solo una parte, sconfitto dagli spot pubblicitari che lo hanno spezzettato in maniera indecente: un po’ mi dispiace, sarà difficile recuperarlo per intero. (settembre 2004)
Venezia, la luna e tu (1959)
Regia di Dino Risi, scritto da Risi con Pasquale Festa Campanile e Massimo Franciosa. Interpreti principali: Nino Manfredi, Alberto Sordi, Marisa Allasio, Inge Schöner
Alberto Sordi e Nino Manfredi nelle vesti di due gondolieri: è possibile? Direi di no, direi anzi che è insopportabile, per uno come me di famiglia veneziana-padovana, ascoltare la finta cadenza dialettale dei romanissimi Sordi e Manfredi: che non si sono sforzati più di quel tanto per rendersi credibili. E’ la stessa sensazione di fastidio che credo abbiano provato i romani quando il milanesissimo Celentano interpretò “Er più” e “Rugantino”: sia chiaro che sono cose che si possono fare, lo si è visto per esempio a teatro con Strehler e “Le baruffe chiozzotte” di Goldoni, dove nessuno degli attori era veneziano o chioggiotto, ma tutto funzionava a meraviglia – ma qui si tratta di tutt’altra cosa. Detto questo, si è detto tutto: si aggiunga che la recitazione è quasi sempre sopra le righe, e che la storia raccontata è molto risaputa. Non è che sia un brutto film, anzi: ma proprio non lo sopporto. E, più in generale, non sopporto l’umorismo e il tipo di scrittura di Pasquale Festa-Campanile, autore del soggetto.
(continua)
"Il sorpasso", l'unico tra questi film da te citati che ho visto, mi è invece piaciuto molto: Gassman è così bravo nell'interpretare quel personaggio così spavaldo che mi risulta perfino antipatico. E poi a me piacciono molto le automobili (e quella Lancia Aurelia era fantastica), per cui sono forse più di parte. :)
RispondiEliminaso bene di essere in minoranza, ma non riesco a ritenere un capolavoro Il sorpasso. Mi suona falso, da sempre.
RispondiEliminaDopo millenni rientro in questo tuo blog e mi imbatto in questo post in cui bistratti uno dei miei film di culto!! Condivido in parte quello che dici, ci sono alcune battute grevi e forse Gassman è un po' troppo spaccone. Ma questo scompare davanti a quella sceneggiatura splendida, a delle ambientazioni perfette...La macchina che sfreccia in una Roma agostina deserta, il ristorante sul mare, la Versilia degli anni d'oro. Per non parlare di alcune battute indimenticabili, la famosa sceneggiatura di cui sopra:" Ribellati servo, sciogli i cani!"; "Conosci il tedesco? -No, ma me lo immagino"e molte altre impareggiabili. Poi c'è il discorso Trinti, ma lì certamente non mi potete seguire. La Spaak è una vera delizia, ok.
RispondiEliminaciao Ermione! come stai?
RispondiEliminae tanti auguri, Buona Pasqua
:-)
Io sto benissimo, sotto una pasqua bagnata. Il mio consiglio per te è di fare uno sforzo e di riguardarti Il sorpasso.
RispondiEliminaBuona pasqua anche a te!
mi interessava molto cercare i nomi degli sceneggiatori, per questi film: devono essersi divertiti parecchio! Nel sorpasso gli autori sono Scola e Maccari; su Ettore Scola porto qui i miei appunti tra qualche giorno, ma è un lavoro che serve quasi soltanto a me.
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