Nella storia dell’arte, la prima natura morta (“still life”, vita immobile, per gli inglesi) è comunemente considerata quella di Caravaggio, il famoso cesto di frutta dipinto nel 1596 e conservato a Milano nella Pinacoteca Ambrosiana. Ovviamente, non era la prima volta che veniva dipinto un cesto di frutta, ma qui si trattava di metterlo al centro dell’immagine, da unico protagonista.
Che cos’è di preciso una “natura morta”? La Garzantina la definisce così: «Natura morta: espressione introdotta in Italia sul finire del secolo XVIII per tradurre il termine olandese “still leven” (natura tranquilla) che dal 1650 circa definiva nei Paesi Bassi i dipinti con soggetti inanimati. Il genere si sviluppò in Europa negli ultimi decenni del ‘500: fiori, frutta e legumi accompagnavano ritratti e scene di genere conferendo significati allegorici (ad es. le “Stagioni” dell’Arcimboldi, in cui fiori e frutti danno corpo a veri e propri ritratti). Ma già nel 1596 Caravaggio dipinse il “Canestro di frutta” che segnò l’inizio della natura morta come genere autonomo. Da allora essa godette di enorme fortuna per oltre due secoli, specialmente in Italia (la scuola napoletana di Evaristo Baschenis), in Olanda (Kalf, Claesz), Spagna (i bodegones, Zurbaran, Melendez) e Francia (Chardin, Liotard).»
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