mercoledì 11 maggio 2011

Natura morta ( III )

Negli anni ’90 a Milano si tenne una grande mostra di “nature morte”, molto ampia e molto bella. Al termine della mostra, in una sala a parte, una sorpresa che mi ha lasciato a bocca aperta: la collezione Garnier Valletti.
Confesso di aver dedicato quasi più tempo a Garnier Valletti che non alle nature morte: una cosa così non me la sarei mai aspettata. Dico subito che oggi la collezione di Garnier Valletti è visibile in un apposito museo torinese, Museo della Frutta "Francesco Garnier Valletti" via Pietro Giuria, 15 - 10126 Torino tel. 011.670.8195 - fax 011.670.8196 e-mail: info@museodellafrutta.it  http://www.museodellafrutta.it/  , e porto qui sotto un articolo da La Stampa di Torino che spiega bene di che cosa si tratta.
La collezione pomologica Garnier Valletti, realizzata da Francesco Garnier Valletti alla fine del secolo scorso, comprende 900 frutti. Venne donata all'Accademia dal Municipio di Torino nel 1899 e rimase disordinata e negletta per alcuni anni. Nel 1916 il Socio Giovanni Operti, chimico farmacista, pomologo dilettante, riordinò i frutti, identificando ogni modello che fu dotato di cartellino indicante la varietà ed un numero progressivo corrispondente a quello registrato nel catalogo. La collezione, contenuta in apposite bacheche fu inaugurata nel dicembre del 1916 alla presenza delle autorità.
Nel 1997, durante lavori di ristrutturazione dei locali della cantina dell'Accademia, furono rinvenuti i disegni originali sulla base dei quali Garnier Valletti eseguiva i suoi modelli. Sono circa 2000 fogli, rilegati e non, con disegni e scritti dell'autore. I fogli sono stati fotografati e microfilmati grazie al contributo della Facoltà di Agraria dell'Università di Milano. Attualmente i disegni sono in corso di restauro, grazie ad un finanziamento della Regione Piemonte
Il segreto dei modelli. Un impasto di resina e polvere di alabastro da lavorare a caldo
di elena giovanelli e giovanni valle, la stampa 13.02.2007
Francesco Garnier Valletti, nato a Giaveno nel 1808, rientra a Torino dai suoi soggiorni presso le corti di Vienna e Pietroburgo a metà del secolo. È uno stimato modellatore di fiori e poi di frutta e le nuove scuole professionali istituite in città richiedono collezioni scientifiche utili per la didattica. Nasce anzi l'idea, è il 1853, di dare vita a un "museo di pomologia" capace di illustrare tutti i frutti che si coltivano negli Stati Regi. L'idea sembra concretizzarsi quattro anni dopo, quando viene costituita la Società per il Museo Pomologico di Torino, con sede presso lo Stabilimento Agricolo Burdin, in borgo San Salvario che ospitava, all'epoca, grandi vivai e orti.  Garnier Valletti, con l'incarico di modellatore e compenso pattuito in 3000 lire annue più le spese (in realtà, non saranno più di 1500) realizza una ricca collezione, producendo anche in proprio e tentando di vendere a privati, scuole e varie istituzioni. Ma è dura. L' "Autore Della Pomona Artificiale Italiana - Premiato alle diverse Esposizioni Estere e Nazionali", come riporta la sua carta da visita, non riesce a trovare soluzione alla precarietà. Sorta di co-co-co ante litteram, il suo incarico presso il nascituro Museo Pomologico è bruscamente interrotto, nel 1859, dalla guerra con l'Austria. Mentre il Risorgimento divampa tra battaglie e annessioni, Garnier Valletti, tornato free lance, continua a percorrere le piazze e le campagne martoriate in cerca di committenze.
Pure, è proprio in questi anni tribolati che perfeziona il "fiore del suo segreto", scoperto, è lui stesso a rivelarlo, in sogno, la notte del 5 marzo 1858: un impasto da lavorare a caldo di resina drammar e polvere di alabastro, che rende i suoi frutti pressoché inalterabili, immuni alle offese del tempo e dell'incuria. E così simili al vero che, racconta, "i Membri del Congresso Pomologico di Vienna...vollero espressamente che le mie imitazioni fossero miste e confuse colle frutta naturali congeneri, onde constatarne l'esatta imitazione. Le difficoltà nel distinguere le frutta artificiali dalle naturali" valsero al nostro artista il primo premio.
Garnier Valletti non solo modella, ma disegna; cerca nuove varietà non ancora riprodotte, frequenta le grandi esposizioni copiando, colorando, annotando. Di quando in quando, l'idea di un museo pomologico riaffiora. Si ricostituisce anche, nel 1864, una società ad hoc, ma la mancanza di sottoscrittori la fa abortire. Il miraggio del "posto fisso" resta vago e lontano. Per "i grandi meriti acquisiti all'Esposizione Internazionale di Parigi del 1878" Garnier Valletti è fatto cavaliere da Umberto I, ma tornaconti economici nessuno.
Una opportunità di fuga dal precariato si ripresenta solo nel 1886, con l'istituzione di un "corso teorico pratico di modellazione" promosso dal Comizio Agrario di Torino. Il compenso è modesto, 600 lire, ma il nostro pomologo intravede la possibilità di costituire una vera e propria Scuola. Ma non se ne fa nulla.
Solo più tardi, Garnier Valletti, ormai ottuagenario, otterrà, grazie all'interessamento di autorevoli membri dell'Accademia di Agricoltura, la cattedra di "Pomologia Artificiale" - prima e ultima del genere - istituita ad personam presso il Regio Istituto Tecnico Sommeiller. È il 1889. Finalmente sereno, insegnerà - svelando (con parsimonia) i suoi segreti - per tutto il tempo che gli resta da vivere. Purtroppo, solo pochi mesi, visto che se ne va da questo mondo, banale e complicato, l'8 ottobre di quello stesso anno.
Il museo "Francesco Garnier Valletti" è collocato nel palazzo degli Istituti Anatomici, insieme al Museo di Anatomia Umana "Luigi Rolando" e al Museo di Antropologia Criminale "Cesare Lombroso" (di prossima apertura), in via Pietro Giuria 15 a Torino ed è aperto al pubblico dal febbraio 2007.
Una cosa che non viene detta nell’articolo è che Garnier Valletti era così meticoloso da riprodurre alla perfezione perfino il peso del frutto riprodotto; e i suoi disegni, che nella mostra milanese erano appesi alle pareti, sono così belli che veniva voglia di rubarli. Mi sarei rubato anche le mele, le pere (non sapevo, a quel tempo, che ci fossero così tante varietà di mele e di pere: Garnier Valletti le ha riprodotte tutte), erano così perfette che avendo potuto me ne sarei messa volentieri almeno una in tasca.
Detta tutta l’ammirazione per il lavoro di Garnier Valletti (ci sono ancora oggi grandi artigiani della frutta in marzapane, ma è un’altra cosa), devo però aggiungere che ogni volta che mi trovo a ragionare sulla frutta artificiale il pensiero corre subito a Stan Laurel: “I figli del deserto”, regia di William A. Seiter, anno 1933, con Oliver Hardy e Mae Bush, dieci minuti circa dall’inizio del film.
Però questa è frutta di cera, con la resina vetrificata di Garnier Valletti riuscire in quest’exploit sarebbe stato un’impresa impossibile...

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