tag:blogger.com,1999:blog-4700602687372596934.post2913830318860291996..comments2023-04-07T15:03:14.262+02:00Comments on giulianocinema: La vergogna ( II )Giulianohttp://www.blogger.com/profile/06401398690125983204noreply@blogger.comBlogger2125tag:blogger.com,1999:blog-4700602687372596934.post-62114454552269016672011-03-11T09:15:17.622+01:002011-03-11T09:15:17.622+01:00Penso che sia difficile governare compiutamente qu...Penso che sia difficile governare compiutamente questa materia, cioè tutto quello che Bergman ha tirato fuori e messo sul tavolo per "La vergogna". Qualcosa di simile era già successo con "L'ora del lupo", ed è inevitabile che il risultato, alla fine, lasci perplessi. E' un po' come trovarsi i topi in cantina, o le formiche in cucina, io non ce li ho messi ma loro ci sono...Magari erano già qui e io ci vivevo insieme...<br />Questo per dire che per noi spettatori è più facile dare un giudizio, in casi come questi: stando fuori, magari da un buon punto d'osservazione situato distante, le cose si vedono meglio. Lo sanno bene anche i carabinieri che devono ricostruire la dinamica di un incidente: il più delle volte, chi vi è coinvolto non ha un'idea chiara di quello che è successo, mentre l'osservatore esterno ha potuto vedere meglio. Non è sempre così, ma capita molto spesso.<br />I giudizi di Bergman sui suoi film li leggo sempre, così come i suoi ricordi legati al momento in cui il film fu girato, ma non è che siano di molto aiuto. Preferisco le considerazioni del tipo che ho portato qui, che però sono già una riflessione cosciente, quasi da spettatore.Giulianohttps://www.blogger.com/profile/06401398690125983204noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4700602687372596934.post-44877516223662771982011-03-11T09:02:39.996+01:002011-03-11T09:02:39.996+01:00Continuando a ragionare su questo film, non mi sem...Continuando a ragionare su questo film, non mi sembra che sia non riuscito, come sostiene lo stesso Bergman. Gli artisti sono i meno adatti a giudicare le loro opere perchè hanno un metro ideale che li rende spesso insoddisfatti rispetto ad esse che si rivelano creature autonome e vanno in una direzione diversa da quella che l'autore si aspettava. Ma poi viene fuori proprio la "cosa giusta", indipendentemente dalle intenzioni razionali. E' il mistero della creatività e del sopravvento dell'autonomia dell'ispirazione rispetto ai progetti dell'Io dell'artista.<br />E la "cosa giusta" in questo film, pur così duro e sgradevole, è proprio l'aver mostrato senza idealizzazioni, ma anche seza moralismi, la trasformazione che opera un clima violento prolungato in persone che, per loro natura, sarebbero pacifiche e portate a vivere l'armonia e la bellezza ( sono entrambi valenti ed appassionati musicisti), qualora non si prenda interiormente e coraggiosamente una vera posizione di "non collaborazione attiva" (Gandhi parlerebbe di "disobbedienza civile"). <br />Non illudiamoci -dice il film - anche se crediamo di rimanere neutrali, in realtà pian piano siamo contagiati dalla violenza e tiriamo fuori la parte peggiore che è latente in tutti e non ci distinguiamo più dagli assassini; anzi diventiamo peggiori perchè non abbiamo neanche l'alibi di una scelta di appartenenza che ci impone un dovere di obbedienza, anche se spesso questo è solo un pretesto per scatenare la brutalità.<br />Io trovo che la parte iniziale, che a Bergman sembra troppo lunga, sia invece del tutto necessaria proprio per preparaci e far risaltare maggiormente la brutalità della trasformazione. Il mite violinista, che all'inizio non riesce nemmeno ad uccidere un pollo, sparerà al generale-amico che li ha salvati, agendo e scaricando su sui la frustrazione dell'impotenza e dell'umiliazione dopo aver assistito passivamente al tradimento della moglie e ucciderà brutalmente un ragazzo-sodato spaurito per rubargli un paio di stivali...<br />E lei non è da meno rinnegando l'amore precedente e indurendosi, legata solo alla pura sopravvivenza.<br />Questo accade fatalmente perchè invertire la spirale della violenza e dell'abbrutimento è molto difficile e, come per tutta la vita ha predicato e testimoniato Gandhi, la vera "non violenza", basata sulla consapevolezza e il coraggio, non si improvvisa.<br />Il prezioso violino distrutto è l'immagine più eloquente di tutto questo inesorabile declino e resa alla brutalità e il protagonista è complice nella misura in cui non restituendo il denaro per il riscatto del generale, lo lascia distruggere insieme alla casa. Quello che viene distrutto non è solo il violino oggetto, ma ovviamente la sua valenza simbolica di armonia e di bellezza che non può vivere senza una autentica consapevolezza del prezzo da pagare per esserne degni. <br />La lezione opposta ce la darà Tarkovskij con Andrej Rubliov, in cui la rinuncia all'arte, dopo le brutalità della guerra di cui è testimone, diventa un sacrificio personale e , solo dopo anni di espiazione silenziosa, potrà si riprendere a farla vivere.Marisahttps://www.blogger.com/profile/13285491762835860939noreply@blogger.com